Quando Pascal Rambaud decide che è il momento di venire fuori dal suo elegante garage con vista sulle Alpi del Rodano, collocato presso il piccolo comune francese di Alles, sono davvero in pochi quelli che hanno il privilegio di sentirlo. Questo perché il suo veicolo di preferenza è non soltanto elettrico, ovvero abbastanza silenzioso da sfuggire all’orecchio dei vicini o gli animali selvatici di un simile sito montano, ma anche leggero ed agile, estremamente compatto nei suoi singoli elementi costituenti. Che tuttavia, in una somma prova ingegneristica, non costituiscono un sistema chiuso, bensì adattabile a qualsiasi circostanza. Stiamo parlando della SWINCAR, un fuoristrada dalla concezione totalmente nuova, con un totale di quattro motori, un sedile di guida basculante ed un sistema delle sospensioni in qualche maniera conforme a quella classe di veicoli che sono in grado di auto-livellarsi sopra il suolo, come alcune macchine agricole, prototipi o potenti fuoristrada auto-costruiti. Un’idea non del tutto nuova, benché eseguita sulla base di un principio ecologico piuttosto raro. Perché idealmente, spostarsi da un punto all’altro a bordo di una simile invenzione ridurrà al minimo urti e scossoni, trasformando la più accidentata mulattiera nell’equivalente di una strada perfettamente asfaltata; il che significa, a conti fatti, che in futuro potremmo fare a meno di affidarci a un tale crudo asfalto. È semplice: si guida come i nostri mezzi abituali. È economica: il peso ridotto permette di contenere il consumo energetico di utilizzo. Il difetto principale, allo stato attuale delle cose, potrebbe semmai dirsi la sua autonomia non proprio eccelsa di 3 ore al massimo sul fuori-strada (fonte: Cluster Montagne) comunque più che sufficiente a dar coronamento ad una gradevole escursione in mezzo alla natura, l’utilizzo consigliabile di un simile dispositivo. Del resto difficilmente il veicolo, così basso su strada e con il guidatore esposto a eventuali incidenti, potrebbe essere considerato l’ideale per spostarsi in mezzo al traffico dell’ora di punta, benché dal sito ufficiale della compagnia di Rambaud, la Mecanroc, si riesca a desumere un futuro intento di ottenere l’omologazione. Del resto tutto è possibile ed avete mai visto una Caterham che circola su strada? L’attenzione che attirano tali mezzi inusuali è tale che, normalmente, qualsiasi automobilista non riuscirà a smettere di guardarli. E comunque il casco aiuta. Ciò detto, ritrovarsi nel punto cieco creato da un pilastro della carrozzeria è sempre possibile, dunque tanto meglio rimanere in mezzo alla campagna.
Anche perché soltanto lì, davvero, si potranno sfruttare al massimo le doti di un fenomeno pluri-motorizzato come la SWINCAR. Il video di presentazione del veicolo, proposto con il sottofondo della più generica musica ad uso e abuso aziendale, è un vero susseguirsi di acrobatismi e situazioni al limite della meccanica applicata. Si comincia con la prova semplice di una ripida banchina, discesa da Rambaud con una cautela del tutto comprensibile, benché si noti già qualcosa di speciale nel funzionamento: la sua macchina, infatti, non è dotata di semi-assi con sistema di sospensioni MacPherson in senso tradizionale, bensì di quattro aste indipendenti collegate in modo flessibile alla gondola del pilota, ciascuna dotata, a sua volta, di un sostegno per la ruota ammortizzato. Permettendo all’auto, almeno in condizioni ideali, di sfruttare la forza di gravita per mantenersi in contatto con il suolo equilibrandosi per tutti e sei gli assi di movimento, inclusa la rotazione. Ma il punto principale della questione è che può farlo per ciascuna ruota e in modo totalmente indipendente. Un fatto che trova applicazione nelle successive incredibili prove di guida.
Rambaud, in veste temporanea di pilota sperimentale, s’impegna quindi ad affrontare una discesa ben più accidentata, dove il continuo variare del gradiente non riesce minimamente a far staccare da terra gli pneumatici della sua SWINCAR. Un grosso e pesante sasso, urtato con la ruota motorizzata posteriore sinistra, non causa il benché minimo rallentamento, mentre quest’ultima si solleva fino al massimo consentito dalla doppia sospensione, riducendo l’inclinazione del corpo del veicolo, per poi tornare immediatamente a terra, continuando la sua corsa. In alcune strette curve, si dimostra quindi quello che l’inventore definisce “effetto pendolo” in questo caso la naturale tendenza della struttura articolata a contrastare l’effetto della forza centrifuga, aumentando in modo sensibile la tenuta di strada. Anche per questo l’automobile può giovarsi di pneumatici tanto ridotti nelle dimensioni, nei fatti simili a quelli di un motociclo di piccole dimensioni, eppure sufficienti a superare le prove tecniche più impegnative. In un crescendo finale, il duo uomo-macchina si ritrova quindi in una serie di terreni apparentemente improponibili, in realtà perfettamente adatti a mostrare le doti particolari del comparto tecnologico a sostegno dell’operazione: scaraventata in una serie di banchine, solchi e fiumiciattoli, l’automobile risponde con prontezza, scomponendosi in figure degne di un ginnasta alle Olimpiadi. Le ruote al termine di ciascuna zampa (perché di questo, sostanzialmente, si tratta) riescono ad offrire il vantaggio continuativo e duraturo di quattro punti di appoggio addirittura in tali condizioni, permettendo di procedere serenamente verso l’obiettivo. Che ad oggi in effetti, almeno guardando sul web, non appare molto chiaro: la SWINCAR dei Mecanroc, nonostante venga presentata con tutte le caratteristiche di un prodotto commerciale, non ha un prezzo né una rete di distribuzione, né sembra prenotabile in attesa dell’uscita, come si usa fare sempre più spesso ai nostri tempi tecnologici, a sostegno di qualsivoglia trovata innovativa. Inoltre, al momento in cui scrivo il sito ufficiale, quasi totalmente in lingua francese, è incompleto in molte sue parti e costituisce quasi esclusivamente un tramite per contattare direttamente la compagnia, che probabilmente si prodigherà a chiarire la propria situazione operativa ai potenziali clienti o investitori, caso per caso. Ci sono comunque almeno due punti molto positivi per il futuro: l’imminente partecipazione, dal 24 al 28 Settembre del 2015, al prestigioso salone automobilistico della vicina città di Lione e la partnership ottenuta, come indicato nella sezione Professionels, con la compagnia di produzione di sistemi elettrici Axandus, parte del gruppo EFI Automotive, un’eccellenza tecnologica della regione del Rodano-Alpi. La fenomenale macchinina non sembra quindi, a conti fatti, soltanto l’ennesima invenzione di un genio sregolato, destinata al suo esclusivo divertimento, ma un qualcosa che potrà un giorno, prima o poi, essere acquistata anche da noi. A differenza di un suo insigne predecessore, decisamente più estremo…
Questa è la Chainlink 4×4 del californiano Cameron Carlson, eccellente ingegnere ed appassionato di fuoristrada con alle spalle la partecipazione a molte fiere e gare di settore in giro per gli interi Stati Uniti. Questa particolare espressione del concetto di un mezzo auto-livellante, tuttavia, ha ben poco a che vedere con l’evidente leggiadrìa della controparte francese, la sua silenziosità e l’elegante semplicità del progetto di base. Il veicolo in questione assomiglia piuttosto nei fatti ad un mostruoso trattore del colore della ruggine, fuoriuscito da una qualche epopea fantascientifica del dopo-bomba. Dotato di pesanti sospensioni idrauliche, fa muovere le sue singole ruote grazie a un sistema di trasmissione a catena, che può quindi funzionare sempre con la massima efficienza, indipendentemente da quanto l’assetto sia scomposto da un difficile terreno. L’agile muoversi di zampe metalliche tanto grosse e pesanti finisce per ricordare l’incedere di un robot gigante, non dissimile dai Jaeger del film Pacific Rim, o invero di molti dei loro predecessori giapponesi. Detto mostro stradale, in grado tra l’altro di raggiungere velocità ragguardevoli su strade convenzionali, risulta in genere troppo ingombrante per essere iscritto a categorie ufficiali di competizione, benché venga occasionalmente fatto partecipare per lo spettacolo notevole del suo funzionamento. L’invenzione fu resa famosa nel 2011 a seguito della sua inclusione in una serie di documentari del National Geographic Channel intitolata Mad Scientists, durante la quale le sue sospensioni furono paragonate alle zampe di una lucertola del deserto. Una parte dell’episodio è offerto a scopo dimostrativo presso questo indirizzo web.
Ed in effetti c’è uno spiccato senso d’imitazione pseudo-naturalistica, nel funzionamento di una tale classe di veicoli, così perfettamente adattata al proprio ambiente extra-stradale. Esiste una metafora tradizionale associata ai mezzi auto-livellanti, che trae l’origine dall’animale leggendario del Daru, una capra alpina che, secondo le storie medievali, avrebbe avuto le zampe da un lato più lunghe delle altre due, per meglio muoversi sul terreno inclinato del suo ambiente abitativo. Ma mentre di questa bestia ne sarebbero esistiti due tipi, destrogira e levogira, ciascuno in grado di esplorare le pendici montane soltanto in un senso e inerme contro i predatori provenienti dall’altro, la nostra espressione tecnologica su ruote farebbe il passo ulteriore, acquisendo la capacità di voltarsi e procedere controcorrente. Un senso di locomozione assolutamente irrinunciabile, nella storia professionale di qualsiasi grande inventore.