La montagna senza sale ricomincia a camminare

Quick clay

Pare l’effetto speciale di un film catastrofico, oppure in alternativa, il risveglio di un mostruoso Leviatano. Eppure si tratta di un fenomeno scientifico chiaramente dimostrabile, che pur appartenendo alla sfera della geologia, parte da una reazione chimica così semplice e basilare da potersi configurare come l’ultima pagina di un libro di ricette: la Peppina fa il caffè. Che nella canzone, fra tutti gli ingredienti menzionati, mancava il più classico collante usato dai bambini che vogliono fare i cuochi svalvolati: la comune terra raccolta ai giardinetti, un ammasso granulare, grossomodo solido, che può cambiare da uno stato all’altro sulla base dell’aggiunta fluidificatrice d’acqua, trasparente rito di passaggio verso la più metaforicamente gustosa, ma nei fatti del tutto imbevibile, conseguenza della moka posta sopra quei fornelli plasticosi. Ma non c’è nulla di simulato, nella scena qui catturata grazie all’uso del cellulare d’ordinanza ad opera di Alexander Giniyatullin, abitante della cittadina ad accesso limitato Zarechny, nell’Oblast di Penza, Russia sud-occidentale. Un luogo che si trova, allo stato dei fatti attuale, estremamente lontano dalle coste di qualsiasi specchio d’acqua significativo. Eppure in parte poggia, come del resto buona parte dei paesi europei ed americani al di sopra di una certa latitudine, presso delle terre che diecimila anni fa, durante l’ultima grande glaciazione, furono del tutto ricoperte dalle acque degli oceani sconfinati. Immaginate, volendo mantenere il termine di paragone culinario, il peso specifico di un cubetto di ghiaccio dentro a una bevanda. Finché integro, appena estratto dal surgelatore, tale elemento resterà saldamente collocato presso il fondo del bicchiere. Per poi sciogliersi gradualmente, diminuendo la sua massa ed iniziando infine a galleggiare. Ora, è grossomodo questo ciò che accadde su scala planetaria, per il lungo periodo, destinato ad esaurirsi solamente attorno ai primi timidi passi della civiltà egizia, quando ancora i mammut camminavano sul suolo dei paesi della Scandinavia giusto all’altro lato dello spazio geografico d’allora. Territorio cge riusciva a presentarsi in uno stato alquanto differente dal presente: perché il peso di una calotta artica notevolmente più estesa rispetto ad oggi, in tardivo corso di scioglimento, favoriva il fenomeno della depressione isostatica, ovvero l’effettivo abbassamento delle terre emerse, finché il mare poté ricoprirle, modificando la composizione chimica del suolo. Un mutamento significativo e duraturo, eppure tutt’altro che eterno. Nulla, del resto, può davvero dirsi tale.
Così ci ritroviamo, in questa scena risalente al primo del mese, presso una strada non meglio definita di quello che fu uno dei principali centri nevralgici industriali dell’Unione Sovietica. Un luogo pieno di fabbriche, centrali nucleari ed addirittura, secondo credenze piuttosto diffuse, gli stessi stabilimenti presso cui venivano assemblate le armi atomiche durante tutto il periodo della guerra fredda. Che scenario…Consigliabile, per una frana! E che strano esempio, questo, di una tale cosa…Pare di assistervi direttamente assieme al giovane testimone improvvisato. L’intera collina che lentamente si mette in moto, con fare placido dapprima, poi maggiormente rapido e virulento. La lieve pendenza del paesaggio, tutt’altro che significativa, non fa che enfatizzare il moto surreale di un simile sommovimento, tutt’altro che rapido e frutto di cause che possano dirsi chiare. Una valanga, in quanto tale, non è ardua da comprendere: la neve sta su, finché gli pare. Nessuno avrebbe alcun dubbio: un’improvvisa vibrazione può bastare a mettere in moto le masse biancastre verso il fondovalle, per il semplice effetto della gravità contingente.
Mentre, che differenza. Ecco qui una massa di terra all’apparenza millenaria, che lì era rimasta attraverso innumerevoli cicli stagionali, senza mai mostrare l’intenzione di tradire l’uomo. Addirittura vi poggiavano i pali della luce, che all’improvviso rimettersi in moto delle circostanze, diventano come stuzzicadenti sovradimensionati, stritolati dalle fauci incomparabili della natura.

Il paesaggio scorre con le tipiche movenze di un fluido cosiddetto non newtoniano. Ovvero che dimostri, in alternanza, le caratteristiche di un solido e di un liquido e che c’è di strano? Innanzi tutto, la massima parte di tale imponente materia ha giusto attraversato tale soglia di trasformazione, e poi c’è da dire che il suo dorso, erboso e ricoperto di detriti, può tranquillamente rientrare nella categoria della terra comune, priva di caratteristiche ulteriori. Ed è proprio questo, l’aspetto più terribile della fonte di questo disastro: l’argilla mobile, o quick clay o argilla di Leda, come usano chiamarla nel distante Canada, chissà poi perché, che giace quieta sotto la coscienza collettiva. L’unico mezzo per rilevarlo è un approfondito carotaggio da parte della compagnia di costruzione, passaggio spesso subordinato all’acquisizione di un terreno ben sfruttabile dal punto di vista commerciale. Finché un giorno….
La sua nascita, come dicevamo, risale all’epoca dei ghiacci quasi eterni, quando un’abbassamento delle terre emerse, gradualmente, permise all’acqua ionizzata degli oceani di permeare in parte le attuali fondamenta della civiltà. L’argilla, tipologicamente, è un corpus di sedimenti non litificati (affini alle rocce dure) i cui granuli risultano inferiori ai 2 nanometri di dimensioni. L’estrema friabilità di una simile sostanza, come ben sa chiunque abbia conosciuto l’abbraccio letale delle sabbie mobili o la gioia della plasmazione di ceramiche, non la rende assolutamente adatta al calpestio, né tanto meno, all’edificazione di costrutti architettonici o stradali. E questi due mondi, invero, mai s’incontrerebbero, se non fosse per l’effetto avuto da quel sale di migliaia d’anni a questa parte!

Quick clay 3
NaCl, perché sei tu, NaCl? Baciamoci ancora, per l’ultima volta.

Ecco l’esperimento condotto da un’altro ragazzo russo, Zbigniew Rozynek, e facilmente riproducibile in contesti casalinghi (si consiglia l’uso di una tovaglietta abbastanza larga per salvare il piano della cucina). Costui, che si era precedentemente procurato un panetto d’argilla semi-solido in forma di barattolo, probabilmente ad uso scultoreo, vi applica una pressione uniforme attraverso l’impiego di uno strumento cilindrico e svasato. Ciò che avviene, al disfarsi dell’insieme terroso oggetto della sua pressione, è un collasso complessivo della struttura delle particelle marroncine, frutto di un legame chimico, duraturo eppure tenue, intenzionalmente indotto in fase di confezionamento. Quindi, viene il bello: lui che aggiunge, con fare spontaneo, un paio di cucchiai di comune sale da cucina all’impasto, poi lo mescola e lo vede ritornare denso, come da principio. Un fenomeno non dissimile a quello verificatosi nell’attuale sottosuolo circostante Zarechny, grazie alla naturale mescolanza d’acque saline e argilla sedimentaria pre-esistente. E dalla portata tanto significativa, da essere riuscito a costituire un vero e proprio contesto paesaggistico, piuttosto diffuso in Russia, nel Nord-America e in buona parte del Nord-Europa. Ma può bastare molto poco per innestare un crollo inarrestabile: un leggero terremoto, l’applicazione di un peso strutturale eccessivo, persino la graduale infiltrazione delle precipitazioni atmosferiche, che gradualmente dissolvono il legame tra l’argilla e il sale. Le frane causate dall’argilla mobile sono diverse da quelle tradizionali. Meno prevedibili, generalmente molto estese, in grado di verificarsi anche in assenza di rilievi significativi. La massa incommensurabile di terra che avanza, per l’effetto del suo stesso peso, ricorda la scena stranamente rallentata di un deragliamento ferroviario. Con l’uomo al posto dell’ultimo vagone, ancora ben saldo sopra le rotaie, ma già condannato a far la fine della rapida locomotiva.

Quick clay 2
The Quick Clay Landslide at Rissa – 1978

L’evento più celebre di una frana simile resta ad oggi quello verificatosi presso la località norvegese Rissa, nel distante 1978, in parte per l’estensione, ma anche e soprattutto grazie al caso fortuito della presenza di un cineamatore, dotato di avveniristica 8mm, che ebbe modo di riprendere l’intero svolgersi della scena. Diventando nei fatti l’antesignano dei tanti publisher odierni di YouTube, sempre pronti a puntare il proprio obiettivo verso l’ultima, incredibile e impensabile disgrazia del momento. Grazie alla sua opera, ancora oggi apprezzabile per l’ottima capacità d’inquadrare il soggetto, benché piuttosto mossa e priva di contrasto, l’istituto inglese geotecnico NGI realizzò nel 1981 un documentario estremamente dettagliato, che ad oggi contiene una delle disanime più complete del fenomeno dell’argilla mobile, per lo meno tra quelle che siano liberamente disponibili online. Presso la cittadina citata, che si trova a pochi chilometri dal fiordo di Trondheim e dall’omonimo centro urbano tra i maggiori della Norvegia settentrionale, in uno spazio sito tra l’oceano ed uno dei molti laghi di quella regione, il Botn. Un aspetto particolarmente preoccupante del suolo soggetto a questo tipo di frane è che non soltanto la sua natura subdola risulta essere poco apparente, ma la composizione chimica che lo caratterizza tende a renderlo estremamente fertile, portando spesso a costruirci sopra aziende agricole di vario tipo. E così era successo presso la valle antistante Rissa, dove un certo numero di piccole fattorie, collegate tra loro da una fitta rete di stradine, poggiava a sua insaputa sopra un territorio ad orologeria. Avvenne così, il 4 settembre di quell’anno sfortunato, che uno dei proprietari terrieri avesse ben pensato di ampliare la sua abitazione, e iniziando a scavare per poter poggiare le fondamenta della nuova ala, fece deporre il terreno smosso proprio presso gli argini del lago Botn. Una pessima idea, a posteriori! Perché fu proprio quell’aggiunta improvvisa di peso, la causa scatenante di una reazione a catena che avrebbe coinvolto l’intera pianura, presto destinata a scivolare via come nel gioco di un bambino. Le riprese ricordano quelle del recente evento russo, ma su scala molto superiore. Intere case ruotano su loro stesse, muovendosi a velocità piuttosto sostenute. Alberi, granai, magazzini, strade: nulla resiste alla spinta dell’argilla, che una volta messa in moto può fermarsi solo al raggiungimento di uno spazio assolutamente pianeggiante. L’evento in questione, a differenza di altre simili frane, portò ad un singolo decesso, benché fu necessario, successivamente far saltare in aria il lato della collina, per smuovere il resto della materia ancora non liquefatta.
Russia 2015, Norvegia 1978: due tappe di un percorso estremamente lungo. L’argilla mobile si annida sotto le montagne ponderose che noi diamo per scontate, dall’epoca in cui la prima Peppina fece il suo caffè di terra ed ali di lepidottero parecchio sfortunato. Ma come si dice, può bastare il battito di un’ala di farfalla all’altro lato della Terra, per scatenare uno Zecchino d’Oro.

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