Se si prendesse dalla rastrelliera di ogni museo d’armi del mondo, alabarde, asce, brandistocchi, daghe, falcioni, flamberghe, pugnali e zweihänder, per studiare a fondo i loro punti forti… Se si creasse grazie a tale ricerca, con l’impiego della scienza moderna, l’ultima e più avanzata arma bianca del mondo…Ancòra questa verrebbe, nella mente di migliaia di orgogliosi specialisti, rigorosamente subordinata al taglio netto di una semplice katana. Storie di capelli che fluttuavano nell’aria, come i petali del ciliegio, per posarsi delicatamente sulla veste del guerriero. Ma prima che potesse compiersi un siffatto sfregio, la sorpresa inaspettata: un taglio metallico frapposto in mezzo al vento e l’obiettivo. Un sibilo, due lampi luccicanti (estrazione, movenza del ritorno) dove c’era quel singolo pelo, adesso sono due. Anodo e catodo, di un fulmine indelebile che ormai permane, invisibile, sul nervo degli osservatori. Retina del pensiero. Re incontrastato della sfida tecnica tameshigiri (試し斬り – l’affettamento di prova) in cui una stuoia arrotolata viene sapientemente sottoposta, ogni qualvolta si riveli necessario, a dieci attacchi ben codificati: quattro diagonali, due verticali, tre laterali ed uno ai polsi, di mani e braccia totalmente immaginarie. Approccio culminante con la prova definitiva, che consisteva nel dividerla nel mezzo, e poi di nuovo un po’ più in alto, mentre i tre pezzi risultanti neanche avevano la gioia di cadere. Questo era, ciò sapeva fare il samurai.
E lo sai quante volte l’ha tagliata, quella dannata stuoia, il qui presente e inarrestabile Isao Machii, talvolta fantasiosamente detto “il samurai moderno”? Duecentocinquantadue in un singolo minuto. Davvero, cavalletta: è successo nel 2011, proprio qui a Milano, durante una delle edizioni televisive del viaggiante Show dei Record, organo pseudo-circense del pur prestigioso Guinness dei Primati. Gesto che gli valse l’attribuzione di una placca sfavillante. Ma ne ha diversi altri, costui, di tali titoli a suo nome. Tra cui quello, estremamente prestigioso, di aver suddiviso esattamente a metà la più veloce pallina da tennis, lanciata al suo indirizzo al sostenuto ritmo di 708 Km/h, oppure l’esecuzione più veloce dell’antica prova dei 1000 tagli, praticati su una schiera d’inermi vittime in stoppa di riso, o come capita sempre più di frequente ormai, dei maggiormente riciclabili rotoli di poliestere. L’ecologia è importante, addirittura nelle stragi degli oggetti inanimati. Per una buona causa, quest’oggi, tuttavia: il bisogno, percepito e stipendiato, di dare lustro al nuovo servizio LTE della SoftBank, compagnia telefonica del suo Giappone, come da copione sempre tesa ad innovare infrastrutture e metodi pubblicitari. Ma un approccio come questo, quando mai…L’uomo, in pantaloni hakama e kimono con maniche raccolte, grazie alle strisce di cuoio bianco simbolo del suo mestiere, compare con lieve camminata su un perfetto fondo nero. Dinnanzi a lui, il nemico di una vita: la macchina lancia-oggetti, usata con costanza da ogni committente delle sue comparse pubbliche, allo scopo di costringerlo ad estrarre il taglio della sua salvezza. I due si guardano, armigero e dispositivo, mentre già il pubblico trattiene il fiato. Quindi le sovrapposte ruote gommate, fonte dell’inerzia che conduce all’epico confronto, iniziano a girare. L’uomo assume la sua posizione, con le ginocchia lievemente piegate, la mano destra sull’impugnatura della spada, quasi certamente il prezioso cimelio della sua famiglia da generazioni. Come potrebbe mai onorarlo, ai nostri giorni, tranne che così? Un grido, uno schiocco, il richiamo della gru che si alza in volo verso l’alba: dall’apertura della macchina fuoriesce il primo gambero. È già tempo di tempura…
Il personaggio di Isao è piuttosto celebre nel suo paese, benché sia difficile reperire informazioni biografiche online. L’unico sito Internet ufficiale linkato da Wikipedia, piuttosto semplice ed elegante, presenta a margine dell’impaginazione una cronologia delle apparizioni televisive, mentre il tema principale sembrerebbe essere la promozione del suo dojo di iaido nella piccola città di Kawanishi, a pochi chilometri dalla metropoli di Osaka. Nel frattempo, il Daily Mail afferma che costui avrebbe appreso le sue tecniche da “un vecchio maestro all’età di soli cinque anni” ma potrebbe trattarsi di un dato presunto per associazione. Lo iaido è quella tecnica di spada, piuttosto celebre nella rappresentazione contemporanea della figura del samurai, che consiste nell’estrarre e colpire con la spada in un unico fluido movimento, con l’obiettivo strategico di sorprendere il nemico. Che ha particolarmente appassionato, negli anni, i produttori cinematografici e i disegnatori di fumetti, per l’apparente somiglianza con l’iter funzionale del classico duello da Far West. Due viaggiatori che s’incontrano, lungo una strada in mezzo all’assoluto nulla. Non si conoscono per nome, però sanno bene quanto segue: come è vero che uno è il bene, mentre l’altro il suo contrario, dovranno affrontarsi, per sopravvivere e vedere il prossimo tramonto. Chi estrarrà per primo? E soprattutto, cosa…Si dice che chi porta un coltello in uno scontro a fuoco sia finito per definizione (è una citazione spesso ripetuta, che compare ad esempio nel film Gli Intoccabili, del 1987) ma che dire di chi ha con se una spada…
Ecco un’altra delle apparizioni pubbliche più famose, soprattutto in Occidente, di questo supremo manovratore dei 70 cm ca. di metallo tamahagane. Dovrebbe trattarsi, nello specifico, di un segmento del programma Stan Lee’s Superhumans (2010) realizzato negli Stati Uniti con lo scopo di costruire un filo ininterrotto tra il mondo dei fumetti e ciò che realmente determinate persone, a fronte di un profondo allenamento, riescono a porre in essere nel mondo materiale. C’era lui che compariva, sempre perfettamente compunto ed elegante, presso un poligono di tiro di Los Angeles. E dall’altra parte della scena, un pistolero, armato niente meno che di un’ottima pistola a pallini, in grado di scaraventare una pallina da mezzo centimetro di diametro a circa 300 Km/h. Ciò che segue, sfida l’immaginazione e sconfigge, molto facilmente, gli occhi dei presenti. Ovvero nessuno riesce effettivamente a vedere l’impatto del proiettile sulla sua lama, benché si senta il colpo conseguentte, mentre lo spadaccino già rinfodera con quieto gesto di soddisfazione. A seguire i testimoni della scena, tra cui la professoressa associata di psicologia dell’università della California, Ramani Durvasula, rivedono gli eventi al rallentatore, grazie all’impiego di una telecamera posizionata precedentemente. E il risultato è chiaro, benché richieda un paio di grandi cerchi arancioni a vantaggio dei distanti telespettatori, tanto risulti piccola la vittima delle spietate circostanze: lui è venuto, ha visto ed ha tagliato. Come del resto aveva già fatto diverse volte, in celebri show di varietà e pubblicità del suo paese. Potrebbe sembrare strano, persino dissacrante, assistere alle imprese di una sorta di rockstar del filo d’acciaio, che taglia a pezzi chicchi di riso e palline da golf, ma considerate soprattutto questo: l’odierna visione del samurai come esecutore tecnico di perfetti metodi marziali nasce soprattutto in epoca Edo (1603-1868) quando l’assoluto predominio del clan Tokugawa aveva ormai imposto una duratura pace nell’arcipelago d’Oriente. Così non era insolito, tra i vecchi soldati di professione trasformati in funzionari civili, che il bisogno di mantenersi in allenamento portasse a simili sfrenati eccessi. La stessa vicenda del quasi mitico Miyamoto Musashi, spadaccino, poeta, filosofo ed artista itinerante, è costellata di duelli spettacolari, in cui l’unico intento era mettersi alla prova, senza reali motivazioni di contesto. E se poi da ciò fosse venuta un po’ di fama, tanto meglio. Anche un samurai deve mangiare…Frutta?
Gira e rigira, non si poteva soprassedere su una simile connotazione. Nell’intero mondo tecnologico, dal più piccolo cellulare alle interminabili fibre ottiche della Softbank, c’è un’immagine che persiste, stagliandosi contro qualsiasi approccio al taglio di verdure o vegetali senza posa: Fruit Ninja, il celebre videogioco della Halfbrick. Che prese il mondo di sorpresa, giusto quando ci si rese conto che non c’era nulla di più naturale, nonché soddisfacente, che passar le dita su un touchscreen, con l’obiettivo, tutt’altro che accessibile, di fare a fette mele, pere, cocomeri, banane etc, lanciate da una forza misteriosa innanzi al proprio occhio virtuale. Così tale chiara somiglianza con il frequente industriarsi televisivo di Isao portò, sul finir d’Agosto del 2014 a questa curiosa pubblicità del toaster strudel, un dolcetto da supermercato entrato in commercio nella nuova versione con “Ancora più frutta!” Così, quale migliore opportunità per distruggere, trucidare, fare a pezzi ancora una volta alcuni dei cibi più amati da grandi e piccini. Questa volta, per di più, nella realtà fisica dei fatti, senza l’intermediario di un mero processore digitale.
Guarda qui che roba: persino lo sfondo, con rosseggianti ombrelloni ed un accenno di torii (il tipico portale shintoista) non fa che richiamarsi con entusiasmo a tutto quello che è nipponico e meraviglioso. Ma non provate a definirlo irrispettoso: qui stiamo parlando di un mondo assai diverso dal nostro. Dove gli ideali filosofici di un tempo, lungi da essere reliquie delicate da tenere chiuse dietro a un vetro, vengono costantemente rielaborati e proposti alle nuove generazioni, attraverso gli strumenti globalizzati dell’industria d’intrattenimento. Non si può dissacrare ciò che è sempre stato una parte inscindibile della propria cultura e una spada prosaica, per quanto inzuppata di succo di frutta, resta pur sempre in grado di tagliare un pisello nel suo baccello. Per tutto il resto, basta usare la forchetta.