“Consegnerai l’Unico, Frodo, attraverso i fuochi e i veleni irrespirabili dell’orribile terra di Mordor” Erano i poeti, erano gli artisti, i creativi e i filosofi, le menti più insigni di una tragica generazione. Nelle trincee della Somme, da cui le forze congiunte di Francia e Inghilterra si scagliarono a più riprese contro le solide difese del kaiser Guglielmo tra luglio e novembre del 1916, non vi era soltanto sofferenza, morte e malattie. Ma un gruppo di persone costrette dalle circostanze, nonostante tutto, a mettere il futuro sopra un piedistallo. Che ci fosse ancora la certezza di un dopo, la sopravvivenza delle proprie ambizioni individuali, oltre l’odio dello straniero, risultava difficile da dimostrare. Le metafore, dunque, diventavano fondamentali. Ed è ormai estremamente difficile, nonostante la dilagante letteratura e cinematografia di genere creata anche ad anni di distanza, identificare i sentimenti che si affollarono in quelle profonde buche fangose, sotto il fuoco dell’artiglieria e i fucili del nemico. Questo probabilmente perché la nostra intera cultura popolare, forgiata nelle fiamme di una tale grande guerra, ha incidentalmente scelto di seguire la via di minore resistenza, quella così efficacemente esemplificata da un singolo ufficiale di segnalazione del 13° Battaglione di Fucilieri di Lancaster, noto al mondo soprattutto con il suo cognome alquanto inusuale: Tolkien, J.R.R, un sognatore. A quei tempi laureando in lingue antiche e germaniche dell’Università di Oxford, proprio costui già stava ponendo le solide basi durature, per un mondo fantastico che avrebbe scavalcato le generazioni. La terra degli elfi e degli hobbit, draghi, mostri e diavoli trasfigurati, stregoni senza tempo dediti al destino; per ciascuno di essi, come per i loro viaggi tormentati, non sarebbe stato difficile trovare una corrispondenza nella sua vicenda personale. Ma perché poi, forse alcuni si saranno chiesti, egli dovrebbe aver scelto tra il vasto e variegato corpus leggendario oggetto dei suoi studi di narrare proprio le vicende a margine di quella particolare cosa? l’anello che era stato di Alberich lo gnomo… Come Wagner prima di lui, cambiando molte cose, eppure mantenendo il significato universale che un simile ornamento ha sempre avuto nella storia dell’epica narrativa. Magia sconfinata, il più grande potere che si potesse infondere in uno spazio chiaramente definito e grazie alla sapienza costruttiva dei metalli. Il fatto è che, piuttosto sorprendentemente, gli anelli erano ovunque lì, fra gli alloggi dei soldati al fronte. Se li scambiavano i meno disperati, come oggetti da collezione, prima di inviarli verso casa assieme ad una lettera, ai propri cari all’altro lato della Manica o dei mari. Li custodivano gelosamente gli ufficiali, nella tasca frontale delle proprie uniformi, in attesa di poter tornare a farne dono alla figura femminile idealizzata, quella ragazza o donna che volevano sposare. E tutti assieme ne insegnarono il segreto costruttivo, nei due anni successivi, a tutti quei colleghi provenienti dagli Stati Uniti, i rinforzi tanto spesso auspicati eppure mai, davvero, considerati probabili o imminenti. Ma l’ambizione dei popoli contrapposti, a quei tempi come adesso, può portare a strani e fortuiti ribaltamenti delle circostanze. Così, tra il riecheggiare del fuoco incrociato, ebbe fine quel conflitto, mentre ciascuno se ne ritornava a casa propria col bagaglio acquisito d’esperienze, immagini terrificanti. E come Bilbo Baggins, almeno un singolo prezioso souvenir, benché costruito molto spesso con le proprie stesse mani.
Un anello moneta è il principale prodotto di una particolare sotto-cultura, particolarmente diffusa all’altro lato dell’Atlantico, per cui un privato cittadino, contravvenendo alle severe leggi federali, talvolta decide di trattenere una parte insignificante del conio della sua nazione. Per distruggerla e poi ricrearla nella forma, totalmente differente, di una banda metallica di forma circolare, possibilmente senza rovinare le diciture in latino e qualche volta inglese, la fondamentale data e (almeno) parte del disegno che seppero tracciarvi i suoi creatori originali, i tecnici manovratori della zecca. Un dettaglio interessante? Seguendo la prassi creativa originale, quella notoriamente praticata dai soldati della prima guerra mondiale, tali parti dell’immagine in rilievo venivano a trovarsi nella parte interna dell’anello, sostanzialmente invisibili senza rimuoverlo dal dito. Un meccanismo ritrovato nell’Unico di Tolkien, che mostrò finalmente il suo messaggio segreto solamente quando riscaldato, dopo molti anni dal suo ritrovamento, nelle fiamme di un semplice camino.
Ma qui non siamo di fronte alla maniera tipica di costruire una tale semplice espressione di gioielleria fai-da-te. Questo che vediamo all’opera è niente meno che FenceKid, uno dei principali produttori e divulgatori internettiani dei nostri giorni a margine di un simile particolare passatempo, all’epoca praticato nel corso di innumerevoli noiosi pomeriggi, tra una battaglia e l’altra, trascorsi a battere col proprio cucchiaio sui dischetti di metallo. Mentre guarda: con i giusti strumenti a disposizione, puoi superare i risultati di una volta in solo due minuti. Certamente i puristi, che come in ogni altra branca del sensibile hanno pur sempre un ruolo, di fronte a un tale approccio potrebbero esprimere qualche dubbio: dov’è la passione? Il cuore, il senso dell’impegno quotidiano? Ma è pur vero che il risultato, alla fine, è molto superiore. Tutta una questione di priorità… Questo video risulta particolarmente utile, ad ogni modo perché l’intera procedura creativa viene chiaramente documentata, fino al punto di chiamare per nome ciascun singolo strumento, con tanto di consigli nella descrizione su dove acquistarli. Si comincia con l’impiego di un punch-kit autocentrante, sostanzialmente un cilindro di metallo con un tappo bucato, dotato di circonferenze sovrapposte della misura delle principali monete di un paese. In questo caso, inutile dirlo, gli Stati Uniti. Vi si colloca dentro la moneta scelta, quindi si inserisce un cuneo adeguatamente affilato attraverso l’apertura superiore, procedendo nel colpirlo con alcune martellate. In breve tempo, la parte centrale della moneta cadrà fuori, lasciando il desiderabile dischetto con il foro al centro, subito riscaldato per essere reso più malleabile, poi immerso in una soluzione di decapaggio, per rimuovere la superficie granulare del nickel che costituisce la maggiore parte del suo peso. Siamo infatti ancora piuttosto distanti dalla forma di un anello, che dovrà essere naturalmente voltato in senso longitudinale. Per raggiungere quel risultato, FenceKid usa una serie di strumenti che sono ormai diventati gli standard del settore, ovvero una pressa a manovella, un pesante pezzo di metallo con un’indentazione a semi-cupola detto dabbing block e una pallina di plastica, pre-dimensionata per questo specifico ruolo. La logica di usare un materiale relativamente poco resistente come quello è presto detta: ciò impedisce che il disegno della parte superiore della moneta si rovini ulteriormente, trovandosi a contatto diretto con altro metallo durante il piegamento. Per completare tale procedimento, quindi, l’artigiano impiega un prodotto piuttosto innovativo della Durston, attentamente identificato con tanto di link probabilmente remunerativo, un apparecchio da 400 dollari per gioiellieri professionisti, che può ridurre o ingrandire un anello senza dover ricorrere al classico mandrino manuale rastremato, lungo il quale si usava un martello per far scendere il gioiello con una considerevole fatica e il rischio di far danni. Simili strumenti tecnologici, ad ogni modo, potrebbero esser visti come una spesa eccessiva per chi volesse compiere l’esperimento di rivivere quegli ardui momenti al fronte, del soldato che pensava alla sua bella. In fondo, basta veramente molto poco:
Questo approccio alternativo e decisamente più tradizionale, che FenceKid metteva in pratica nel 2012, non impiega altro che strumenti di uso comune, probabilmente presenti in ogni casa. Il costruttore, in questo caso, dovrà impegnarsi a colpire ripetutamente il bordo della moneta con un martello (l’incudine è opzionale) finché quest’ultimo non diventi allargato e sporgente, con già una forma simile a quella di una banda toroidale. Naturalmente, ci vorranno pazienza e precisione. Quindi, una volta praticato il foro con una comune punta di trapano, vi si inserirà una lima di forma cilindrica, lungo la quale far scivolare ripetutamente la moneta, finché il metallo residuo non sia soltanto quello del bordo, opportunamente lucidato e praticamente pronto da indossare. Il principale svantaggio rispetto al metodo moderno è lo spreco: del disegno originario presente sulla moneta, una buona parte andrà perso, assieme ad una certa quantità di materiale. Aspetto particolarmente spiacevole qualora si stesse lavorando, come accade in realtà piuttosto di frequente, una moneta abbastanza vecchia da contenere una percentuale rilevante di metalli preziosi. Questo perché una moneta moderna, in genere, contiene dei metalli altamente allergenici o che tendono a macchiare la pelle delle dita. Inoltre, lavorarle libera nell’aria dei vapori velenosi, potenzialmente nocivi per l’uomo. Ecco, forse, perché l’arte di creare questi anelli mantiene ad oggi un sapore antico, collegato alle generazioni ormai trascorse. Non li fanno più i soldi di una volta! Dal punto di vista dei materiali, come, purtroppo, da quello (ancor più rilevante) del potere d’acquisto…
Tecnologia, immediatezza, un senso duraturo di poesia. Nei momenti più difficili, ciascuno trova metodi espressivi che in qualche maniera gli permettono di rimanere ciò che era, in tempo di pace, e che indubbiamente tornerà ad essere, alla fine di quell’era desolata. Tolkien non assistette mai alle fasi finali della grande guerra combattuta nell’Europa continentale, dalla quale era stato congedato per aver contratto la febbre da tricea, una sorta di tifo trasmesso dai pidocchi. Che gli furono, in un certo senso, insetti alleati, visto il modo in cui salvarono la sua vita, assieme a quella di tanti coetanei meno fortunati, ma che purtroppo fallirono nel salvare quegli altri, rimasti lì a combattere e morire per la patria. Lo scrittore di letteratura fantastica per antonomasia, al ritorno dal fronte, aveva già una donna ad aspettarlo, quell’amata Edith Bratt con cui si era sposato prima di partire al fronte, contrariamente al volere del tutore di lei, tale Padre Francis Xavier Morgan. Tra i dettagli del loro fortunato ritrovamento dopo la fine del mondo, non ci è noto se lui fece dono alla sua amata di un oggetto di gioeielleria auto-costruito, ma sappiamo ad esempio che durante le loro lunghe camminate nei boschi presso Birmingham, lei era solita ballare e cantare, un’immagine che fu alla base della vicenda letteraria di Beren e Lúthien, lui umano, lei elfa che rinuncia all’immortalità. Storia narrata nell’opera pubblicata soltanto molti anni dopo del Silmarillion, nonché ripresa da quella cronologicamente successiva del re Aragorn ed Arwen, figlia di Elrond di Granburrone. Sarebbe così strano immaginare, in tutto questo, il ruolo avuto da una singola ma pregna monetina?