6 agosto 2015: le prime propaggini del tifone Soudelor, noto nelle Filippine con il nome falsamente rassicurante di Hanna, raggiunge infine la nazione di Taiwan. Quattro persone che si trovavano in spiaggia presso Su’ao, nello Yilan settentrionale ad osservare con imprudenza le onde, vengono subito spazzate via, perdendo inutilmente la vita. Il centro della tempesta, quindi, raggiunge l’entroterra alle 4:40 della mattina successiva, con raffiche iniziali di fino a 173 Km/h. Per quel giorno, il Sole dimentica di sorgere sull’isola terrorizzata. Il mare è reso bianco dall’agitazione, mentre i suoi spruzzi permeano l’aria, riducendo ulteriormente la visibilità. Gli alberi costieri si piegano quasi a 90°, mentre tutto ciò che non era stato in qualche maniera assicurato, o presentasse caratteristiche di resistenza atmosferica innate estremamente significative, viene rovinosamente trascinato via. Sospinta verso l’alto dal calore innato di una tale terra emersa, come l’onda devastante di uno tsunami, la massa d’aria accelera ulteriormente, mentre le strumentazioni al limite della piccola città di Su’ao presentano dei picchi impressionanti di 211, persino 230 Km/h (benché una tale cifra sia stata contestata come alquanto improbabile). Il grosso dell’uragano proveniente del Pacifico, per la massima fortuna degli abitanti, devia il suo corso dal principale centro abitato, la capitale Taipei, il cui aeroporto internazionale di Taoyuan riporta comunque danni relativamente ingenti. Eppure, stranamente, non era questa la principale preoccupazione a margine di un tale evento meteorologico, atteso con stoico senso d’ansia collettiva. Questo perché a circa 50 Km più a Est, nel bel mezzo di una delle metropoli più densamente popolate del mondo, sorge un palazzo alto 448 metri, che fu fino al 2004 il più alto in assoluto, recentemente superato da titani come la Shanghai Tower e il Burj Khalifa di Dubai. La costa dell’Arabia Saudita, Hong Kong, l’isola di Manhattan a New York. Tutti luoghi che hanno due punti estremamente significativi in comune: primo, si tratta di luoghi dall’attività sismica ridotta, secondo, non hanno uno storico di forti venti tropicali a batterli nelle stagioni sfortunate. E questo è molto tranquillizzante, a ben pensarci. Sapete qual’è il grattacielo in senso tradizionale più alto, ad esempio, della futuribile città di Tokyo? Il Toranomon Hills, di “appena” 256 metri, superato tuttavia da due svettanti e sottili torri, tra cui lo Skytree, terzo edificio più alto al mondo. Ogni paese che sia dotato di un’economia in crescita, nel momento del suo massimo splendore, trova un metodo per lasciare un segno nella storia dell’architettura, con vie percorribili o in qualche maniera alternative. Ma il grande Drago d’Oriente di Taiwan, come lo chiamavano nei fiammanti anni ’90, è stato straordinariamente coraggioso, addirittura in questo. Perché a partire dal 1997, con un progetto di grandi multinazionali approvato dall’allora sindaco Chen Shui-bian, decise di trovare il modo per ignorare il pericolo, mettendo 412,500 metri quadri nello spazio di un singolo edificio, che “mai” vento devastante o scossa tellurica potesse danneggiare. E un tale mostro d’efficienza è il Taipei 101.
Questo video, registrato lo scorso 8 agosto, mostra l’effetto avuto dalla pericolosa coda dell’uragano su un particolare elemento strutturale dell’edificio, sito all’altezza di 382 metri, grossomodo corrispondenti al posizionamento del principale ponte d’osservazione indoor. Si tratta di una paradossale sfera in cemento massiccio, dal peso complessivo di un decimo dell’uno per cento dell’intero palazzo, ovvero ben 670 tonnellate. Che sono state letteralmente appese a sedici cavi d’acciaio del diametro di 10 cm, a loro volta assicurati in corrispondenza del novantunesimo piano, ovvero dieci metri più in alto. La scena è dapprima poco chiara, quindi gradualmente, mentre se ne comprendono le implicazioni, totalmente impressionante. Mentre i venti battono sull’enorme superficie del palazzo, questo oscilla spaventosamente, mentre ai pochi che ancora si trovano ai piani più elevati, pare quasi di trovarsi su una nave. Ma per ogni singolo spostamento, avviene l’impensabile: questa titanica sfera-pendolo, progettata dallo studio di consulenza ingegneristica statunitense Thornton-Tomasetti, si sposta conseguentemente verso il lato opposto, contrastando la tendenza naturale di tutto ciò che si trovi molto in alto, a precipitare orribilmente fino al suolo delle strade ed i giardini sottostanti. Un sistema di ammortizzatori pneumatici sovradimensionati, incorporati nel pavimento immediatamente sotto la sfera, servono a impedire che perda il ritmo a seguito di oscillazioni eccessive (come il malaugurato sopraggiungere di un terremoto DURANTE l’uragano) trasformandosi nell’equivalenza ipotetica della più costosa, nonché terribile sfera da demolizione. E benché si fosse ancora ben lontani da una tale immagine catastrofica, quel giorno ci si è andati vicino, più che mai in precedenza. Nella sequenza, doverosamente registrata dalle telecamere di sicurezza, si può osservare l’oggetto che si sposta in maniera imprevedibile lungo lo spazio di un cerchio ideale di 100 cm. Le forze cinetiche coinvolte in questa vera e propria battaglia, tra la volontà dell’uomo e la natura, sono assolutamente impressionanti.
Ed è un’immagine, tra l’altro, dalle profonde implicazioni filosofiche nel contesto d’Asia. Perché nell’immagine del drago, la figura mitologica a cui fu spesso paragonata l’economia nascente del paese fortemente voluto dal generale in esilio Chiang Kai-shek (1887-1975) ci sono alcuni punti fermi, cui difficilmente si può rinunciare. L’entità sinuosa del suo corpo di serpente, dalle vistose scaglie sovrapposte. La sua testa con le corna da cervo e gli occhi demoniaci, depositari di una saggezza sconosciuta. Ma soprattutto l’artiglio in bella mostra, con due o tre dita, che stringe saldamente il gioiello del potere, simile a una perla o perfetta sfera. Non a caso l’immagine di un cane Shih-Tzu che gioca, tigre in scala con la rifulgente palla rimbalzante in gomma o altri materiali, ha da sempre coinvolto ed appassionato gli artisti cinesi, come del resto i cinofili di mezzo mondo. E noi non dovremmo rivedere un tale binomio, di braccio architettonico proteso verso l’altro cosmo (la terra dal cielo, come del resto vice-versa) con una palla messa in bella mostra, proprio nel centro del suo piano panoramico più amato dai visitatori? Il fascino che incontra la funzione. Stiamo del resto parlando di un palazzo, progettato dallo studio C.Y. Lee & partners di Taiwan, in cui c’è un forte simbolismo a determinare molte scelte strutturali e soluzioni estetiche, tra cui quello stesso aspetto esteticamente appagante di una serie di segmenti sovrapposti, non dissimili dai diversi piani di una pantagruelica pagoda.
Il Taipei 101 è stato a più riprese paragonato in modo irriverente, dai critici che comunque non mancano mai, a una serie di cestini per il pranzo sovrapposti, con la svettante guglia di 24 livelli sulla cima. Mentre costoro non avevano presente, o preferivano dimenticare, la voluta somiglianza di un detto strumento alle tradizionali scatole portamonete cinesi, chiara allusione al concetto di abbondanza. C’è poi il piccolo dettaglio che tali segmenti, sostenuti da un piedistallo coronato nei quattro lati da altrettanti dischi bianchi (soldi! Che altro?) siano esattamente otto, la cifra portafortuna per eccellenza nella numerologia cinese. Che ricompare di nuovo, ripetuto per ciascuno di questi elementi da 8 piani ciascuno, ulteriormente benedetti dall’inclusione di un elemento decorativo per ciascuno, alto un minimo di otto metri, ispirato alla stilizzazione classica del ruyi, lo scettro buddhista apotropaico che si richiama alle nubi celesti. Questa immagine poi, come un logotipo dell’era delle immagini, ricompare un po’ ovunque all’interno della struttura del grattacielo, nonché in quella del centro commerciale in abbinamento, visitato nei periodi migliori da oltre 15.000 persone al giorno. L’intera costruzione, inoltre, costituisce l’asta di una colossale meridiana, che indica l’ora per i suoi occupanti grazie all’ombra che getta sul parco antistante, con la forma a ventaglio di un tipico campo da baseball
Ma l’utilità segnatempo del colossale edificio non si ferma qui. Perché in molti dei suoi aspetti, il Taipei 101 è stato concepito per annunciare e rendere palesi gli stati di transizione cosmici, quel susseguirsi di giorni e stagioni che è tanto importante per ogni cultura umana, ma in modo particolare per quella della Cina taoista e confuciana, legata alle ricorrenze con un filo ininterrotto che si estende fino all’epoca della preistoria. Così, ogni volta che si festeggia il capodanno, rigorosamente solare (a tal punto li ha condizionati l’etica del mercato globale) il palazzo si accende di uno spettacolo pirotecnico praticamente senza eguali, mentre il colossale display disposto ai suoi piani superiori, un altro record planetario per le dimensioni, mostra un conto alla rovescia digitale, con tanto di cuori, stelline ed altre icone sfavillanti quanto immediatamente comprensibili per l’occhio degli spettatori. Anche nei giorni comuni, ad ogni modo, il palazzo non fa a meno di tali e tanto splendidi colori, con l’illuminazione serale e notturna che è codificata in base al giorno della settimana: rosso, arancione, giallo, verde, blu, magenta e viola. Poi si ricomincia, come allude lo stesso nome e numero dei palazzi dell’edificio, ovvero 100+1, un riferimento matematico al concetto di “nuovo inizio”.
Tra le leggende più durature del grattacielo permane quella del suo centounesimo piano chiuso al pubblico, che ospiterebbe a quanto pare una sorta di club privato, dedicato unicamente ai capi di stato, alle star di Hollywood e a coloro che riescano a spendere più di un milione di dollari nel centro commerciale annesso all’edificio. Per raggiungere detto Olimpo in Terra, dove abbeverarsi alla sostanza stessa delle nubi (?) gli eletti dovranno cambiare ascensore ben due volte, passando dalla capsula aerodinamica che raggiunge il ponte d’osservazione indoor dell’ottantanovesimo (60 Km/h di velocità) al secondo che percorre appena qualche piano più sopra, verso il ponte d’osservazione all’aperto, certamente chiuso durante i recenti eventi atmosferici dal grande potenziale di devastazione. Quindi, giunti in un tale luogo pieno di turisti, attraversando una porticina semi-nascosta, potranno attraversare la decina di piani dedicati alle antenne delle stazioni radio e televisive, raggiungendo infine il primo dei tre piani totalmente silenziosi posti direttamente sotto il pinnacolo, collegati tra di loro tramite una semplice scala a pioli. Cosa facciano in un tale luogo, come contrastino lo sconvolgente senso di vertigine i ricchi, famosi e potenti, è un segreto che probabilmente non conosceremo mai.
Così, ancora una volta, è una palla equilibrata che ci salverà. Forse? Niente può resistere alla furia degli elementi, meglio di un oggetto perfettamente equilibrato, che per sua stessa natura riprende la forma dei pianeti e per quanto ne sappiamo, dell’universo stesso. Nel frattempo il Taipei 101, fin dall’epoca in cui era ancora un cantiere in crescita verticale, è stato concepito per resistere alla furia degli elementi: le 380 sbarre d’acciaio delle fondamenta, flessibili appena il giusto, sono state conficcate per 80 metri nel suolo dell’isola, estendendosi per ben 30 nella dura roccia viva. Al di sopra di queste, svettano verso il cielo trentasei colonne di sostegno principale, tra cui otto sovradimensionate (di nuovo quel numero che allude a molte cose) costruite con cemento in grado di resistere a una pressione di 10,000 pounds per pollice, l’equivalente di quasi 70.000 pascal.
E non finisce qui: ogni angolo, l’orientamento dell’edificio, la posizione delle fontane circostanti, sono stati attentamente concepiti, secondo le regole dell’antica disciplina taoista del feng shui, per meglio dirigere l’energia cosmica positiva (il chi) verso i quattro ingressi principali del palazzo, trasformato dunque nel portafortuna più grande e maestoso dell’intero cosmo conosciuto. Più o meno. Il 31 Marzo del 2002, quando i lavori di costruzione erano ancora al 56° piano, la zona fu colpita da un terremoto di magnitudine 6.8, che causò la caduta di due gru e la morte accidentale di cinque persone. Ma il PALAZZO stava bene. Il possente Taipei 101 stava, e di sicuro starà sempre, estremamente bene.
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