Il calligrafo dei loghi commerciali

Seb Lester

Il punto dello scibile umano è che può anche essere, come dice la parola stessa, diviso, ma assai più spesso è un solo tratto che fluisce, come la punta di una penna usata nel corsivo. Così come non esiste una separazione netta tra l’acqua e l’aria di un oceanico orizzonte (poiché l’ossigeno fluisce tra l’una e l’altra) neanche si può affermare che attività come la pittura, la tipografia e la grafica non abbiano diversi punti di contatto, giungendo a sostenersi l’una con l’altra esattamente come i muri di un indistruttibile edificio. Il quale, anzi! Cresce a dismisura, con ciascuna ennesima espressione del bisogno di dar forza all’arte. Toccala, tracciala, mettila da parte. Come ha fatto il creativo pubblicitario Seb Lester in questi ultimi quattro anni, prendendo lo spunto da impreviste e tutt’altro che positive casualità del fato, per spegnere il computer e impugnare la sua versione forse più portatile, il semplice tubo con l’inchiostro dentro ed una punta che…Ascolta, non è veramente necessario usare una complessa descrizione. Qui si tratta solamente di tracciare, sulla base di nozioni ormai acquisite, l’asta e il trave della A, le doppie gobbe della B, l’asola aperta di C-olei che viene dopo. Finché a un certo punto, come sa chiunque abbia mai giocato a scacchi, Sudoku o Tetris per un tempo medio, l’astrazione porta alla sinestesia. Ciò che era un semplice segno sulla carta, gradualmente si guadagna nuove, imprevedibili connotazioni. La D è impostata, quanto stolidi pinguini all’aeroporto. E poi si va per Favole, Grandi Hits per Internazionale Latitudine del Mondo e così via, fino Nirvana dell’Ottima Calligrafia […] Ma non è un gioco, questo. Qui si tratta di trovare vie d’accesso differenti, con l’obiettivo specifico di farsi un nome e una carriera.
Basta prendere in considerazione la particolare scelta dei modelli: non chi è venuto prima, l’insegnante, il collega esperienziato, lo scrittore tecnico di manuali, ma colui/lei che è già arrivato e il suo successo giace, come niente fosse, sotto gli occhi di noi tutti. O per meglio dire, sopra l’etichetta di ciò che davvero consideriamo importante nella vita: le nostre bibite, scarpe, scatole di hamburger carichi di salse e foglie di lattuga. Vedere l’inglese Seb Lester che traccia questi loghi, provenienti in buona parte dal mondo del commercio ma anche direttamente dalla carta intestata di alcune produzioni cinematografiche o gruppi musicali, permette di capire al primo sguardo la complessa situazione tipografica in cui siamo. Come un bambino che non sappia comprendere la provenienza del barattolo di tonno (cresce sugli alberi? Viene dalle fabbriche?) Il cliente tipo tiene in mano oggetti con dei piccoli emblemi, oppure sfoggia stemmi sul vestiario; e non per uno, né per alcuno di essi, si applica a schematizzare la fondamentale essenza. È la dannazione del creativo moderno, che per sopravvivere rinuncia alla sua identità. Così come non esiste l’inventore della “sedia” oppure del “cucchiaio”, il ricciolo aerodinamico e il doppio archetto d’oro sono, rispettivamente, parte di altrettanti brand totalizzanti, così pervasivi che hanno un suono ed un contesto estremamente definito. Sono diventati, per ogni principio delle circostanze, essenzialmente: pittogrammi. Siamo come gli aruspici della Cina arcaica, che leggevano il futuro nelle ossa delle tartarughe, ma neanche lo sappiamo. Tutti, tranne chi, istintivamente, traccia il segno dell’Imperatore sulla carta, senza alcun tipo d’assistenza digitale tranne quella del minuto, del secondo e l’ora della verità. Ed anche se è difficile applicare, in questo caso, il tipico paradosso ipotetico della cessazione immediata d’ogni gruccia tecnologica: “Immagina, un giorno: niente più corrente elettrica, questi grafici moderni son finiti…” (Ma in assenza di mass media, a cosa serve la pubblicità!?) Va pur detto che tracciare con la penna veramente stretta nella mano non è un semplice strumento per la crescita interiore. Può offrire, anzi, ottimi spunti verso determinati approcci, un tempo semplicissimi e diretti, oggi sorpassati dallo strapotere dei vettori bi-tri-quadri-dimensionali; diciamo, perché il Nuovo è sempre meglio del Vecchio? Però pensa pure a questo: se tutti vanno nella stessa direzione, il visionario e innovatore si ritrova come l’ultima persona nella fila. Attardandosi e pensando, anch’egli, al suo futuro.

La scelta di farsi conoscere con quella compilation, un susseguirsi di alcuni dei più famosi nomi della globalizzazione e del fantastico moderno, è una scelta particolarmente funzionale alla condivisione internettiana. Chi non ha mai provato, in un momento di noia assai probabilmente scolastica, l’impresa di metter nero su bianco qualche logo del vestiario e dello sport? Ed è proprio quell’assenza di commento, tranne quello musicale, o di un contesto facilmente identificabile, a donare al gesto di Seb Lester un particolare senso di spontaneità, quasi si trattasse di un completo principiante, preso per un attimo dal vezzo irraggiungibile della calligrafia. “Lo fai sembrare così facile!” Verrebbe qui da dire, ma basta un giro per le molte alternative del web, generalmente finalizzate alla creazione di inviti o segnaposto per cene formali, per potersi rendere conto di quanto realmente sia superiore alla media la sua capacità e precisione.
Lui del resto, universitario verso la metà degli anni ’90, ha già alle spalle una carriera di successi da grafico, con ampie e valide collaborazioni con aziende come Intel, Apple, la British Airways e la Nasa (!) Nonché innumerevoli chilometri d’inchiostro stesi sopra i fogli di questo suo nuovo approccio alla creazione. Nato, come narrato in un breve quanto intenso articolo del suo blog, in coincidenza cronologica con un momento assai difficile della sua vita, l’improvviso ricovero per motivi di salute della sua compagna, protrattosi per un periodo di 18 mesi. Durante i quali, scegliendo comprensibilmente di assisterla per quanto possibile, rinunciò all’uso professionale dei computer e al produrre nuovi exploit pagati ma…La pubblicità non è mai soltanto un lavoro, come del resto l’arte in quanto tale. Per chi la pratica dal profondo del suo essere, diventa anche una sorta di sfogo individuale, la variopinta valvola del quotidiano. E così sembra quasi di vederlo, costui, con penna ed album sulle ginocchia, seduto nel silenzio di una sala d’attesa d’ospedale, mentre pensa ed ora, ed ora…

Seb Lester 3
La necessità di saper scegliere i propri strumenti è la principale differenza tra l’arte tradizionale e quella praticata grazie all’uso del computer. Seb Lester impiega in genere una vasta serie di pennini calligrafici tradizionali, tra cui quello obliquo associato alla scrittura copperplate (vedi il logo della Coca Cola) ma talvolta non disdegna approcci più spontanei, come questo MAGIC scritto con due penne parallele.

La progressiva diffusione della banda larga negli ultimi 10 anni ha portato, tra le alterne onde del mare internettiano, all’emersione di un nuovo tipo di contenuto video, particolarmente amato dal pubblico dei navigatori: il cosiddetto tutorial. La dimostrazione pratica, più o meno intenzionale, di quale sia il modo per fare le cose, realizzare opere creative degne di quel prestigioso nome. E con la nascita dei social network, successivamente, tale successo non ha fatto che ampliarsi ulteriormente, con i principali gruppi, profili o pagine devoti a una simile missione che si sono trasformate, nel tempo, in un vero punto di ritrovo per chiunque desidera non soltanto fare, ma pure far sapere. Seguendo un tale filo questo grafico-artista, invertite le sue aspettative, ha finito per diventare famoso non tanto per la lunga opera dei suoi anni precedenti, ovvero la creazione di pubblicità per prestigiose multinazionali, bensì per questa strana riscoperta, la catartica messa in moto di una passione in lui latente, fin da quando aveva sfogliato, all’università, un libro con le opere grafiche e tipografiche di Neville Brody, grande direttore artistico della pubblicità e suo connazionale. Forse la serpeggiante crescita professionale di Seb dovrebbe essere presa ad esempio, e studiata a fondo per comprendere il modo in cui tanti artisti altrettanto abili, ma magari privi dell’incidente valido a scoprirsi tali, finiscono per sparire all’interno degli studi pubblicitari del contemporaneo, vere e proprie fabbriche automatiche dell’innovazione. In cui tutto è nuovo eppure, che strano: nasce dagli stessi software, metodi ed approcci produttivi. Quando niente è più libero e possente, della spada. Tranne la penna!

Seb Lester 2
Nel futuro, Seb Lester vorrebbe costruirsi un nome nel campo dell’arte in quanto tale. Attualmente vende stampe giclée delle migliori opere tramite il suo sito ufficiale, mentre ricerca accordi con alcune importanti gallerie. Ha inoltre rilasciato interviste per la BBC, il Times, il Guardian e numerose altre testate di fama internazionale.

Seb Lester afferma nella sua appassionata dichiarazione d’intenti: “Considero l’alfabeto latino una delle creazioni più belle e profonde dell’umanità.” Ed è la scelta dei termini, soprattutto, a comunicare il punto di partenza dell’idea. Una visione tanto filosofica di quello che era stato indubbiamente, all’epoca della sua genesi remota, semplicemente uno strumento per i commercianti e per gli scribi, dimostra l’impegno a creare vie d’approccio nuove. Per chiunque abbia mai tenuto in mano una confezione, cibaria o d’altro tipo, intravedendo la logica geometrica di quella foto, il susseguirsi attentamente calibrato delle lettere sul cartoncino. Un gesto che consiste, essenzialmente, nel tentare di raggiungere colui che tutto questo l’ha creato. L’uomo dietro la macchina, dietro la stampante, dietro le porte della grande compagnia. Scrivere vuol dire fare grafica? Può darsi. E se il progetto divulgativo di questo campione dei pennini dovesse anche fallire, per l’innata resistenza del contesto preesistente, poco male. Lui stesso afferma che ci sono cose che fanno meglio le macchine, altre sono più pratiche da fare a mano. Ma va pur detto: esiste un terzo insieme di creazioni, delle più importanti e durature, che si possono davvero realizzare solo nel secondo modo. Quando tutto, e voglio dire tutto, dipende esclusivamente da TE.

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