La casa sulla roccia a Narragansett Bay

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Il sole infuoca il braccio di mare prospiciente il porticciolo di Jamestown, mentre un’altra lunga giornata si conclude tra le mura della Clingstone House. Un luogo per staccare dalle fatiche e le preoccupazioni della vita urbana, si, ma lavorando. Finestre da pulire. Tegole da rimettere in posizione. La legna da portare faticosamente, su dal proprio scafo, fino al gran camino della stanza principale al primo piano. Fosse settiche da svuotare nel piccolo “giardino”, reso quasi verticale dalla forma digradante dell’unica via d’accesso alla magione. C’è sempre da fare, nell’abitazione centenaria costruita sopra il mitico dumpling (gnocco, raviolo) di roccia, parte della costellazione d’isolotti e scogli del frastagliato Rhode Island che un tempo preoccupavano i migliori marinai, di arrivo dalle terre di un distante continente. Ma che adesso più che mai, è diventato una parte inscindibile del paesaggio marino, un punto di riferimento beneamato per chiunque si ritrovi a percorrere quelle acque, per svago, per lavoro, da o verso il confine galleggiante con lo stato di New York. E chi può, davvero, contare i suoi abitanti? C’è Mr Henry Wood, ovviamente, l’architetto di Boston che famosamente, con un colpo di mano estremamente significativo, riuscì ad acquistare la casa nel 1961, per la cifra trascurabile di appena 3.600 dollari (“Ne avevo offerti 3.500” racconta “Ma dissero che era troppo poco”) con sua moglie e i figli, di ritorno puntualmente per quella che si è trasformata in una vera istituzione familiare, il Clingstone Work Weekend. Ci devi credere, per trarne beneficio? Di questi tempi, in quelle sale corre una costellazione di nipoti, l’intera nuova generazione familiare, destinata a ereditare un giorno l’edificio che fu il sogno dei suoi innumerevoli restauratori, spesso stipendiati unicamente col piacere di esserci, mangiare tutti assieme, bere e dare feste sregolate. Difficile pensare che Nettuno, un giorno, possa venire a lamentarsi! Ma nello spirito, se non nei fatti, in quell’edificio resistente, costruito come quello di un mulino, albergano anche i costruttori originari: quel J. S. Lovering Wharton, socialita, industriale e finanziere, che alle soglie del 1900 era stato scacciato, suo malgrado, dalla residenza estiva costruita presso Fort Wetherill, a Jamestown Sud, per un progetto governativo d’ampliamento della vicina base militare. E che quindi si ritrovò a promettere a se stesso: “Costruirò la mia prossima casa il più vicino possibile, ma in un luogo tanto isolato da non permettere a nessuno di mai venirmi a disturbare!” Cosa che in un certo senso, estremamente letterale, riuscì a realizzare, forse più di chiunque altro prima di quel giorno. Perché fu allora che chiamò il suo amico William Trost Richards, pittore paesaggista di Philadelphia una certa fama, ed assieme a lui mise a punto il progetto di una tale meraviglia: una lunga serie d’inquadrature, sostanzialmente, ciascuna corrispondente ad una diversa facciata del maniero sopra il mare. 360 gradi d’acqua e nulla più; tre piani, 65 finestre e pareti costruite per durare, ricoperte di pannelli sovrapposti in legno (shingles, letteralmente tegole verticali) sulla parte esterna come pure in quella interna, a far da complemento insolito allo stile strutturale. Alcuni dissero che l’insolita trovata fosse dovuta alla prossimità del terribile fortino, i cui cannoni tendevano a crepare l’intonaco delle case costruite secondo i metodi convenzionali. Ma c’è ben poco di affine alla normalità, nell’approssimazione architettonica di questo incredibile natante, perennemente immobile fra tante vele e motori di passaggio, stolido ed eternamente resistente alle intemperie, nonostante tutto il resto.

E il frastuono, l’operosa gestualità di chi ripara, pulisce, mette a punto, non può invero fare nulla per sovrastare le presenze del passato. Tutte le case hanno gli spiriti, dentro, di chi le ha abitate prima, spettrali ma benevoli ricordi trasformati in coinquilini. Mentre il vento del crepuscolo fa girare vorticosamente il mulino elettrico installato sul tetto della casa, assieme ad un valido corredo di pannelli solari, Mr Wood si siede sul suo portico e ricorda i tempi andati. Questa macchina complessa e funzionale, l’impossibile realtà di un luogo di svago ma senza acqua corrente, né allaccio alla rete elettrica e tanto meno a quella del gas, ma che attraverso un miscuglio di fortune, ottime collaborazioni, inventiva e voglia di darsi da fare, negli anni ha raggiunto uno stato di grazia tale da essere non soltanto vivibile, ma addirittura molto amata.
Ultimato nel 1905, il sogno di Wharton e Richards fu subito fatto oggetto di critiche dai suoi vicini, con tanto di forti dubbi espressi sui giornali locali, in merito al fatto che l’edificio avrebbe resistito più di una stagione. A quei tempi, l’abitazione era fornita di un ponte fino a terra e un lungo molo, presso il quale gli ospiti approdavano coi propri yacht. E nulla, neanche i forti venti della baia, poterono mai scoraggiare il committente dal godersi questa sua insolita creazione, dove trascorse ogni estate del resto della sua vita, come poi sua moglie, fino al 1941.

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Iniziò allora un lungo periodo di stallo residenziale. La casa di Clingstone, un tempo valida testimonianza dello sfarzo finto-rustico raggiunto dal gotha di Jamestown, a tal punto da essere paragonata ad una pesca dell’omonima e apprezzata varietà, sprofondò gradualmente nella realtà dei fatti in uno stato d’abbandono e progressivo, inarrestabile degrado. Le pareti, che avevano resistito senza gravi danni all’uragano del 1938, così non fecero all’incedere dell’usura e della marcescenza dei giorni che trascorsero disabitate, mentre nessuno era disposto ad investire il necessario per ricostruire ponte e molo, neanche la vicina rimessa per barche del Jamestown Boatyard, un tempo affiliata all’edificio per volere del suo fondatore, lo stesso Wharton di tanti anni fa. La dimora venne ereditata, per situazione sistematica più che un sincero desiderio, dai suoi tre figli, che a quanto pare non furono mai in grado di mettersi d’accordo sui metodi e le cifre della vendita. E fu così che infine, stanchi di pagare le tasse sulla strana proprietà, affissero un cartello in-loco, con su scritto “In vendita, rivolgersi a qualsiasi broker.” La quale insegna per un puro caso, o almeno così narra la leggenda, venne avvistato durante una gita in barca da Mr Wood con la sua prima moglie Joan, anche lei architetto di professione, riuscendo a catturare l’attenzione della coppia pronta all’aventura. Quando successivamente si scoprì che poi, incredibilmente, lui era anche un distante membro della famiglia Wharton, imparentato attraverso un cugino che si era trasferito a Boston, l’accordo fu subito fatto in tutto tranne che le firme: la strana, vecchia, barcollante casa aveva trovato il suo nuovo abitante, dopo “appena” 23 anni di assoluto silenzio, tranne il moto delle onde, il soffio del vento, il canto dei gabbiani. Era il 1961.
Mr Wood, inizialmente contento per l’affare fatto, ben presto conobbe il significato della parola rimorso (succede sempre così) come ci racconta il NY Times in un articolo del 2008, per “quell’albatross di casa” in cui nulla funzionava a dovere e dove i vandali avevano imperversato selvaggiamente per un’intera generazione di scorribande, furti e distruzioni. Addirittura, all’interno delle pareti del primo piano è ancora incastonato un certo numero le sferette di metallo, sparate chissà quando mediante l’impiego di una qualche arma da fuoco, mentre il problema dei furti di attrezzi e mobilia sarebbe rimasto, ancora per molti anni a venire, un grosso problema dei nuovi inquilini della Clingstone House.

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Mr Wood mostra con orgoglio la grande fotografia del transatlantico Queen Mary 2, che nell’epoca d’oro delle crociere passò davvero vicinissimo alla Clingstone House (la cui sagoma scura resta ben visibile al centro della scena)

La storia prosegue dunque attraverso gli alti e bassi di un’intera decade di lavori e ristrutturazioni, portata avanti con l’aiuto delle maestranze locali e i dipendenti della stessa J.T. Boatyard, disposti a collaborare in cambio del permesso di poter disporre di Clingstone in determinati giorni dell’anno, come in una sorta di turismo collaborativo. Questo stesso metodo avrebbe permesso, negli anni successivi, di disporre di un certo numero di custodi fidati, cui lasciare l’utilizzo della casa durante la settimana, prima dell’arrivo puntuale del proprietario con la moglie Joan, segnale che era giunto il momento di dare l’inizio ai festeggiamenti. Grandi cene, notevoli bevute, inclusive e democratiche verso tutti coloro che si erano prodigati ad aiutare. Lo stesso Wood, a quanto racconta, si fece carico di una parte significativa del lavoro, diventando così anche un cacciatore di materiali di recupero, da usarsi per completare la dimora: le maniglie recuperate dalle case in via di demolizione nel South End di Boston, le luci ad impiego industriale di un mattatoio di Roxbury…Un impresa senza fine, portata innanzi forse per un senso di conservazione di memoria storica delle regioni circostanti, trasportata in questa letterale capsula del tempo, così galleggiante in mezzo ai flutti di una baia insostanziale.
Passò dell’altro tempo, il primo matrimonio dell’architetto ebbe fine e presto ne iniziò un secondo. La nuova moglie di Wood, a quanto lui stesso racconta, non amava particolarmente l’alloggio rustico di Narragansett Bay, arrivando al punto di tornare spesso in città prima del termine del suo soggiorno. Ma una simile differenza d’intenti, lungi dal risultare limitante per lui, trasformò piuttosto quelle mura in una sorta di rifugio, un luogo dove ritrovarsi con gli amici dello stesso sesso e abbandonarsi a baldanzose gozzoviglie, tra birre, sport e sigari cubani. Furono quelli gli anni più selvaggi della dimora di Clingstone, con altre feste, altri divertimenti senza fine. Poi venne l’età di un terzo matrimonio e della pace interiore, della meditazione e la famiglia. La quiete dopo la tempesta, analoga a quella del ’38 che distrusse ciò che Era, aprendo nuove strade per godere di una simile scenografia.

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Nella nostra vecchia, ponderosa Europa, è difficile entusiasmarsi per una casa che sussiste da appena 100 anni, poco più. In un normale tragitto tra casa e lavoro, di edifici simili ne incontriamo diverse dozzine, mentre le nostre stesse statue, piazze e monumenti, fanno impallidire per antichità e importanza molte pur valide testimoniane site all’altro lato dell’Oceano, tra meraviglie e traguardi d’altro tipo, sinceramente proiettati verso il mondo del futuro. Eppure dev’essere affascinante! Poter possedere un pezzo di storia che non è soltanto familiare o segreto, ma in qualche maniera parallelo a quello della propria stessa nazione di appartenenza, così estremamente rappresentativo dell’alba, del pomeriggio e del tramonto stesso degli Stati Uniti. Cui fa seguito…La notte delle circostanze, illuminata da luci distanti e misteriose.
Mentre si ode il fischio di una nave in punto d’approdo, il portico scosceso inizia a farsi ombroso. L’ottantenne Mr Wood, stanco per quel lungo pomeriggio di pensieri, si alza dalla sedia e volge lo sguardo alla grande porta d’ingresso semi-chiusa, da cui filtrano le luci di un convivio rumoroso, coi suoi amici, figli, i nipoti e gli altri familiari, accorsi sull’invito di quel vasto mare. L’ora è tarda, ma c’è sempre da fare a Clingstone House.

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