Ah, il Nürburgring! Se si potesse realizzare un concentrato della passione collettiva per gli sport motoristici d’Europa ed infonderlo, come un fluido mistico e rombante, in mezzo agli alberi ed ai monti dell’Eifel…Neanche allora si otterrebbe, nonostante i buoni presupposti, un luogo di potere dal prestigio e l’importanza, la lunga storia e la rilevanza culturale di quelle 154/170 curve (i pareri, incredibilmente, tendono ad esser discordanti) dai serpeggianti e resistenti guard rail, le scritte sverniciate sopra il manto ruvido e percorso da generazioni di piloti leggendari: Tazio Nuvolari, Bernd Rosemeyer, Rudolf Caracciola…Che non per nulla furono chiamati ringmasters, come altri signori di certi Anelli molto meno ponderosi. Un tempio all’aria aperta, in buona sostanza, questo Inferno Verde, cui persino le più grandi compagnie automobilistiche si avvicinano con reverenza, per testare i loro ultimi modelli ad alte prestazioni. Ferrari, Porsche, Lamborghini, come allora ancora adesso, ma talvolta, incredibilmente, più ideali che effettive: perché non c’è miglior motore, rispetto a quello della fantasia. E il tracciato, forse proprio questo è il bello, non è altro che un tratto di strada semi-pubblica, dove il pagamento di un biglietto può permetterti di accedere al passo e al segno di una simile esperienza, guidare lungo i rettilinei del Flugplatz (l’aeroporto) dove le automobili leggere tendono a staccarsi da terra, giù nel Fuchsröhre (la tana di volpe) dalle ripide discese e con il culmine della spettacolare Karussell, forse la curva parabolica più celebre nel mondo dei motori, in merito a cui Juan Manuel Fangio un tempo disse: “Per superarla, devi mirare all’albero più alto.” E così tutti fanno. E poi qualcuno, interpretato quel consiglio in modo troppo letterale, finisce pure per conoscerlo parecchio da vicino. Ma non loro: gli strani, i fuori dalle righe. Tutte quelle persone che, pur partecipando del fenomeno e del mondo culturale abbarbicato attorno a questo vero e proprio lunapark per petrolheads, non si lasciano condizionare in ciò che hanno la voglia, e il gusto, di provare.
Eccone una ricca selezione, compilata dal canale di genere Auto Addiction Nürburgring Videos, divaganti tra il bizzarro, il comico, l’improbabile. Si comincia con un uomo in vespa, dotato persino delle borse e bagagli di un qualche lungo viaggio, che naturalmente non ha ritenuto di rimuovere prima di scendere in pista. Va pur fatto notare che l’accesso per la pista, nei giorni di maggiore traffico, viene effettuato mediante un semplice casello nello stile di un’autostrada, il quale può essere teoricamente scambiato per la via d’accesso ad un parcheggio; certo, sembra strano. Ma forse, l’alternativa lo è anche maggiormente: perché nello spezzone successivo, con uno sviluppo emozionante, la stretta carreggiata del Ring si ritrova impreziosita da un maestoso pullman grigio-argento, perfettamente in grado di occuparla fino a un buon 85%. Immaginate di pagare il prezzo del biglietto, comunque piuttosto ragionevole, e ritrovarvi bloccati nel traffico in quella che diventa quasi una normale strada di campagna! Ma subito la sfilata si guadagna nuovi gradi d’entusiasmo.
Perché arriva, dondolandosi sul finire di una curva, uno fuori strada al tempo stesso eccezionale e fuori posto, la GMC Suburban rosso fuoco del ’79, alquanto giustamente guidata da un autista con tanto di cappello di cowboy. Il simbolo di un americanismo sfegatato, un mondo della guida fatto di distese erbose, strade lunghe diritte parallele ai grandi canyon di un diverso continente. E chissà che percorso aveva fatto, una simile reliquia dalle prestazioni inadatte, per giungere tra sangue arena di un diverso tipo di contesto. Seguono furgoni e camioncini, di ogni foggia e dimensione, tra cui quello del corriere DHL, in una possibile trovata pubblicitaria virale. Che in alternativa getta qualche dubbio sulla sua possibile condizione: vuoto oppure pieno? Sarà per caso stato lì dentro, il pacchetto che dall’altro giorno aspetto di ricevere dall’Amazon.de? Viene quindi l’uomo, con un vecchio BMW, che ha deciso di lasciare le sue biciclette assicurate sopra il tetto dell’auto, prima di avvicendarsi in quello che parrebbe presentarsi, ad ogni modo, come un giro alquanto lanciato. Certo: niente di meglio per l’aerodinamica… Un elicottero si avvicenda in una sorta d’intervallo danzante, poco prima che un sidecar minacci di cappottarsi, finendo tra le ruote di un vero e proprio gotha dell’ingegneria tedesca. Chiude la serie d’imprevisti, con una nota fortemente positiva, il guidatore di un’umile Toyota Cressida, auto degli anni ’90, intento in una serie di folli sgommate, senza alcun riguardo per i molti che vorrebbero riuscire a sorpassarlo. Sovvengono ricordi vaghi della serie giapponese, Initial D, con la Trueno a cartoni animati del protagonista Takumi, eterna e vittoriosa immagine dell’underdog…
Il Nürburgring, nato negli anni ’20 come struttura sostitutiva ai pericolosi tragitti montani dell’annuale ADAC Eifelrennen, fu costruito sull’esempio dell’AVUS di Berlino, connotato dalla riuscita esperienza italiana dell’Autodromo di Monza. La costruzione venne effettuata dalla compagnia Eichler Architekturbüro di Ravensburg, sotto la guida e la supervisione di Gustav Eichler, che volle farne un palcoscenico ideale per la dimostrazione dell’efficiente tecnologia motoristica tedesca. La pista era semplicemente epica, sia per lunghezza che complessità, tanto che fin da subito ci si rese conto che era necessario offrire come venue automobilistica, oltre che il Gesamtstrecke (percorso completo – lunghezza: 28 Km) anche il Nordschleife (anello settentrionale – 22 Km) e il meno impegnativo Südschleife (quasi 8 Km). Nel giro dei primi 20 anni di operatività della pista, a quei tempi usata assiduamente per i gran premi di Formula 1 oltre che per ogni sorta di competizione internazionale, a due o quattro ruote, si cementò il mito della sua versione di lunghezza intermedia, quella a cui oggi ci si riferisce normalmente per antonomasia con il nome Nürburgring, mentre la versione più moderna e maggiormente utilizzata, risalente al 1984, viene connotata con il suffisso GP o in alternativa definita, con un intento vagamente denigratorio, Ersatzring (l’anello sostituivo). È tuttavia indubbio che il suo mostruoso predecessore, con le sue innumerevoli curve, la carreggiata relativamente stretta e soprattutto l’estensione notevole non si presti particolarmente all’uso in competizioni ad alto rischio. Non a caso, il circuito dispone di una Porsche 911 come auto di soccorso medico, che comunque impiega un tempo sensibile per raggiungere le propaggini asfaltate più distanti dalla sua sede operativa. E per inciso, benché la gestione non pubblichi dati ufficiali, si stima che ogni anno si verifichi un numero variabile tra 3 e 12 incidenti mortali sulla pista, causati dall’impreparazione dei piloti in visita occasionale, guasti meccanici o tragici imprevisti. Per questo la preparazione, oltre a un senso di profonda responsabilità, sono tra le doti più importanti per decidere di andare oltre il fatidico passaggio a livello.
Inoltre, conta molto l’esperienza. Tra i personaggi più famosi legati alla storia della pista come attrazione turistica, non si può non citare Sabine Schmitz, proprietaria dell’albergo di Nurburg Hotel am Tiergarten. Famosa autista del “Ring Taxi”, una BMW M5, e che si stima abbia completato più di 30.000 giri del circuito nel corso della sua carriera, dapprima come concorrente della 24 ore del Nürburgring (che vinse nel 96 e 97) e di numerose altre prestigiose competizioni, poi come tutor di guida ed allo scopo di legare, da un punto di vista mediatico, la sua immagine a questo luogo letteralmente unico al mondo. Celebre è stata la sua partecipazione nel 2004 al programma inglese Top Gear, durante la quale tentò di superare il tempo di un giro sul Nordschleife registrato dal conduttore del programma Jeremy Clarkson (recentemente licenziato in modo plateale dalla BBC) con una fiammante Jaguard S Type, impiegando dal canto suo un comunissimo furgone Ford Transit. Impresa non riuscita (10 minuti ed 8 secondi contro i 9 e 59 di lui) forse anche a causa di alcune “lente” Porsche e Dodge Viper, che sfortunatamente si ritrovarono a frenarla in curva. A ennesima riconferma che non importa cosa guidi, se non sei capace…
Un giorno come un altro, sotto l’ombra svettante del castello di Nurburg, costruito nel 1166 d.C. in corrispondenza di un antica e importante strada dell’Impero Romano, sopra l’alto cono basaltico che gli permetteva di dominare la pianura. Difficilmente il Conte Ulrich e i suoi immediati successori avrebbero potuto immaginare un simile paesaggio: in cui non più carri e salmerie, ma potenti veicoli a motori combattono un diverso tipo di battaglia. Nel 1290, estintasi quella dinastia, queste alte mura passarono sotto la giurisdizione dell’arcivescovo dell’elettorato di Colonia, poi furono distrutte e ricostruite più volte, fino alla trasformazione in fortezza di primo piano all’epoca della guerra dei trent’anni. Nel 1674, le truppe svedesi del generale anti-asburgico Wolf Heinrich von Baudissin lo saccheggiarono, riducendolo in rovina. Ma quella strada vive ancora, in modo molto differente. Determinati luoghi hanno una strana tendenza ad evolversi, superando il tempo di una, oppure centoventi generazioni: forse proprio per questo, finiscono per diventare leggende.