“Pronto, parlo con l’ente Animaletti Acme Inc? Si, buongiorno. Chiamo perché ho un problema con il mio Pom Poko.” (Rumore di piccoli passi in sottofondo) “Ah signora mia, lei non ha idea! Siamo una famiglia versata nell’accudire ogni sorta di creatura con quattro, due o nessuna zampa. Abbiamo avuto gatti, cani, pappagalli, pesci rossi. Ma MAI, davvero…Una tale situazione…” (Stoviglie fatte muovere in cucina) “È cominciato tutto il 15 di questo mese. Vede, Pom Poko è sempre stato un esserino tranquillo. Da quando l’abbiamo trovato lungo l’Interstatale 36, durante un viaggio in macchina verso la Florida, solo e smarrito, dalle irresistibili striscette nere sulla coda, si è adattato alla vita domestica con sorprendente facilità.” (La luce si spegne, unghiette graffiano sulla parete) “Oh, ooooh lo sapevoo, sta succedendo di nuovo. Non è possibile…Cosa fare, CHE fare?” Silenzio. Passano i secondi, mentre all’altro capo della linea, l’operatrice chiama un gruppo di colleghi a gesti e mette la telefonata in vivavoce. “D’accordo, ho capito. Continuerò con la mia storia, però cerchi di capirmi se inizierò a farlo più in fretta. La situazione è molto seria. Dunque, l’altro giorno c’era la luna piena. Di ritorno a sera inoltrata dal lavoro, io e mio marito cenavamo in veranda, godendoci il silenzio della vita di campagna. Poko vagheggiava, come al solito, tra la porta del salone ed il cortile, spronato dalle abitudini notturne della sua specie. Non c’è mai stato nulla che potesse sfuggire a quelle agili manine unghiute: sassi, pallette, rami d’albero. Ogni giorno una scoperta nuova, seguito da quel suo strano verso deliziato, a metà tra l’abbaio stridulo di un chihuahua e la risata di una jena.” (Ora, quasi a sottolineare il significato pregno del momento, il procione lancia un grido. FRRR-KAI, KAI, KAI) “Ha sentito? HA SENTITO? No, devo avere fede in me. Posso farcela. Ecco, dunque…Terminato un lauto pasto, ci apprestavamo a ritornare dentro casa. Quando davanti alla porta-finestra, una strana sorpresa: la mia scarpa destra era sparita. Dapprima non ci pensammo granché, finché la mattina dopo, lo sa dove l’abbiamo ritrovata? Era incastrata nel WC, le dico. Siamo dovuti andare..Oh, la vergogna…Siamo dovuti andare dai VICINI!”
“Da allora le cose non hanno fatto che peggiorare… Io non lo riconosco più. Il nostro mascherina-nera si è dato al ladrocinio più spietato e nulla al sicuro dalle sue spedizioni di quelli che io chiamo lavaggi-distruttivi: telecomandi della Tv, fogli di giornale appallottolati, fermacarte, soprammobili d’antiquariato. Tutto quello che non fosse, per così dire, imbullonato a terra, Poko ha iniziato a prenderlo ed immergerlo, nell’acqua. È diventato diabolicamente bravo a trovarla, come una sorta di dannato mini-rabdomante: apre i rubinetti, sottrae le bacinelle. Una volta abbiamo ritrovato l’unico ombrello di casa a 25 metri dalla porta d’ingresso, nel torrente che malauguratamente scorre accanto al mio garage. Amo alla follia il mio grazioso batuffolo di pelo però, le dico davvero, non so più… Che…fareee…” (Un solletico alla caviglia, mentre lo scricciolo da quattro Kg circa sfreccia sotto il tavolo. Ora, nel relativo buio del vespro sulla costa del Pacifico, s’intravede una sagoma contro il rettangolo della finestra. In piedi sulle zampe posteriori, che allarga le braccia, quasi a lanciare la sua sfida al mondo intero. Quindi volta il viso aguzzo verso l’interno di casa, socchiude la bocca piena di dentini aguzzi. Il Cacciatore, finalmente, ha individuato la sua preda.) “Quindi vede, ho un bisogno disperato di aiuto, mandate un esperto, un manuale, QUALSIASI cosa. Ma ho già capito cosa sta per accadere. Devo togliere la batteria del cellulare, prima che sia troppo tardi.” *CLICK
Ciao Poko, come va? Si, bello lui, che bello che sei. No, fai piano, non mordermi di nuovo. Lo so come sei, capisco cosa vuoi. PIANO! Ecco, questo è il mio vecchio Blackberry, tanto avevo intenzione di cambiarlo. E poi, ho sentito che da spenti i cellulari qualche volta sopravvivono all’inzuppamento. Sono certa che se ti privassi di questo piacere, troveresti qualcosa di peggio da distruggere prima del sorgere del Sole…
Il video d’apertura, come si può facilmente desumere dal commento audio, proviene in realtà dal territorio dell’ex-Unione Sovietica, dove i procioni furono introdotti tra gli anni ’30 e ’60 come animali da allevamento e per le riserve di caccia. Da allora, con il calo del mercato per il loro pelo, hanno prosperato senza alcun controllo, raggiungendo la cifra di ben 20.000 animali nella sola regione del Caucaso, con una densità media di 4 per chilometro, regolati unicamente dall’occasionale lupo, lince o gufo cornuto. A quel punto, come spesso capita per gli esseri graziosi e sfortunati, non ci è voluto molto prima che qualcuno inziasse ad intravederne il potenziale di bestie domestiche, benché un procione in cattività sia tutt’altro che addomesticabile, e a quanto dicono, anche più esagitato di una puzzola nata in libertà. Il che non significa, comunque, che a fronte di un’appassionata opera di fidelizzazione, il quadrupede non possa apprendere le regole di base del vivere civile. Si trovano online, ad esempio, numerose storie di procioni adottati che hanno appreso l’uso della lettiera, e mordono soltanto occasionalmente, quando stressati o avevano in realtà soltanto l’intenzone di giocare. Tenere in casa un rappresentante della specie Procyon lotor è proibito in parte degli Stati Uniti, ad esempio nel Wisconsin, o richiede il possesso di un permesso speciale. Viene inoltre sconsigliato in molti casi, vista la difficoltà nel trovare un veterinario che conosca le esigenze mediche di queste scalmanate creature. Ciononostante, capita anche di vedere scene come queste:
Il simpatico cacciatore di teste è Sly, il procione che era stato di proprietà di Josh Lowe durante gli anni del college, ormai dipartito eppure mai dimenticato. E proprio lui compare nel video, assieme alcuni amici, mentre interagisce divertendosi con l’eponima creatura, battezzata probabilmente in funzione del famoso videogame dell’epoca Playstation 2. La situazione, oltre che buffa e divertente, è utile ad apprendere il tipo di comportamento che ci si può aspettare in condizioni ideali da un procione, non così dissimile da quello di un cane o gatto, benché esistano degli studi secondo cui questo animale, se messo duramente alla prova, possa mostrare propositi d’intelligenza addirittura superiori. Nel 1908 l’etologo H. B. Davis dimostrò ad esempio come, separati dal cibo tramite l’impiego di 13 porticine dotate di “serrature complesse” (qualunque cosa si volesse intendere con tale definizione) un procione riuscisse ad aprirle tutte dopo soli 10 tentativi, ottenendo un punteggio addirittura pari a quello di un primate, il macaco Rhesus. Anche se, va detto, in tale attività furono valide probabilmente, sopratutto quelle due svelte manine, prive di pollice, ma per il resto del tutto paragonabili a quelle degli umani. Che i procioni usano, esclusivamento in cattività, per mettere in atto quella pratica che consiste nell’immergere cibo ed oggetti vari dentro l’acqua, prassi che gli è valsa il nome italiano di orsetto lavatore. Un comportamento, per inciso, mai osservato in natura. Ma PERCHÈ mai, lo fanno?
Ci sono, inutile dirlo, diverse teorie. In origine un naturalista francese, Georges-Louis Leclerc, Comte de Buffon (1707-1788) riteneva che questa fosse una necessità dovuta alla poca produzione di saliva dell’animale, insufficiente a digerire il cibo senza aggiungere dell’acqua. Un’ipotesi oggi dimostrata come inesatta, oltre che di per se improbabile. Per un lungo tempo si è affermato che il procione facesse ciò per lavare il cibo o togliere da esso le parti non commestibili. Il che non spiega, ad ogni modo, perché tenda a farlo con ogni tipo di oggetti, non importa quanto privi di potenziale nutritivo. Quindi si è passati a dire che l’acqua avesse la funzione di ammorbidire lo strato duro sulla pelle delle zampe anteriori, massimizzando il potenziale tattile a disposizione della creatura in prevalenza notturna, che anche in condizioni ideali non ci vede esattamente benissimo. Il che già inizia a sembrare un approccio valido, benché la spiegazione più attrente, a mio parere, nonché maggiormente accreditata, sia quella che citano indipendentemente gli studiosi Hohmann, Lagoni-HansenMacClintock e Zeveloff: il procione “addomesticato” immergerebbe gli oggetti nell’acqua per una compulsione residua della sua vita selvatica, durante la quale una parte significativa della sua giornata era occupata dalla ricerca di cibo sulle rive dei torrenti e dei fiumi, prevalentemente derivante da invertebrati e materia vegetale. L’ipotesi risulta ulteriormente rafforzata dal fatto che, a quanto è stato dimostrato, i procioni lavino più spesso il cibo di provenienza “acquatica” (Pesce? Gamberetti?)
Un’animale operoso, dunque. Laborioso, addirittura, nel suo desiderio di non smettere le vecchie, validi abitudini. Se dovessimo mai scegliere un procione come compagno casalingo (improbabile, in Italia, benché in Germania ad esempio ve ne sia una ricca e nutrita comunità) potremmo ad ogni modo trarre dei validi insegnamenti da video come questi, come ad esempio l’utilità di lavarsi i capelli prima e dopo una sessione di gioco con lui/lei la bestiolina. Oppure che nessun telefono, o scarpa, sarà mai al sicuro da un simile ladro con la mascherina, neanche dietro 13 lucchetti metallici a combinazione.