La marcia nevrotica del pappagallo

Crazy Cockatoo

La vita è fatta di momenti e un susseguirsi di diverse situazioni, l’una interconnessa all’altra, ciascuna frutto delle circostanze. Ce ne sono di semplici e ripetitive: il risveglio mattutino, l’ora di pranzo, spegnere la lampada sul comodino. Comparabilmente, esistono di certo le eccezioni che per loro imprescindibile natura, tanto spesso, tendono a manifestarsi sulla base delle interazioni tra le parti: guarda! Siamo sul princìpio di una sera come le altre. Stanco per l’interminabile giornata, infastidito dalle alternative offerte dalla macchina dell’intrattenimento (Internet l’hai già guardata, la TV da tempo ormai ti annoia) ti dirigi barcollando verso il morbido del materasso, la piumògena presenza della casa, unica forma di riscossa dall’incedere delle ore senza luce. Quand’ecco palesarsi, senza nessun tipo di preavviso, un suono disarmonico e piuttosto preoccupante. Pare il rotolare di una palla di metallo con dentro un criceto fatto di silicio. Ma in un certo senso, ricorda più che altro la ritmata vibrazione di un centesimo di dollaro, appoggiato lievemente sopra il ghiaccio secco, che si agita per la mancanza di una superficie definita. Soprattutto, cosa preoccupante, sembra farsi sempre più vicino. Mentre apri la porta dell’androne per accendere la luce rilevante, la cacofonia comincia a farsi più ordinata. Si individuano i fonémi, un susseguirsi di sillabiche eminenze, ostiche potenze, teoriche sostanze che si agitano sopra il margine della significanza. Sono…Vado…Dico…Una parola dopo l’altra, la creatura si presenta e poi racconta la sua storia. Ma non c’è davvero di che preoccuparsi. Nessun pericolo che alberga nella notte, niente alieni che percorrono quel corridoio. È “soltanto” il pappagallo. Come, quale pappagallo? Casa tua, roba tua. Non è colpa nostra, se ti sei scordato di aver preso un cacatua.
E che splendida, meravigliosa ed ottimerrima fra le idee! Non c’è lubrificante maggiormente funzionale, per il meccanismo orologistico del tempo senza un senso, che un compagno non-umano da accudire. È soltanto l’interrelazione tra le cose molto differenti, il tuo vivere tranquillo e l’occhio tondo del pennuto che ti scruta e parla nel contempo, a poter tappare il buco dell’entropica avanzata dei minuti. Basta ripetizioni, via le distrazioni. Soltanto un trespolo, due gallette e lui con te, per sempre uniti, nell’ottima giornata e nell’inquietante notte, parimenti necessaria. Stranamente il video manca di contesto (molti suggeriscono si tratti di un repost) ma è piuttosto chiaro, in effetti, quale sia il motivo di una simile e tremenda eccitazione. Nessuno, eppure tutti, al tempo stesso. Il tipico cacatua, uccello originario dell’area australiana-indonesiana, costituisce uno degli animali domestici più complicati da gestire, eppure stranamente rinomato e assai diffuso. Stiamo parlando di un essere tutt’altro che addomesticato, nella maniera tipologica del cane o gatto, ma che piuttosto resta legato ai suoi padroni soprattutto per il filo tenue dell’affetto proveniente dal bisogno. Qualche volte, persino usando la simbolica e comune catenella. Siamo insieme, volenti o nolenti… Tanto vale, trarre il massimo da questa situazione? Però, dopo tanti “Polly vuole cracker” giunge infine l’attimo della riscossa…

Angry Cockatoo
Con il cacatua non puoi scherzare, come dimostrato dall’utente Nowledge, che tenta per l’ennesima volta di fare amicizia con l’uccello della madre che “ha già mangiato un pezzo d’orecchio a mio fratello” Fortunatamente, un intervento salvifico risolverà la situazione.

Il cacatua, come specie, richiede una costante interazione col padrone umano. Il suo cervello sofisticato e capace di creare un certo grado di astrazione, se lasciato a se stesso, inizia ad accumulare lo stress, fino al sopraggiungere di uno stato di perenne nervosismo. In poche parole, la noia porta all’aggressività; e molto spesso, non c’è neanche bisogno di aspettare quello! Simili uccelli, in natura, restano legati indissolubilmente a un singolo/a compagno/a, che nel contesto domestico, trovano nella persona prediletta. Da quel momento, chiunque si avvicini a tale venerando individuo, farà bene a stare attento al becco ricurvo del suo sorvegliante… Non per niente l’intelligenza dei papagalli, e in particolare degli Psittacoidea (contrapposti agli Strigopoidea della Nuova Zelanda) è largamente enfatizzata dall’opinione comune. Questi uccelli tropicali, tanto caratteristici e variopinti, sono spesso paragonati ai merli e ai corvi, per la capacità di comprendere una situazione, usare strumenti a proprio vantaggio e assai notoriamente, addirittura facilmente, ricreare il fenomeno auditivo della voce umana. Non è davvero chiaro perché allo stato selvatico dovrebbero mai farlo: riconoscersi tra loro, spaventare i predatori, mantenere la coesione dello stormo? Per loro, in effetti, un dialogo non che un altro tipo di rumore. Però attentamente memorizzato ed armonicamente ineccepibile, affinché si possa riprodurre con il giusto grado di accurata fedeltà. Forse è proprio questa, in fin dei conti, l’arte di essere un sincero pappagallo.

Happy Cockatiel

E Internet sa esserne un possente testimone. Abbondano le straordinarie registrazioni di preziose convivenze, tra chi ha scelto questo vivere difficile del farsi amico degli uccelli, e loro, i maestri della cacofonia perfettamente controllata. È difficile non restare colpiti da una tale grazia innata e dall’equilibrio di tante piccole zampette saltellanti, i becchi lievemente aperti che si lanciano in corposi e melodiosi trilli di esultanza incontrollata. Negli ultimi giorni sta girando, tanto per fare un altro esempio, questa deliziosa scena con Aussie la calopsitta (R.I.P. Aussie, recita l’impietosa descrizione) versione più piccola del candido psicopatico di cui sopra, che effettua la danza della pioggia attorno a una tazzina di caffè.
La ragione che l’attrae è probabilmente del tipo puramente auditivo: il rimo libero del cucchiaino che urta le pareti di ceramica, producendo un suono tanto simile al richiamo di quel mondo alato, che lui/lei ricorda nelle cellule mitocondriali ricevute dall’evoluzione, pure se in seguito alla nascita in cattività. Ma l’interpretazione che siamo chiamati a darne è inevitabilmente conviviale: il pappagallo gioisce del momento tanto umano, di mescere quel fluido profumato dalla caffettiera e dopo mescolarlo, rumorosamente. Lui non lo berrà, però è felice. Semplicemente perché la sua padrona, è felice. E se non impreca in aramaico antico mentre corre per la casa verso il sopraggiungere del vespro, tanto meglio. Avrà un doppio cracker-premio col vangelo, domattina.

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