Se voglio un computer più potente, normalmente, compro qualche pezzo e lo sostituisco a quelli che già ho. Se invece trovo che il mio smartphone non riesca a far girare l’ultimo giochino variopinto con le candies da mettere in ordine in base al colore, c’è una sola possibilità: accantonarlo e prenderne uno nuovo. È la prassi del moderno consumismo in aumento progressivo, così riflessa addirittura nei due mondi tecnologici affini, ma pur sempre separati nella nascita da una ventina d’anni, o giù di lì. Due decadi davvero significative, in questo come molti altri campi, vedi tutto ciò che è in busta o confezione, scatola o pacco di cartone, che si accumulano senza posa né pietà. Poi ci sono determinati campi della produzione industriale in cui, tutt’ora, è possibile che l’individuo scelga come comportarsi. E voi, la vostra bicicletta, in quale zona d’influenza vorreste collocarla?
Si tratta di un approccio decisamente semplice e diretto: tizio ama fare moto e mantenersi giovane, tizio usa la sua pedalata tutti i giorni per andare fino al lavoro. Ma c’è un problema, ovvero la salita ripida verso metà tragitto, che gli costa, nonostante l’ottima forma fisica, ogni giorno dieci, quindici minuti di fatica. “Una roba da nulla!” Dirà subito qualunque appassionato di ciclismo, che simili sfide freme d’affrontarle ogni qualvolta se ne offra l’opportunità. Però pensiamo pure che un intero anno si compone di 36 decine e mezzo di giornate, e che talvolta si può essere più stanchi del consueto, che magari la temperatura sarà troppo elevata, oppure ci si ritrova fiaccati da un gravoso raffreddore transitorio. Cosa fare, allora… Si compra un biglietto dell’autobus, magari, oppure (col grigio nel cuore) si è costretti a prendere la quattro ruote di famiglia, con conseguente dispendio di benzina, tempo e stress di guida – quanto è duro il traffico, soprattutto se non ti appartiene. La soluzione, come spesso capita nel campo dei trasporti, appartiene al regno della splendida tecnologia: puoi prenderti una pedelec, la bici con la pedalata assistita, che rigorosamente non è un motociclo, poiché risponde a determinati crismi produttivi, e soprattutto non si muove nemmeno, a meno che l’utilizzatore non contribuisca coi suoi muscoli a far muovere le ruote.
Perfetto, ideale. La problematica è risolta, e c’è nacora la ragione di sudare. Soltanto che hai speso bei soldi e ancora peggio, ti ritrovi con due bici nel garage. Certo l’altra puoi venderla, però è un peccato. Forse ci sei davvero affezionato. Così nasce l’approccio contrastante, di questa nuova classe di dispositivi elettrici, fatti per essere montati sul telaio già in nostro possesso, che sostanzialmente bastano a trasformare il ruolo e il senso di un convenzionale velociclo. Ultimamente ha fatto parlare molto di se la proposta del Senseable City Lab, azienda nata come costola del prestigioso istituto universitario del MIT, che consiste in una soluzione tout court della questione: un’intera ruota con motore e batteria integrati, concepita per essere montata nella parte posteriore del veicolo a pedali, con fino a 350 Watt (cento di meno in Europa, come da regolamento stradale) di potenza e 50 Km di autonomia. “Interessante…” Devono aver pensato i tre ragazzi della Add-E austriaca, un’altra startup operante nel settore della mobilità a basso impatto ambientale: “Ma può essere semplificato ulteriormente!” E così beh, giudicate un po’ voi. Questo loro primo prodotto, omonimo all’azienda, è un attuatore compatto che si monta, a scelta, in prossimità dei pedali o del sellino della bici, e che grazie a un rullo a contatto con la ruota riesce a sviluppare una spinta significativa, per tragitti lunghi fino a 50 Km per una singola ricarica della sua batteria stealth, con la forma nientemeno che di una bottiglia da ciclismo. Tanto per provare a…Scoraggiare…I furti?
Add-E presenta alcuni significativi vantaggi rispetto al suo competitor principale, soprattutto inerenti al diverso approccio progettuale. Prima di tutto ha un peso notevolmente inferiore, di circa 1 Kg dichiarato per il kit completo contro i 6 della ruota del MIT. Benché ciò diventi meno rilevante ai fini dello sforzo fisico, visto il modo in cui il motore elettrico di ciascuna soluzione può occuparsi compensare qualsiasi aggravio del carico veicolo sull’impegno necessario del ciclista. In questioni di manovrabilità, tuttavia, la superiorità potenziale del piccolo apparecchio austriaco sarà probabilmente significativa. Un’altra differenza importante è che la Copenhagen Wheel presenta un algoritmo computerizzato che si occupa di regolare l’erogazione di potenza in automatico, a seconda di considerazioni sull’impegno della pedalata ma anche la pendenza e la modalità impostata via cellulare (eco, standard o turbo) mentre l’Add-E risulta decisamente più analogico e tradizionale: c’è una manopola di controllo mascherata da tappo della borraccia/batteria (per citare Shaggy di Scooby Dooh, “How cool is that!”) Che può essere regolata manualmente in base alla scelta dell’utente finale. Naturalmente, questo può essere visto come un punto forte oppure il suo esatto contrario, visto come da una parte consenta un maggior grado di controllo, sempre gradito e progressivamente meno concesso dalle aziende, però al tempo stesso essenzialmente lo richieda, con occasionali soste al fine di raggiungere e regolare l’equivalente stradale di una plasticosa valvola del gas.
L’erogazione di potenza massima del nuovo prodotto in versione standard è inoltre di soli 250 Watt, benché ciò vada visto come un limite di tipo più legislativo che tecnico, visto come questo sia il tetto massimo previsto dalla legislatura europea delle pedelec, come dicevamo prima osservato anche dalla Copenhagen nella sua versione per il Vecchio Continente. Potenza più che adeguata, visto come il sistema sia pensato per lavorare comunque esempre in assistenza allo sforzo convenzionale. La Add-E offre ad ogni modo, tra i diversi allestimenti in stato di preordine, una “versione personalizzata” del suo dispositivo, leggermente più costosa ed adeguata “alle norme vigenti nel paese del cliente”. Direi che le implicazioni sono chiare.
È perciò davvero molto interessante, questo nuovo approccio alla mobilità urbana e rurale concepito sulla base di un effettivo bisogno, richiesto a gran voce dai suoi molti praticanti. Riscoprire la praticità di poter ricorrere all’aiuto di un motore, senza per questo rinunciare al proprio esercizio fisico ed un senso di aver contribuito, con il proprio dispendio di calorie giornaliere, alla conservazione ecologica del pianeta. Tutto questo senza doversi disfare della propria bicicletta pre-esistente, con conseguente spreco di risorse energetiche industriali. Però ecco, diciamo la verità: non è che l’acquisto di Add-E (770 $ nella versione standard, 920 in quella potenziata) o del suo predecessore americano (949 $ sul sito ufficiale, Superpedestrian.com) comporti un significativo risparmio rispetto a quello di un intero velociclo con motore elettrico integrato. Piuttosto, si può anche finire per spendere di più. Però è anche vero che si può continuare a beneficiare dei vantaggi di un telaio già in nostro possesso, potenzialmente molto superiore a quello di una pedelec di classe media o entry-level. Come in tutti i nuovi ambiti tecnologici, si tratta di fare le proprie valutazioni e soppesare i pro ed i contro. Con l’adozione in larga scala di simili soluzioni, le proposte aumenteranno, e certamente i prezzi si faranno più accessibili di conseguenza. Molto presto, l’unico motivo per scegliere l’automobile ripsetto alle due ruote sarà il suo sitema di guida automatico ad intelligenza artificiale!
–Link alla pagina del progetto di crowd-funding di Add-E su Indiegogo. Il prodotto sarà in consegna per Settembre del 2015.