Con la casa invasa da un intero stormo di rondoni

Chimney Swift
Oh, che strana situazione. Ma che pomeriggio inaspettato! Uscito brevemente a far la spesa, torno a casa e cosa trovo? 25-30 uccelli neri che rimbalzano nel mio salotto, defecano sulla poltrona. Aggrappati ai muri ed al soffitto, gridano con furia il desiderio di tornare fuori, battono le ali e mi colpiscono sul viso. Non c’è pace per i peccatori. Sono i casi inaspettati della primavera. Ogni anno, puntuali come gli odiati pollini che saturano l’aria attorno agli alberi da fiore, animali d’ogni tipo si risvegliano e percorrono di nuovo il mondo condiviso con gli umani. Scolopendre o millepiedi, silenziosamente, strisciano fuori dai propri buchi. Gli orsi di Yellowstone, pigramente intorpiditi, ricominciano la lunga cerca di un cestino abbandonato. Le formiche finalmente, dopo l’esaurimento dell’accumulo dell’anno scorso, mettono la testa all’aria e si spandono, zampettano allegramente sopra il pavimento della tua cucina. Ma se quello che era “dentro” torna finalmente “fuori” ciò non sempre si applica a creature dalle folte, lunghe piume, che già stavano fra i flussi dei remoti venti, e dunque… La rondine (swallow) e il rondone (swift). Bestie differenti nelle dimensioni ma con almeno un punto in comune: entrambe vivono (quasi) perennemente in volo, battendo le lunghe ali a falce per raggiungere i momenti e movimenti della propria avventurosa vita. Quando bevono, dragando l’acqua con il becco, nello stile tipico di un Canadair, come quando mangiano, ghermendo insetti o ragni di passaggio, ben inquadrati con la vista acuta dei due grossi e scuri e tondi occhi. Uccelli come questi, che si posano soltanto presso il proprio nido, trascorrono la propria vita sempre in viaggio, grosso modo come i proverbiali marinai. Non per niente tra i rappresentanti della famiglia ritroviamo questa specie assai diffusa negli Stati Uniti: Chaetura pelagica dal termine in lingua greca pelagikos, che significa “del mare”. Definizione altamente poetica, questa, che tuttavia non poteva bastare per lo stile maggiormente descrittivo della lingua d’uso comune, che vorrebbe almeno un qualche tipo di vaga associazione tra la creatura e la sua vera, pura essenza. Perché rondoni  come questi, dopo tutto, non hanno un particolare tipo di rapporto con l’Oceano, alla maniera per esempio dei gabbiani. Ciò che amano, piuttosto, sono i lunghi fori verticali delle abitazioni, ciò che usiamo quando c’è da risucchiare il fumo. Canne fumarie, comignoli, ciminiere. Da cui il nome di rondone dei camini.
Tu, romano, certamente ben conosci la drammatica venuta dello storno comune, volatile gregario per sua massima eccellenza, l’augusto esecutore di straordinarie quanto mutevoli figure in pieno cielo, frutto degli spostamenti dai giardini della cibazione ai propri dormitori, sopra gli alberi e i canneti del centro città. E se non l’hai ancora visto, un simile spettacolo geometrico, sul periodo di rinascita della natura (primavera! Prima e vera!) Quanto meno noterai, con gioia incomparabile, il tappeto solido di guano che si estende dalla zona Prati fino a quel di Trastevere, dall’Eur alla Stazione Termini, tutt’altro che interrotto da presenze quali “veicoli” o “panchine”. Per chi abita in simili quartieri, chiaramente, l’occasione di assistere alle evoluzioni aeree dello S. Vulgaris non è che il preambolo di una lunga e tormentata saga stagionale. Ma lo sai, come si dice: il peggio non è mai morto. Immagina il plotone che si metta nella forma di un imbuto, quindi punti con precisione millimetrica verso un pertugio che conduce dritto dentro casa tua. Ecco, grosso modo, quello che è successo a James Akers, sfortunato abitante del Texas, protagonista della singolare circostanza qui rappresentata. C’è anche un secondo video, in cui ci si prepara alle prime battute dell’operazione Caccia-all’uccello-invasore.

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È un’esperienza che inizia a palesarsi nella sfera puramente auditiva: verso i mesi di febbraio e marzo, in quel d’America, può capitare di sentire un vago pigolìo proveniente dal pertugio del camino di casa. Poco udibile, tranne che in un caso: quando i pulcini, alla venuta puntuale dei propri genitori, chiamano per ricevere il cibo pronto alla condivisione. Si stima che, benché la cifra esatta sia soggetta a variazioni, un singolo nucleo familiare di questi rondoni possa consumare 5000-6000 insetti della grandezza di una mosca casalinga, incluse vespe, formiche e coleotteri nocivi per le piante. Quando si considera, dunque, l’abitudine a vivere in comunità di simili animali, è difficile rifiutarsi d’accogliere la loro venuta, soprattutto visto che nel 2010 la IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) li ha dichiarati a lieve rischio d’estinzione. Il problema principale della Chaetura pelagica, diversamente da ciò che si potrebbe pensare, non è la classica riduzione dell’habitat naturale. Anzi, è probabile che dalla colonizzazione delle Americhe, con conseguente diffusione dello stile architettonico europeo, la sua popolazione si sia potuta giovare di un numero radicalmente maggiore di possibili collocazioni per il nido, ciascuna gentilmente fornita da un abitante dotato di tradizionale focolaio domestico, ovvero la ben più pratica evoluzione del vecchio albero cavo.
Ma un rondone che si ritrovi a contatto con forti venti o altri eventi meteorologici inaspettati, in effetti, non ha altra scelta che volare basso. Alla portata, egualmente perigliosa, d’autoveicoli di passaggio o uno dei suoi predatori naturali: il falco, il gufo, gli altri rapaci americani. Sempre più puntualmente, feroci tempeste battono le vaste pianure del Wyoming e dell’Illinois. Vogliamo dare la colpa ai soliti mutamenti climatici del nostro povero, bistrattato pianeta? Non si sa. Però è certo che il rondone dei camini abbia visto un’improvvisa riduzione della popolazione complessiva negli ultimi anni, comunque ancora ben al di sopra dei 15 milioni d’esemplari.

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L’uccello, come gli altri appartenenti alla sua famiglia degli Apodidae, ha zampe corte che non gli permettono di appollaiarsi facilmente su di un trespolo naturale, vedi ad esempio un ramo. Ciò che preferisce fare, dunque, è aggrapparsi saldamente con tutti e tre gli artigli, di cui anche l’ultimo, cosa inusuale, è articolato, in maniera comparabile al pollice degli umani. Non è affatto insolito che i rondoni vengano scambiati per dei pipistrelli, mentre pendono a testa in giù da qualche grondaia o tegola del proprio tetto, finché un giorno, all’improvviso, non si odono i caratteristici rumori che producono, come un singolo cinguettio, ma prolungato e connotato da brusche accelerazioni. Ma questo non è il suo unico suono: quando minacciato, il rondone fa battere le lunghe ali contro il corpo, producendo un suono ripetuto che dovrebbe spaventare i predatori. Più di un nido di rondone della genìa più prettamente rurale, preso d’assalto da scoiattoli o procioni, è stato salvato da una simile tattica evolutiva. Mentre gli appartenenti a questa specie che hanno scelto, o si sono ritrovati a condurre, una vita più orientata alla metà domestica del mondo, non soffrono di questi rischi, bensì d’altri totalmente differenti. Negli Stati Uniti, chi abbia la (s)fortuna di ritrovarsi simili inquilini del camino, per legge è tenuto a sopportarli e se possibile, non disturbarli eccessivamente. Non è difficile immaginare l’effetto che potrebbe avere un’incauta accensione del fuoco, con conseguente aspersione di fuliggine sull’intera famigliola, con i piccoli ancora impreparati a trarsi in salvo.
Anche per questo, sarebbe buona norma prevenire un simile contatto potenzialmente problematico, con il semplice espediente di un comignolo fornito di rete metallica. Il classico sportello sopra il focolare, manovrato con leva o catenella, non è invece sufficiente, perché gli uccelli potrebbero cadervi sopra, non riuscendo quindi più a spiccare il volo.
Tattiche alternative, ma senz’altro più onerose, includono la costruzione di vere e proprie torri artificiali, che teoricamente l’uccello dovrebbe trovare più invitanti del camino vero. Una curiosa applicazione biologica del principio del parafulmine! Fin dal 1915, esiste almeno l’esempio dell’ornitologa autodidatta Althea Sherman dello Iowa, che per 15 anni osservò con successo i molti inquilini di una tale costruzione in legno, compilando un trattato lungo 400 pagine sulle abitudini dei suoi beniamini. Oggi, opere come queste ci permettono di comprendere ed apprezzare maggiormente i lati positivi che accomunano gli uccelli dei diversi continenti. Inclusi gli storni, che sbiancano le strade romane a primavera.

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