Come una padella se potesse cuocere il gelato

Thai ice pan

Qual’è il segreto di quest’uomo? L’individuo che sopra un piastra getta latte e cioccolato, poi percuote il tutto con la sua paletta fino a che…L’insieme, meravigliosamente, si trasforma in una dolce e splendida frittella. Ma non pronta da staccare: perché il freddo crea tensione sulla superficie, e l’aderenza, parimenti, si sviluppa tra le cose lisce e quelle fluide, se soltanto gli dai modo. Poco importa? Questo non è affatto un male. Anzi, crea l’origine di un piatto nuovo, in cui gustosi rotolini (per citare quel binomio già sentito) provengono dalle implicazioni stesse di un simile metodo, ormai esportato ai quattro angoli del globo, ma soltanto qui espletato fino alle sue estreme conseguenze. Siamo a Ko Phi Phi Don, la più grande delle sei isole che compongono uno degli arcipelaghi più amati dai turisti della Thailandia, dove ancora una volta si sta dando adito quella pratica realizzativa parecchio invitante, del gelato un tempo detto Chǎo xuěgāo (炒雪糕) ovvero, in cinese: saltato in padella, mentre in inglese stir-fried. Un termine che nel presente caso, diversamente dall’accezione trattata sui maggiori dizionari, non sottintende nessun tipo di frittura, ma bensì l’immersione degli ingredienti in un fitto strato di brina, creata grazie all’uso dell’azoto in bombola pronto per tutte le occasioni. Una sorta di pratica della brutale evoluzione: non c’è praticamente nulla, a questo mondo, che tritato e posto assieme a un qualche tipo di cremoso impasto, raffreddato ben oltre i -100 gradi centigradi, non si trasformi in un gelato. Per citare il motto a margine di un’istituzione simile statunitense: “Se può essere frullato, noi lo rendiamo un gelato.” L’unico limite è la fantasia, nonché per inciso, le contrapposte situazioni di partenza.
È la naturale differenza, profonda come quella tra culture poste all’altro capo dell’universo dei palati, tra il cibo da passeggio e quello che invece, per sua massima natura, nasce sulla strada e lì rimane, diramandosi dai carrettini con la bombola, i furgoni, le basi mobili di scaltri operatori commerciali. Noi dello Stivale, ad esempio, che del bar abbiamo fatto una struttura portante della nostra intera società fuori le mura abitative, abbiamo questa concezione per cui la merenda o lo spuntino vengono quasi sempre consumati nello stesso luogo in cui li acquistiamo, salvo un paio di eccezioni e tutto ciò che ruota attorno ad esse: la pizza al taglio e il cono gelato. Certe particolari alternative, di contro, vedi le caldarroste o lo zucchero filato, compaiono in contesti situazionali assai specifici, sempre più rari. Mentre basta rivolgere lo sguardo verso Oriente, per scrutare un mondo in cui qualsiasi viale, vicolo e/o piazzola, vengono percorsi dalla gente con le mani piene, di ogni sorta di delizia, di frittelle o dolci e patatine, alimenti stravaganti o piccole dolcezze della tradizione. Ce n’è letteralmente un po’ per tutti i gusti e le stagioni. Perché ovviamente, come in tutte le questioni alimentari, nulla ha un effetto maggiore sopra l’appetito che il variare da un estremo all’altro della temperatura ambientale, che in alternativa può concedere un sollievo che trascende la comune sazietà, estendendosi alla regolazione del calore nell’esofago, che pur stando in ombra, è collegato a tutto il resto. E chiede sempre gran soddisfazione, però come si dice, pure l’occhio vuole la sua parte e…

La tecnica del Chǎo xuěgāo, attestata anche in Giappone e popolare in tutto il resto del Sud Est Asiatico, si inserisce in quell’ambito creativo dello svago alimentare dell’Estremo Oriente, che non solo mira a soddisfare il palato, ma anche ad offrire un’esperienza gradevole e degna di essere ricordata. Abbondano, su YouTube, video come quello d’apertura realizzato dal viaggiatore ed utente Gilinho, in cui visitatori giunti presso uno di questi luoghi osservano ammirati la realizzazione di quel che hanno ordinato, già pregustando il gusto sopraffino e nuovo che li aspetta di lì a poco. E proprio il gelato saltato in padella, inutile dirlo, si presta in modo particolare a questo approccio realizzativo, di una prassi totalmente trasparente dal produttore al consumatore, quindi tanto spesso arricchita di piccoli acrobatismi e passaggi sorprendenti, vedi quello dell’improvviso arrotolamento del preparatore thailandese, quasi una sorta di gioco di prestigio per il modo improvviso in cui cambia le (dolci) carte sulla tavola gelata. È già interessante la comparazione di queste movenze con quelle di un cuoco giapponese della moderna hibachi (火鉢) la piastra arroventata che ben pochi punti di collegamento ormai presenta, con l’omonimo utensile tradizionale di ceramica usato un tempo al fine di cuocere le pietanze. E che oggi, usata come una sorta di piatto da Dj per la carne, i noodles e tutto il resto, diventa in certi ristoranti delle grandi metropoli l’ottimo pretesto per improvvisare splendidi momenti di giocoleria, culminanti con il piatto fumante pronto da portare in tavola, o perché no, mangiare lì al bancone. Qualcosa di simile a quanto succede, in determinati contesti, con la versione fredda della stessa cosa, ovvero questa particolare interpretazione parallela del gelato:

Cold Stone
La Cold Stone Creamery è una catena di gelaterie degli Stati Uniti, nata nel 1988 in Arizona, che offre alla sua clientela una versione modificata del gelato in padella. Attualmente, gestisce oltre 1400 location in giro per il mondo, con un significativo successo anche nel Medio e nell’Estremo Oriente.

Sono stati “scoperti” proprio in questi giorni alcuni video virali, forse realizzati con il beneplacito della stessa compagnia multinazionale Cold Stone, dei suoi impiegati presso i centri commerciali del Qatar e del Bahrain, che servono ai clienti la pietanza titolare usando metodi davvero affascinanti. Gli operatori con cappellino e polo rossa, una volta che il il cliente ha scelto il gusto principale ma prima di aggiungervi gli ingredienti di arricchimento ulteriore, ne spostano una manciata sulla piastra raffreddata del bancone, quindi la appallottolano in modo sufficientemente aerodinamico. Per ciò che viene dopo…Ovvero una serie di passaggi, cambi di mano, sotto-gamba ed altre curiose gestualità, talvolta culminanti con la fragorosa schiacciata di ritorno sulla superficie di lavoro, oppure, addirittura, il passaggio al volo ad un collega. Nel video qui mostrato, realizzato presso il Grand Mall della città di Muscat ad opera di Hamid Abdullah, si raggiunge l’estremo di un lancio della dolce sfera per cinque metri abbondanti di distanza, verso le sapienti mani di quell’altro che arrivava da lontano. A margine di ciò, viene facilmente da chiedersi quante volte i due entertainers avessero provato la scena, prima di riuscire nell’impresa sotto gli occhi appassionati della collettività. Ma non si tratta certo della norma. È acclarato, ad esempio, che i dipendenti americani della compagnia siano scoraggiati formalmente ad opera del management dall’applicarsi in simili voli pindarici, visto l’alto rischio di spreco anti-economico degli ingredienti, e vengono piuttosto istruiti nell’esecuzione di una strana e non meglio definita canzoncina, con cui dovrebbero allietare le innocenti orecchie di chiunque si prodighi nell’offrirgli una mancia. Prassi che fortunatamente, stando ai commenti al video, spesso viene tralasciata su richiesta del cliente stesso! Anche se soltanto i più ansiosi, rifiuterebbero di assistere ad una simile prestazione di circense abilità…Mentre quel che viene dopo, la fase di arricchimento con ingredienti aggiunti che è il vero punto cardine dell’intero metodo gastronomico in questione, purtroppo non viene qui mostrato. Nessun problema, abbiamo pronto un altro video:

Vegas ice pan
Una versione pur sempre globalizzata, ma più fedele del metodo cinese per fare il gelato, si ritrova nel locale Ice Pan di Las Vegas, un altro luogo in cui il cliente può scegliere fino ai dettagli cosa includere nella sua coppa di cartone.

Il cibo, soprattutto quando tanto delizioso, fluttua tra i confini dei paesi con estrema leggerezza ed energia, trovando le ragioni di venire reinterpretato nei diversi mondi dei consumatori. Così quello che in origine nasceva ed era consumato nelle strade, come alternativa povera alle poco pratiche lungaggini di un pasto al ristorante, nell’esportazione si trasforma in un prodotto di alto pregio, costoso e riverito da chi ha l’occasione di conoscerlo e tornare lì. Le stesse gelaterie di Cold Stone, dai prezzi relativamente alti rispetto alle loro controparti locali pre-esistenti, restano competitive proprio in funzione del prestigio e dell’immagine, legata alla soddisfazione di poter farsi creare la miscela preferita, senza nessun vincolo e ragione di menù. Benché sia offerto agli indecisi, e messo in mostra sul sito aziendale, un ricco catalogo di Specialty Creations, ricette vivamente consigliate dalla compagnia. Un altra venture d’Occidente particolarmente di successo, sempre legata al vecchio metodo del Chǎo xuěgāo, si ritrova presso il casinò Harra’s di Las Vegas, dove dal 2004 opera con il suo locale Dong H. Sul, il fondatore coreano della celebre gelateria Ice Pan. Dove il consumatore viene non soltanto invitato ad assistere alla creazione del suo dolce pasto, ma chiamato a comporsi, sulla base del suo gusto, la ricetta che gli è più gradita. Una vera esperienza di delizia interattiva.
Dunque sembra che ci siamo: dopo un lungo inverno, e un inizio d’estate particolarmente lento ad ingranare, soggiaciamo sotto l’ombra degli anticicloni tropicali. Già si affollano, tra i sommari dei telegiornali, strani e astrusi nomi per l’odiato caldo, pescati a caso da ogni sorta di repertorio mitologico o bizzarra citazione letteraria. Figure ombrose eppure fiammeggianti, fiumi di sangue o demoni artigliati che minacciano di toglierci dagli agi della tiepida tranquillità. Sarebbe una follia, in simili circostanze, lasciare l’ambiente raffreddato artificialmente delle proprie abitazioni o centri commerciali. Ma la sorte va sfidata…Con gli alimenti giusti. Raggelanti nello loro squisitezza. Calorici, perché ghiacciati. Infusi di quello spirito tecnico e del senso universale d’invenzione.

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