Perché se un gamberetto vero e incommestibile, preso singolarmente, costerebbe neanche un euro con un buco in mezzo, tutt’altra storia è quella della sua versione artificiale. Non per “quello che è” (un po’ di plastica passata in uno stampo) ma per ciò che riesce a fare. Ovvero, procurarti la cena? Se almeno il giusto, ci sai fare. Se invece sei estremamente bravo, può bastarti quell’oggetto che è davvero poco nobile, perché serve per succhiare, ma si presta a strane manipolazioni…O sculture.
La vita dei tempi d’oggi qualche volta è strana. Una cannuccia: quasi spazzatura. E si fa presto a svalutare il candido regalo messo nella gabbia dei pappagallini, oggetto lungo e piatto, frutto organico per affilare i becchi piccoli e pungenti. A cosa serve, dopo tutto, l’osso della seppia, quotidianamente? Uno scarto inutile e insensato. Tranne che per lei, la seppia. Che è disposta a preservarlo con la vita – non che abbia una grande scelta, questo è chiaro. Ma la seppia non è stupida. Ma la seppia non è semplice o sbadata. Non puoi prenderla come un semplice pescetto d’acqua dolce, usando qualche nocciolina e una mollica, due piombini, tre ami ed una canna rigida o flessuosa. Pensa che la seppia, nella sua stagione degli amori, come i cervi ed i canguri, deve combattere con gli altri maschi per riuscire a conquistare ciò che serve a procreare: la di lei-seppia-ella. Talvolta così capita, sotto gli occhi spalancati della bella, che due di questi cefalopodi prendano a spingersi l’un l’altro freneticamente, finché fine non sopraggiunga una paralisi dovute per l’ingestione eccessiva di veleno (c’è una tossina, nella bocca della bestia, che funziona pure coi suoi simili, d’altronde). Dura lex della natura. Gli appartenenti all’ordine Sepiida crescono a dismisura, ininterrottamente, per l’intero corso della vita ed ecologia vuole, crudelmente, che ci sia soltanto una femmina per quattro, cinque, qualche volta addirittura 10 nuotatori della metà marziana dello stesso cielo. Quindi, ecco adesso che succede. Se c’è un maschio piccolino, ma con molto da dare, lui non sfrutta mai la forza, ma l’ingegno. Muta il suo colore grazie ai cromatofori di cui dispone, simili a quelli di un camaleonte, quindi nasconde due dei suoi tentacoli e cambia il modo di nuotare. Così sotto l’occhio di un possibile concorrente, meraviglia! Passerà per una femmina a sua volta (che per l’appunto avrebbe due “braccia” in meno). E giunto nel sommerso gineceo, potrà colpire. Una tattica pericolosa dalle strane conseguenze, indubbiamente.
Tutto ciò per dire che: A – la seppia è alquanto intelligente, come Ulisse il viaggiatore. I cefalopodi, in genere, lo sono. Altrimenti come farebbero a raccapezzarsi con tutte quelle splendide appendici? B – Queste creature ci vedono davvero molto bene. I loro occhi sono infatti grandi e rosso sangue, con vistose pupille dalla forma a W. Organi estremamente complessi e parzialmente affini a quelli degli umani, anche se non vedono i colori, possono distinguere la polarizzazione della luce e dunque riescono a cogliere perfettamente i minimi contorni delle cose. Non è facile convincere una seppia di qualcosa che non è. A meno di chiamarsi Jong Chool Do, dalla Corea.
Lo stereotipo che vede gli orientali come innati matematici, artisti ed artigiani (certamente ce ne sono di peggiori) trova eterna riconferma tra le pagine fluttuanti di quel vasto mare digitale. Basta farsi un giro su YouTube, per trovare esponenti dei principali paesi asiatici che piegano la carta in fogge sorprendenti, intagliano il legno, scolpiscono la pietra. In Giappone, addirittura, la modernità ha portato un’ampia serie di intrattenimenti che si appellano a quel particolare sentimento, che non è semplice voglia di fare, ma piuttosto la realizzazione ideale di un princìpio, il desiderio e l’intenzione di mettere assieme cose con le proprie mani. Così nascono tutti i modellini, quei giocattolini, le confezioni con mini-dolci-caramella da assemblare e così via. Per mangiare, orgogliosamente, solo il frutto dell’impegno quotidiano. Se pure ti mancasse l’esperienza! Che di sicuro nel caso del distinto signore coreano, invece trova molteplici campi d’applicazione. Eccome.
Il canale di Jong Chool Do è associato a un blog nella sua lingua dove vengono dimostrate e spiegate accuratamente alcune delle più diverse e singolari invenzioni. Questa del gambero da pesca fatto con cannuccia, così perfettamente fatto comparire con qualche taglietto, un paio di spille e due-tre ciuffi di lanugine colorata, non è che l’ultima di una lunghissima serie di momenti d’alta qualità.
Aeroplani, uccelli e ruspe telecomandate, fotografia, montaggio video. Negli ultimi tempi, ha riscosso un gran successo la sua semplice trovata di mettere una telecamera di fronte al monitor con l’immagine video della stessa, creando strane immagini ripetute. Un qualcosa di simile al classico trucco degli specchi, con la differenza che qui il ritardo dovuto all’aggiornamento dell’immagine, per forza di cose, causa un’affascinante effetto ricorsivo. Come se gli oggetti cadessero in quel buco nero, oppure colorato, in un vortice assoluto di tremenda perdizione. Così ovvio, che nessuno ci aveva mai pensato? Probabilmente in effetti si, però anche il metodo è importante. Quella scelta di colonna sonora, il ritmo e la cadenza delle interazioni. Nonché l’immagine finale, in cui la figura risultante dal costrutto che si trasforma nell’immagine di un uovo, dapprima chiaramente in padella, quindi fluttuante, come in un diagramma scientifico sull’origine del mondo e delle sue creature. Poi una rapida manovra con l’obiettivo, un piccolo tocco sullo zoom e il carosello ricomincia…
Sempre così fecondo, questo desiderio tanto largamente condiviso di essere notati, comparire a margine di qualche pagina e venir discussi dai visitatori! Quante note o forme o lettere provengono, allo stato attuale delle cose internettiane, dalla facilità con cui si può rendere pubblica una propria idea… Tra i video meno recenti ma che vantano un maggior successo di questo canale coreano figura un’altra bizzarra interazione tra la plastica e il mondo animale. Al momento vanta oltre i 2 milioni di visualizzazioni. Creazione motivata, questa volta, dalle più purissime ragioni del bisogno: non importa quanto ami Walt Disney e i suoi disegni, tu non puoi conviverci, col Topolino. Il mangia-tutto e sporca-tutto che il sapiente costruttore d’invenzione chiama, nella descrizione in inglese dell’opera rilevante, addirittura rat, quando è palese che si trattava, in effetti, del tipico abitante e piccolo baffuto di campagna. Nonché purtroppo qualche volta anche delle case, di campagna.
L’idea è diretta e davvero funzionale. Qualcuno potrebbe definirla, addirittura, un colpo di genio. Si prenda una bottiglia in PET, di quelle che contengono comunemente l’acqua minerale, quindi la si tagli quasi in due. Deve restare un lembo collegato. Con due mezzi stecchini di legno, uniti assieme dagli elastici, si assembli quindi un meccanismo utile a tenere il tutto assieme, con un’importante e validissima connotazione. Toccato il primo di essi, l’altro scatta come una…Beh, non proprio tagliola. Diciamo molla. Qui non si va per l’efficacia ma in funzione dell’umanità. E della convenienza, perché no. Sempre meglio un topo vivo che uno schiacciato, ucciso dalla trappola del tipo più convenzionale. È un po’ come il dilemma della seppia, finalmente trasportato fuori dal bisogno di crudele annientamento.
Se ci fosse veramente un modo, nel futuro più remoto, per poter gustare quel sapore a tavola e l’inchiostro nella pasta (strano davvero, a pensarci) non saremmo in tanti a catturare simili animali dai tentacoli e con la conchiglia interna. Forse qualcuno, per innato svago e un senso strano del divertimento, ancora intaglierebbe i gamberi nelle cannucce. Ma soltanto per averli, come splendida decorazione, sopra il proprio porta-gioie ed il camino.