È un sogno, la delizia dell’apicultore. L’alveare perfetto (per gli umani) capace di svolgere la sua mansione (per gli umani) con efficienza quasi sovrannaturale. Sembra quasi la manifestazione fisica di un’infantile generalizzazione: il miele viene dalle api, giusto? Si ma come, esattamente? Sovvien l’immagine, fin troppo nota nei cartoons, di un qualche bucolico e bizzarro personaggio, preso da una sete del coltivatore, che si attacca alla mammella di una mucca come fosse un rubinetto. E allora, bzzta esitazioni: ce l’ha insegnato Winnie detto il Pooh, l’orsetto che s’incastra dentro al cavo dei ronzanti tronchi pieni d’imenotteri: se infili la tua mano dentro quella “cosa”, inevitabilmente torna appiccicosa, oltre che sforacchiata da dozzine di crudeli pungiglioni. Il che è la prova, chiaramente, che l’interno di una casa-per-api è totalmente colmo nonché grondante dell’impareggiabile sostanza, il giallo che addolcisce le giornate ed il caffé. Ciò che serve, dunque, è solamente semplificazione degli approcci rilevanti. Viviamo nell’epoca in cui tutto ciò che un tempo era difficile da fare, con il proseguir dei giorni, si trasforma progressivamente in un soave fare quotidiano. Non ci serve, più: conoscere le strade cittadine, saper disegnare con riga e squadra, far di conto (grazie, cellulare!) Addirittura le proverbiali rose, in quel di Valentino, son rimaste senza spine. Quando, ingiustizia! Per cospirazione di categoria, ci viene detto che “l’ape punge, esattamente come la vespa” e “occorre essere prudenti”. Mere limitazioni di contesto ed ecco qui la Vs. risposta ad una simile domanda: FLOW™Hive, l’alveare alla spina. Si, nel senso che esattamente come un barilotto di birra della tradizione, questa approssimazione a misura d’insetti della baita intramontana sarà fornita di una cannula che sporge seducente, sotto la quale mettere un bicchiere. Ed attivando un semplice comando, meraviglia delle meraviglie, libererà l’aroma dolce di quel fluido beneamato. Come…Funziona, tutto ciò? È una domanda niente affatto facile da ponderare, in effetti.
Come si apprende visitando il sito ufficiale del progetto, questo ultimo esponente della CAPitaliZZazione stile marketing del nuovo-secolo non stato ancora immesso sul mercato di settore. Né presentato al pubblico, se non attraverso questo breve video idealizzato, il tipico prologo di una campagna di crowdfunding e ti pareva! Viviamo in un’epoca commercialmente strana. Ecco un’azienda giovane, anzi neonata, con in mano il fulmine nella bottiglia, una tecnologia così tremendamente nuova e rivoluzionaria da poter cambiare il senso stesso di un mestiere vecchio quanto il mondo (honey, mica l’altro) eppure evita di ricercare direttamente il nettare vivificatore del concetto stesso di un business in quanto tale: i finanziatori. O forse non si preoccupa neanche di farlo e questo è veramente, innegabilmente, futurologicamente molto bello. In un’utopia perfetta, in linea di principio non lontana, sarà lo stesso grande pubblico, offrendo in anticipo i suoi soldi per le idee migliori, a guidare la strada prediletta del progresso. E il metodo istantaneo di produrre un alimento così salutare e appetitoso (rarissima combinazione) rientra chiaramente nella classe dei prodotti più utili alla società. Ma dopo tanti sogni e promesse infranti, vedi alcune delusioni passate ed innegabili del maxi-portale Kickstarter, ormai tristemente note a tutti quanti, il dubbio è sempre lecito e persino doveroso. Soprattutto quando in ballo c’è una sfida tanto grande e significativa!
Cominciamo dall’elefante nella stanza, anzi il curculionide sul fiore: come è in effetti fatta una dispensa per le api. L’interno dell’alveare naturale, come ampiamente ritratto nei libri di scienze per bambini, non è liscio e totalmente cavo, bensì ricoperto di un’eccezionale susseguirsi di cellette ottagonali fatte di una secrezione simile alla cera. Queste sono dette, collettivamente, il favo. Ora, naturalmente le api costruiscono con sempiterna ripetizione di quel modulo, perfettamente iscritto nella loro memoria genetica mai sorpassata. E tali spazi, tutti geometricamente uguali, svolgono a seconda del bisogno la funzione di mobilia, nurseries, contenitori…. Sono tanto spesso, neanche a dirlo, interamente ricolmi della desiderabile sostanza usata per il nutrimento della collettività, questa saporita unione del nettare dei fiori e della melata, ovvero gli escrementi degli insetti che si nutrono di linfa delle piante, così sapientemente raccolti dalle api e da noi felicemente consumati, assieme a tutto il resto (non è nemmeno il peggio che facciamo). Tale struttura di contenimento è anch’essa, almeno in teoria, per noi commestibile ma certamente tutt’altro che gustosa e soddisfacente, nonché inscindibile dal miele stesso, al punto che le due sostanze, a conti fatti, non esistono mai l’una senza l’altra; fatto estremamente rilevante, una volta riempita ciascuna celletta, questa viene saldamente chiusa con la cera, affinché l’aroma non si diffonda nell’aria richiamando l’attacco di un qualche predatore. Il procedimento di apertura e separazione della parte buona da quella per così dire cattiva, fino ad oggi, è stato effettuato mediante l’applicazione della tecnica della disopercolatura, che può essere di due tipologie. Secondo l’approccio manuale, essenzialmente ci si limita passare un coltello sulla superficie del favo, scoperchiandolo e versando fuori il contenuto. Alternativamente si usa una sorta di centrifuga automatica, che trita tutto l’insieme e successivamente filtra il succo dalla polvere cerosa, pur sempre utile a far le candele. Simili passaggi, ad ogni modo, non solo richiedono una preparazione tecnica ulteriore, ma incidono notevolmente sui costi del miele, rallentandone altresì la produzione. Pensate all’industria della melassa o dello sciroppo d’acero, ed a quello che deve aver costituito per gli operatori del settore la rivelazione che poteva bastare l’inserimento di una cannula speciale nel tronco, con un recipiente messo sotto durante l’interezza dei mesi primaverili ed estivi, per estrarre senza faticare il succo tanto grandemente ricercato! Di certo, si facilitò il lavoro di chi doveva faticosamente percorrere l’intero arboreto, raschiando via laboriosamente quel pcoo che trovava sopra ciascun tronco.
Ed è questo, sostanzialmente, il nesso del dispositivo FLOW™Hive: la semplificazione radicale di un procedimento molto antico, che inoltre rende meno stressante la vita naturale degli insetti. I quali non dovranno più sottostare alla periodica esperienza di vedersi sottrarre un’intera pezzo della loro casa proprio sotto le vibranti antenne, ma soltanto continuare a produrre, come Penelope con la sua tela. Sul come funzionerà esattamente lo splendido prodotto, esiste al momento solo una breve descrizione attentamente brevettata: “La nostra struttura consiste di un favo artificiale completato solo in parte, che le api riempiono di miele e dopo chiudono, come di consueto. A quel punto il rilascio di un meccanismo rende discontinua la parete fra le celle, lasciando scivolare fuori il miele.” Praticamente, il furto perfetto! Attendiamo con ansia nuove rivelazioni, in occasione dell’apertura della campagna di crowdfunding, prevista per la fine del mese di Febbraio.