L’elettricista che scala le torri radio americane

1500 TV Tower

L’ultima lampadina ancora accesa a questo mondo non sarà quella del bagno di una scuola, sconquassata dalla rabbia degli zombie sotterranei. Difficilmente potrà essere quella di un lampione, parte della realtà civile che l’onda anomala terremotata ha messo sotto un lattice d’H2O. Né quella contenuta nella luminaria sopra il nostro comodino, rovinata assieme a tutto il resto quando l’esplosione del gasdotto ha divampato, coinvolgendo nella furia del suo spostamento d’aria mura, suppellettili e persone. Esiste solamente una fonte di luce che possa dirsi veramente suprema, irraggiungibile, al di sopra di ogni possibile danneggiamento tranne il tempo che trascorre o gli uragani: il grande bulbo, enorme frutto ribaltato (perché pende verso il cielo) dell’avviso stroboscopico a vantaggio dei moderni naviganti, coloro che solcano l’ultima delle frontiere. Un rombo, un lampo, scie di fumo e di vapore; è un aeroplano, quello! Che…Pare puntare dritto, guarda tu che strana coincidenza, sulla vecchia torre della KDLT-TV, svettante sopra le campagne di Salem, Massachussets, laddove streghe si spostavano fluttuando con le scope (antesignane di Harry Potter, nulla di strano) e i padri pellegrini, tanto tempo prima, gettavano le basi dei futuri Stati Uniti. E di certo non avevano dei simili problemi: un albero di ferro, alto circa 450 metri, che la notte potrebbe pure essere di vetro, tanto è arduo da trovare, misurare, attentamente riconsiderare. Il che è soprattutto un problema, nell’occasionale incipienza dell’evento più temuto, ma pur sempre plausibile allo sguardo della mente: si esaurisce il filamento, cessa l’emanazione dei fotoni rilevanti. E allora chi ci andrà, fin lassù, per salvare le ali di un destino sfortunato?
C’è un uomo, almeno. Ce ne sono molti, naturalmente, ma questa in particolare è l’avventura funanbolica di Kevin Schmidt della Sioux Falls Tower and Communications, azienda che si occupa primariamente, per l’appunto, di sostituire lampadine. Di vario tipo: da quelle classiche col filamento a bassa tensione, pensate per ridurre i problematici interventi d’alta quota, agli avveniristici impianti con LED stroboscopici, che cambiano colore e fasi dell’intermittenza, per infastidire maggiormente l’occhio del pilota. Il che è naturalmente assai gradito, vista la temuta alternativa. Così eccolo mentre s’inerpica, in un video molto popolare già dallo scorso Novembre, sulla cima della citata meraviglia dell’ingegneria a vantaggio delle telecomunicazioni, fino alla punta remota della sua eminenza, ove risiede, o per meglio dire risiedeva, la fonte elettrica dell’irrinunciabile visibilità. Con lui, ad accompagnarlo da lontano, l’amico e collega Todd Thorin, o per meglio dire il drone da costui pilotato, l’ormai consueto quadricottero fornito di telecamera in alta definizione. In un approccio registico stranamente innovativo: nel tripudio di riprese da vertigine che s’affolano sui lidi di YouTube, la scelta generalmente preferita è infatti quella della telecamera sul casco, forse per meglio trasmettere allo spettatore il senso di precarietà che tendono a restituire simili frangenti d’alta quota. Mentre si capisce subito, osservando l’opera dei due tecnici specializzati, come l’impiego di una soluzione alternativa porti non soltanto a grossi meriti visuali, ma pure un diabolico ed ingente aumento della suspense di contesto.

Così sospeso in mezzo la grande nulla, con la grossa borsa al seguito, Schmidt raggiunge faticosamente l’alta cima della torre. Ci sono voluti, a quanto racconta a John Hult della testata Argus Leader, ben due ore di tribolazion in quella che era fortunatamente un’ottima giornata, priva di pericolose distrazioni dalla genesi climatica imprevista. Non che questo possa effettivamente fermare i coraggiosi operatori della Sioux, visto come, e lo racconta nella sua breve intervista, il protagonista abbia scalato vette simili anche in presenza di venti che raggiungevano “…Le 60 miglia orarie” (quasi 100 Km/h). E tanto meglio per i proprietari delle torri, i piloti e i padri fondatori dell’antico Massachussets! Che di certo, dalla remota distanza dei secoli trascorsi, si saranno congratulati con loro stessi, per aver dato i natali ad una tanto splendida costituzione secondo cui: ogni uomo ha diritto alla Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità; anche se quest’ultima dovesse trovarsi tanto lontana, tra le nubi che nascondono per la musica, le immagini ed il suono.

Jackson Tower Demolition
Anche i giganti, talvolta dopo un lungo ed onorevole servizio, raggiungono l’età del catastrofico pensionamento. Ecco un altra scena ripresa dal drone di Todd Thorin durante le operazioni della Sioux Falls Tower and Communications: la demolizione della grande antenna di Jackson, Minnesota (risalente al 1953). È bastato, per procedere, tagliare qualche cavo.

Esistono essenzialmente due tipi d’antenne a lungo raggio per la radio-trasmissione, che in lingua italiana vengono entrambi generalizzati come “torre”. Il primo è quello in rigido cemento armato,  in grado di restare in piedi per la sua stessa forza architettonica, rigido ed immoto, generalmente più costoso. Nella sua definizione linguistica ci troviamo letteralmente d’accordo con gli anglofoni d’oltreoceano. Però a tale tower, anglisticamente parlando, occorre contrapporre il mast, una struttura la cui definizione da dizionario corrisponde a quella dell’albero di un vecchio veliero, ovvero un qualcosa di irto ed insussitente al tempo stesso, magro eppure resistente. L’antenna in quanto tale, ciò che riceve o trasmette un segnale radio, non ha un peso specifico particolarmente ingente. L’unico problema è che deve essere posta in alto, sopra i tetti dei palazzi e poi possibilmente, anche le cime dei vicini colli e altri rilievi del paesaggio. Così fin dalla nascita di questo ambito dell’ingegneria si è tentato d’impiegare, quando possibile, questa soluzione che è poi quella dimostrata dai video del drone della Sioux FTC: un’alta struttura in reticolato o tubolare d’acciaio, mantenuta stabile da una serie di cavi di sostegno, più forti del vento e delle oscillazioni armoniche della sua configurazione. Questi lunghi filamenti li ricorderete, forse, dalla loro presenza nella maggior parte dei videogiochi free-roaming più recenti, nei quali si trasformano in comode zip-line (cime di scivolamento) da usarsi dopo la scalata, esattamente come gli improbabili covoni della serie Assassin’s Creed.
Assicurare adeguatamente una struttura come quella della torre di Salem, naturalmente, presuppone la disponibilità di un ampio appezzamento di terreno, e per questo le antenne della tipologia mast trovano collocazione nelle campagne, mentre l’alternativa in cemento è più impiegata nei contesti cittadini. Esistono, naturalmente, le eccezioni: nella città di Tokyo si trova sia la tower più alta del mondo (lo Sky Tree) che una particolare variante rossa e bianca del tipo a mast (la celebre T. Tower, tanto amata dai mangaka per le scene del combattimento finale tra iper-ninja mistici e/o similari) per la quale la forma graziosamente rastremata, in pieno stile Eiffel, riesce a fare le veci dei soprasseduti cavi di sostegno.
Ma non importa che tu stia volando sopra le campagne o i vasti campi di cemento, vetro e plastica, sia notte o giorno, America o Giappone: se vedi quella luce, ricorderai immediatamente che significa. E magari finalmente, da oggi e fino all’ultimo dei voli, farai un grazie a chi ti ha consentito di virare. Il tecnico che fluttua senza ali, né paracadute!

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