Annibale coi suoi elefanti gialli, affaticato lungo ripide salite della Val d’Isère. Stranamente, poco lo descrissero gli storici dell’epoca, Polibio e Livio, che invece fin troppo a lungo avevano parlato del precedente guado, presso quel Rodano ove i pachidermi d’Africa guadavano “camminando sul fondale” usando “le proboscidi per respirare”. Chiaramente, gli antichi non avevano competenze troppo dettagliate in merito alla biologia di bestie tanto fuori dalla loro quotidianità. Ma ben capivano una cosa, per lo meno grazie all’inferenza: dove passa il primo, dopo passa tutto il resto. È il princìpio e lo spirito del branco, lo schema geometrico della colonna. Tanto naturale, proprio perché prevede un’accurata gerarchia, la fila capeggiata da un porta vessilli con le orecchie a vela, seguito dai pavidi attaccati per le code, chiusa dai più forti d’animo e i convinti della strada da seguire. Proprio perché, altrimenti, l’ultimo…Finirebbe per tornare indietro? Possibile, probabile. Non a caso. tutto questo vale pure per il treno.
Esistono almeno tre classi di locomotiva, suddivise in base all’energia che guida il movimento: a vapore, a carburante, elettrica. Ma il vagone, quello invece resta sempre inerte. Il che significa che non puoi inoltrarti su sentieri consumati o variabilmente inesistenti, come fatto dalle armate partite da Cartagine attorno al remoto 200 a.C, giacché ti mancherebbero le molte doppie coppie di zampe, grandi e forti, utili a portare innanzi tutta quella massa, il peso e le alte schiene grige cariche di armigeri in tenuta da battaglia. O un mega ristorante su ruote, qualche dozzina di scompartimenti e pure un paio di WC, come si usa ai nostri tempi più civilizzati. Occorre dunque che qualcuno si preoccupi di osservar le problematiche ed intervenire, quando necessario, con modalità appropriate e tempestive. Quel qualcuno ad oggi, nel qui citato caso delle Alpi, è per l’appunto la Swietelsky, compagnia di costruzioni con sede a Linz, capoluogo dello stato federato dell’Alta Austria. Strano a dirsi, o forse niente affatto tale, è ritrovarci da europei sopra la media tecnologica della rimessa in opera di vecchie ferrovie, quando basta rivolgere lo sguardo ad Occidente, oltre l’Atlantico, per riandare con la mente all’epoca del Far West, a margine di cui la cinematografia di genere ci ha sempre raccontato dei pionieri coraggiosi, con martello e chiodi sulle traversine, che fecero delle vaste Americhe un fazzoletto, unendo una costa all’altra di quel vasto continente. Tanto che le ferrovie statunitensi, a partire dal 1883, dovettero unificare il proprio fuso orario, nonostante l’ombra naturale data dalla rotazione della Terra; ma un conto, questo va pur detto, è collegare gli ampi deserti alle vaste pianure (non che sia facile). Tutt’altro e fare il valico che fu la dannazione delle armate più potenti! Un’impresa che sarebbe ardua addirittura ai nostri giorni, se non fosse per l’aiuto tecnologico di macchine come questa.
La RU 800 S non è che uno dei molti capolavori ingegneristici della Plasser & Theurer, leader mondiale nella produzione dei treni rinnovatori, l’unico veicolo che non consuma le sue strade, ma le ricrea.
Non si tratta esattamente di un robot, benché ci vada vicino in certe sue componenti, né di un potente quanto semplicistico schiacciasassi. Molti sono, in effetti, i vantaggi alla viabilità portati dalla rivoluzione automobilistica, grazie alla quale (quasi) ciascuno di noi è fornito del proprio veicolo personale, ma tra questi non sussiste alcuna semplificazione dei percorsi. Anzi! Creare una strada a multiple corsie, con lampioni, caselli, segnaletica…È un’impresa comparabilmente molto ostica, al confronto con la semplice preparazione di un percorso ferroviario, l’assoluta semplificazione. Due paia di profilati in acciaio per ciascuna direzione, tenuti assieme dalle traversine rilevanti.
E sono queste ultime, soprattutto, a costituire la ragione delle opere portate avanti dalla Swietelsky e la P&T. Perché purtroppo l’usanza voleva, fino alla metà del secolo scorso, che i tratti d’unione tra i due lunghi componenti di metallo fossero prodotti in legno di faggio, quercia, rovere o pino. Tutti materiali con un’ottima resistenza strutturale, ma un problema impossibile da sormontare: la loro tendenza a marcire per l’effetto delle precipitazioni naturali, prima o poi. Così, prima del risolutivo passaggio della RU 800 S, una squadra di specialisti deve occuparsi di separare le traversine dal resto della ferrovia, affinché possano essere raccolte automaticamente grazie all’uso di un sistema apposito nel treno. Nel contempo, o per meglio dire subito dopo, un secondo macchinario nel corpo centrale si occuperà di deporre ad intervalli regolari gli ottimi sostituti fatti di più moderno e duraturo cemento. Anche i nuovi binari di metallo, disposti ai lati di quelli vecchi e arrugginiti, verranno sostituiti grazie all’impiego di un sistema di rulli. Operazione utile, tra l’altro, ad un’immediato incremento dei limiti di velocità per i treni successivi. Tra gli spettacoli da non perdere, l’operoso avanti-indietro del cosiddetto portale (o gantry) il sistema motorizzato in grado di prelevare le nuove traversine dai vagoni retrostanti. Praticamente, un vero e proprio mini-treno che cammina sopra quello grande. Assolutamente straordinario.
L’entusiasmo diffuso che sta suscitando l’improvvisa diffusione del video sulla RU 800 S, ad ogni modo, prescinde in parte da tutto il lavoro che viene effettuato prima e dopo il suo passaggio. Ovvero sembra, incredibilmente ed improbabilmente, che un simile mezzo possa in effetti approntare l’intero sistema per far procedere adeguatamente i treni, senza l’impiego di di qualsivoglia macchina ulteriore. Ciò è soltanto in parte vero.
Guardando i precedenti video della P&T, si apprende anche dell’importanza della massicciata, ovvero il letto artificiale che nei fatti sostiene, ed àncora, la ferrovia stessa al ripido suolo delle Alpi. Le normative correnti ritengono infatti opportuno, e con ottime ragioni, che il fondo della stessa sia poggiante su di un apposita lamina di materiale definita in gergo textile (tessuto) che va srotolata solo successivamente ad una quasi totale rimozione del ballast (il pietrisco) la pulitura di quest’ultimo e l’integrazione con ausili chimici alla permeabilità. Se l’acqua filtrasse sotto gli strati superiori, infatti, le conseguenze a lungo termine sarebbero nefaste. Non vorremo mica ritornare da capo dopo neanche un paio d’anni, giusto? Per l’appunto, c’è un altro treno che si occupa proprio di questo, grazie all’impiego di speciali nastri trasportatori, una sorta di aspirapolvere e martelli per battere e compattare suolo restaurato. Al passaggio della macchina più grande, quindi, che può essere quella mostrata precedentemente o un’altra similare, ci si ritrova con i binari apparentemente pronti all’uso, ma non ancora assicurati adeguatamente alle traversine di cemento. Di questo si occuperà un dispositivo, anch’esso semovente, detto pandolatrice, fornito di una sorta di avvitatore per chiudere i pandrol, gli eredi dei vecchi chiavardini. Le sezioni separate della strada ferrata, inoltre, verranno saldate tra di loro, grazie all’uso di un’imponente saldatrice a scintillio.
L’operazione di rinnovare una ferrovia risulta, nei fatti, più complessa della sua originaria messa in opera, direttamente sui verdi prati d’Europa. Ciò non soltanto perché occorre compiere il passaggio della rimozione dei vecchi componenti, ma anche perché occorre effettuare l’opera in tempi piuttosto brevi, pena grosse perdite economiche per tutte le parti coinvolte, inclusa la popolazione. C’è inoltre la problematica, tutt’altro che indifferente, di gestire curve o gradienti che non erano stati approntati con alcuna considerazione per macchine gigantesche come quelle della P&T, perché semplicemente inesistenti fino a una ventina di anni fa. Ciò potrebbe indurre, se vogliamo, un certo senso di preoccupazione per il futuro delle nostre ormai primarie infrastrutture dei trasporti: non è del tutto inconcepibile, con il procedere dei secoli, che si giunga a un punto di complessità tale da non poter disporre dei mezzi utili a contrastare l’inarrestabile avanzata dell’usura. Si può soltanto fare affidamento sull’incedere parallelo dei sistemi tecnologici di supporto, oltre all’opera di buona lena di burocrati e governanti. Dopo tutto all’Imperium dei nostri predecessori non è andata…Tanto male. Giusto?