Se qualcuno puntasse un visore termico verso quel capannone niente affatto diverso dagli altri della Cina rurale, laggiù nella campagna di Liaoning, rivelerebbe una macchia di calore vasta e variegata, con due poli gelidi alle estremità. Come denti fiammeggianti, o arcane merlature, osserverebbe un susseguirsi di scatole rettangolari, ciascuna posta in batteria con le sue simili, per una schiera dopo l’altra di ingombranti macchinari. Difficile chiamarli, semplicemente, dei computer. O normali server. Almeno nell’accezione più moderna del termine, che prevede un certo grado di funzioni e versatilità. Questi attrezzi astrusi, raffreddati senza l’uso di un condizionatore ma soltanto con pareti intere trasformate in delle impressionanti ventole giganti, assomigliano piuttosto a delle bestie. Usate per produrre i loro doni, alla maniera delle mucche, anatre in batteria o di un tremendo alveare d’api tranquillamente ronzanti, seppur pericolose da toccare. Ciascuna di queste scatole nere è unicamente un massiccio conglomerato, in effetti, di ASIC (Application specific integrated circuit) processori concepiti per svolgere quell’unica funzione, con furia estrema e ripetuta, fino al giorno non lontano della fine della loro esistenza. Ciò che ne risulta, è un’ondata senza fine di calore. E soldi, questo va se. Altrimenti chi la paga, la bolletta…
Il concetto stesso del denaro è un’astrazione dalla genesi tutt’altro che apparente. Da principio, c’era un pozzo senza l’argano, nell’esatto punto al centro del villaggio dell’umanità. Sopra di esso, appeso ad una lunga corda lì gettata, un grosso secchio di metallo del peso, grossomodo, di 15 Kg. Possiamo considerare un simile apparato, a scopo puramente metaforico: la fonte da cui attingere, ciascuno dopo l’altro, per raggiungere lo stato di una sussistenza dignitosa, solo e unicamente grazie alla fatica dell’individuo. Non si può quantificare lo sforzo fisico necessario a sollevare un carico, per lo meno in una forma che sia meno che arbitraria. Né metterlo da parte, per usarlo nei momenti o nei periodi del bisogno, come al sopraggiungere della vecchiaia, quando 15 o 200 Kg, da immergersi a parecchi metri sotto il suolo, non fanno alcuna differenza: il troppo tale resta e tanto vale non illudersi. In principio c’era solo la famiglia. Un nucleo di persone deputate da legami non quantificabili, disposte e deputate ad aiutarsi. Fin dall’epoca preistorica, dunque, poteva bastare un singolo individuo, o gruppo di individui giovani e prestanti, per ciascuna schiatta, clan, tribù o stirpe, perché tutti o quasi potessero suggere la soave limpidezza, e depurarsi e dissetarsi quanto necessario.
Però immaginate, tanto per fare un’ipotesi, di essere sperduti con gli altri passeggeri di un volo precipitato presso un’oasi, nel centro esatto del deserto, per un tempo esatto di due settimane. Tutti esimi sconosciuti. E che l’unica speranza di raggiungerne la fine sia poter immergere, ed estrarre nuovamente, tale mestolo salvifico e pesante, così terribilmente pesante. Ora, tra i vostri compagni esisteranno due categorie: tutti coloro che sapranno procurarsi l’acqua e invece gli altri, troppo poco in forma per poter provvedere a se stessi…
Ora, perché l’analogia funzioni, è necessario introdurre l’illusione o il meccanismo artificiale della scarsità. Diciamo che nessuno conosca l’effettiva quantità d’acqua a disposizione nel pozzo, oppure che per ciascuna estrazione della stessa, sia necessario ritirarsi a riposare all’ombra per un tempo pari 2 ore, diminuendo il tempo a disposizione per tentare di raccogliere la legna per il fuoco. Il sistema, inoltre, perché possa servire ai nostri scopi, dovrà essere chiuso: nessuna promessa di ricompense future verrà accolta dai propri compagni di sventura. Il che non è del tutto impossibile né inimmaginabile, in una situazione di acclarata e prolungata emergenza, quando la consapevolezza della propria mortalità riesce a cancellare ogni proposito di arricchimento. Ecco, quindi, la domanda: come garantire l’effettiva sopravvivenza di tutti gli appartenenti alla propria sfortunata specie (naufrago assetato nel deserto)? C’erano, e ci sono, molte soluzioni. Ma tutte passano per lo stesso e identico portale: mutua assistenza. Il forte deve aiutare il debole, che a sua volta, in qualche modo, tenterà di restituire il favore. In un’effettiva situazione di breve durata, come nell’ipotesi delle due settimane, potrà bastare chiaramente la fiducia nella Provvidenza: “Tanto ci salveranno presto, giusto?” Immaginiamo pure, tuttavia, uno stato di sopravvivenza in quell’oasi per un tempo lungo, lunghissimo, addirittura più generazioni. Occorrerà assicurarsi che l’estrazione d’acqua fatta a beneficio di un proprio vicino, nel giorno e l’ora in cui ciò presentava solo un piccolo e insignificante sacrificio, tipo niente fuoco per un paio di nottate, sia passibile di riscossione successiva, quando la nostra stessa idratazione, e sopravvivenza, sarà in messa gioco dalla crudeltà del fato. Dovrà venire concordato un qualche tipo di segnale, un sacrosanto e imprescindibile “Ti pagherò”.
Se il consorzio umano fosse un’utopia ideale, non ci sarebbe nulla di più facile al mondo. Basterebbe un semplice pezzo di carta, con su scritto a chiare lettere l’entità ed il giorno del favore ricevuto, firmato: il Ricevente.
Ma il tempo scorre via veloce, così sul corso senza fine della storia, come nell’oasi derelitta, un mondo a parte con due regole per sempre ripetute. La prima è il bisogno di bere. La seconda è che tutto è lecito, per riuscire a farlo, perché è la cosa più importante in assoluto. Così non deve passare molto tempo, prima che spunti fuori il primo falsario, una persona estremamente brava a costruire storie passate, imitare stili calligrafici ed indurre il prossimo, con la sua lingua d’argento, a rinunciare al fuoco di una sera. Per inciso – il bisogno di scambiare tra di loro due valori astratti, come l’estrazione d’acqua e la raccolta di legna da ardere, genera in caso l’invenzione della valuta come entità astratta e costruita. Fermo restando che in simili casi e vista l’emergenza percepita, di ladri e truffatori d’acqua, si tende a ricorrere alla violenza (causando l’istantaneo fallimento del sistema della civilizzazione) questa analogia ha lo scopo d’introdurre un altro tipo di meccanismo. La creazione di uno stato di assoluta inimitabilità, per cui ciascuna transazione sia nascosta, sotto gli occhi di tutti, e al tempo stesso impossibile da riprodurre. Un codice segreto.
Non è davvero chiaro quando e come, esattamente, Satoshi Nakamoto abbia ricevuto la rivelazione del Bitcoin. Sempre se quello sia il suo nome, fatto tutt’altro che acclarato. Ma ciò che lui fece, essenzialmente, fu presentare al mondo il concetto di un nuovo tipo di moneta senza forma né sostanza, basata unicamente sulla crittografia. Un modo per quantificare la ricchezza, ovvero il diritto a ricevere dei beni e servizi, completamente al di fuori del sistema pre-esistente, il vecchio metodo della “terza parte” imparziale, ovvero quasi sempre: la banca. Sostituita, con spietatezza e nonchalance, dal non-volto dei computer, ancor (?) più incorruttibili delle persone.
Ora, immaginiamo che tra i sopravvissuti dell’oasi ci fosse un genio della meccanica, in grado di produrre, con i resti dell’aereo, una macchina da scrivere speciale. Che per ciascun foglio con su scritto “Ti pagherò” includesse una chiave alfanumerica e producesse di nascosto una stringa relativamente breve e sempre differente, sussurrato unicamente nell’orecchio di chi offrisse il pagamento. Ora quest’ultimo non dovrà far altro, in effetti, che ricordare tale cifra per verificare una successiva riscossione. Perché la macchina da scrivere magica, custodita gelosamente sotto le foglie di palma, potrebbe confrontare tale numero con quella chiave per poter fare fede sulla transazione. Ecco, problema risolto? Non proprio. La figura del falsario, che non è nulla se non adattabile, potrebbe, negli anni, manomettere la macchina da scrivere, o costruirne un’altra uguale, per sostituirla a suo vantaggio. Il che ci porta allo stato attuale delle cose: un mondo pieno di dispositivi discordanti, ciascuno attento unicamente agli interessi del suo proprietario, intento a decriptare, svolgere quella mansione di nascondere la via d’accesso all’acqua dell’antico pozzo di salvezza.
Ma con quale straordinario metodo, in questa regione del sensibile che viene definita dei Bitcoin! Il sistema, essenzialmente, è peer-to-peer, ovvero si basa sul calcolo multiplo e parallelo. Il che significa che non esiste una singola macchina deputata a custodire tutte le chiavi, ma che queste sono invece distribuite tra una quantità innumerevole di esse, e protette grazie a un registro che viene continuamente scaricato, concordato e ri-distributo grazie all’infinita e scalabile capacità di trasmissione del vasto web. Ogni qual volta una transazione viene registrata, ovvero che una di queste monete fluttuanti passa di mano, si appone nel registro una nuova voce: “Tizio ha promesso a Caio di estrarre tre potenziali secchiate d’acqua in futuro” – ciò visto, non ancora verificato. E tale rimane, finché la capacità computazionale della somma dei partecipanti (con le loro macchine “da scrivere” specializzate) non interviene nel nascondere la dicitura, abbinandola ad un complesso numero segreto, diverso per ciascun individuo e custodito gelosamente, caso per caso, all’interno di un Hard Disk, una chiavetta, una memory card…(Esistono persino degli stravaganti portafogli con touch-screen) Con l’allungarsi del registro, l’operazione di offuscamento diventa progressivamente più complicata, e con essa la potenza dei dispositivi necessari a far funzionare l’intero baraccone. Ormai un semplice computer, come quelli che usiamo per scrivere, fare grafica o giocare, avrebbe un impatto minimo sulle esigenze di calcolo attuali. Ah, ma questo non è un problema, visto l’incentivo!
La capacità computazionale del sistema-Bitcoin è in continua crescita, proprio in funzione di quello che è stato il vero colpo di genio di Satoshi Nakamoto: perché in proporzione allo sforzo effettuato, si riceve un pagamento. Per ciascun blocco di transazioni (de)codificato a proprio nome, il registro riconosce alla persona una percentuale sulla transazione. Che non viene detratta da essa, ma generata dal nulla, come per magia. Così nasce, letteralmente, il denaro del nuovo millennio: non più da profonde miniere sotterranee infestate dai coboldi, né all’interno di complesse fabbriche dalle numismatiche eminenze, bensì dalla pura e semplice aria, spinta con impeto all’interno di un grigiastro capannone in Cina. E un imprecisato numero di altri uguali ad esso: sempre nascosti agli occhi del mondo. Non è difficile capire l’importanza della segretezza. Per una valuta come questa, totalmente nuova nella concezione, le fluttuazioni di valore sono all’ordine del giorno. E la vera ricchezza, dunque, non è tanto il mero possesso di monete a proprio nome, quanto la capacità di continuare produrle! Un’intera miniera (così viene detta in gergo) è nello stato semplice della realtà un agglomerato di costosissimi dispositivi. Tristemente soggetti al furto ed al ricatto, essi stessi, come qualsiasi altro bene nella storia dell’umanità.