Guidare per lunghi minuti e ore, forse addirittura un pomeriggio intero, fino a giungere in un luogo limpido e isolato. Così è, la baia di Osprey nel Cape Range National Park, sulle propaggini nord-occidentali dell’Australia, dove non sorge un albero, non c’è uno scoglio. Addirittura il vento, in quel giorno stranamente affetto dalla sfortuna, aveva la parvenza di essersi fermato. In questo spazio relativamente poco amato dai turisti, soprattutto se internazionali, c’è la possibilità di riappacificarsi con i suoni semplici del cielo e dell’Oceano. Di lasciarsi dietro l’irritante ma costante guazzabuglio cittadino per scoprire nuove vie di comunione con il mondo naturale. Ebbene si: una forma di meditazione particolarmente facile a chi è in grado di capire una metafora filosofale. Qualcosa che indubbiamente, benché in un modo alquanto futuribile, stava facendo anche Mr Lift Hog, sul finire del Dicembre appena trascorso, che come tutti sanno (ma tendono a dimenticare) nell’emisfero meridionale è un mese caldo e ricco d’escursioni, di nuotate e settimane al mare. Qualche volta con l’ausilio tecnologico di valide strumentazioni; siamo in fondo, all’epoca dei droni esploratori. Un modo differente di conoscere i paesaggi, immortalare le giornate liberi da condizionamenti. Ma attenzione! In merito alla termodinamica, occorre ricordarsi che: dura lex, sed lex. Quindi basta poco per finire…Altrove.
Nella cultura classica dei greci e dei latini, l’orgoglio era un sentimento da guardare con estrema diffidenza, identificata con un termine latòre di disgrazie. Perirono, per colpa di codesta della hýbris: Prometeo, punito da Zeus per il furto del sacro fuoco di Efesto, Bellerofonte che cadde dal cavallo alato mentre tentava di raggiungere l’Olimpo. E soprattutto, forse il mito più famoso, Dedalo con le sue ali di cera, sciolte dalla luce incontrollabile del Sole. All’interno dei racconti mitologici abbondano situazioni facilmente evitabili, in cui la mentalità di una figura, persino un semi-dio o un eroe, è stata conduttiva ad un nefasto rovesciamento delle aspettative. Ancora oggi, dopo tutto è forse questo l’insegnamento più importante che si può trarre dai racconti degli antichi, oltre ad uno più specifico, pur sempre rilevante: gli ostacoli sembrano sempre più lontani di quel che in effetti sono. E anche un astro cosmico, per inferenza, può fare perdere il controllo di un volo perfettamente realizzato!
“Fidati, fidati di me. Ora guarda e ammira. Faremo un giro straordinario…” Regge con la mano sinistra il grande telecomando, mentre con la destra, a mo’ di lanciator di giavellotto, libera nell’aere il mistico velivol-etto. Che ben può definirsi drone, perché ha un telecamera montata sulla piccola carlinga, ma rientra anche nella categoria (maggiormente tradizionalista) degli aeroplanini radiocomandati, ovvero quei modellini costruiti esattamente come i mezzi che trasportano le merci e le persone tra le piste asfaltate della nostra spezzettata civiltà. Quanto meno, basati sugli stessi princìpi: ovvero la portanza che proviene dall’incedere accelerato ed uniforme. Ah, il volo livellato! Mai nessun quadricottero, assistito da moderni giroscopi, potrà realizzare la gioia di lasciarsi trasportare in alto dalla stessa densità dell’aria, semplicemente vagheggiando sui confini delle nubi. Né del resto, potrà sperimentare l’attimo di terrore causato da uno stallo inverecondo…
La storia, grossomodo, emerge dalla descrizione e dai commenti. Si è trattato di un attimo di leggerezza, la sbadata distrazione di un secondo: Mr Hog volava, spensieratamente, sopra le acque limpide della baia, quando la linea retta ideale ed infinita, che si estendeva dalla sua posizione a quella dell’aeromobile in oggetto, non ha finito per incrociare la posizione astrale della stella che ci dà la vita.
La quale è calda, certamente (chiedetelo a quel povero figlio d’Icaro) ma soprattutto luminosa, talmente tanto da abbagliare gli occhi impreparati. Così è successo che ha perso il controllo, così è caduto dentro al vasto mare. Per trovarsi al centro di un ricevimento improvvisato e variopinto…
Australia significa, almeno stando allo stereotipo del web, accettare un certo patto con il mondo del selvatico diffuso. Riconoscere, agli insetti, agli uccelli e alle altre bestie, un diritto ad introdursi d’improvviso nella tua vita, qualche volta con tutta la grazia del musetto di un Koala che si aggrappa alla tua gamba. Certe altre, invece, come il grugno ostile di uno squalo. Esattamente, 16 secondi? Questo il tempo che passa, grosso modo, dalla caduta dell’aeromobile fra le onde e la venuta del primo carcarodonte, pinne affilate, coda a freccia, denti aguzzi e tutto il resto. Si profila, all’improvviso, fra il vorticar di un branco di piccoli pesci, per poi perdersi nell’umida ed oscura lontananza. In fondo, non c’è nulla da mangiare, qui ed oggi?
Anche gli altri nuotatori, ad un secondo sguardo, sono piuttosto interessanti. Si tratta in effetti di un qualche esponente della vasta famiglia dei carangidi, gli esserini che si estendono primariamente lungo l’asse longitudinale e senza denti, il cui nome comune è pompano. Il cui aerale, estremamente esteso, si attesta dalla Florida al Giappone, dall’Oceano Indiano alle Filippine, con soste frequenti nei piatti e le pietanze di ciascuno di quei luoghi. Si stima che delle circa 20 specie note di questa classe di animali marini, la maggior parte siano commestibili e gustose, tra cui soprattutto il permit dell’Oceano Atlantico, o Trachinotus falcatus, che può facilmente raggiungere i 15 Kg di peso. Tutto ciò riprende, galleggiando sconsolata, la sublime telecamerina del pilota sfortunato. Quando nel riecheggiar di quel suono che penetra nel suo microfono, snervante ed acuto, così simile a quello di uno sturalavandini, si profila forse la sagoma più sorprendente: una tartaruga marina a dorso piatto (Natator depressus) nota ai popoli aborigeni con il nome di barwanjan o madumal. Fluttuanti come delicate mongolfiere, questi esseri esplorano saltuariamente i fondali bassi delle baie o barriere coralline, alla ricerca dei molluschi che si aggirano tra la vegetazione. Che fortuna! (Di non averla presa in testa…)
L’esperienza dell’aeroplanino precipitato, a questo punto, è completa. Verrà ripescato a breve, ormai completamente inutilizzabile, grazie a una barca generosamente offerta dai locali. La sua storia, così documentata dalla telecamera a tenuta stagna, ricorda quella di certi marinai fantastici dell’epoca delle grandi esplorazioni, che caduti in mare durante una tempesta, non affogavano. Bensì finivano rapiti nel profondo, fino alla città sommersa di Nettuno e dei tritoni, le sirene e le altre mitiche creature degli abissi. Uomini eternamente cambiati da quell’esperienza, che un giorno tornavano al mondo delle terre emerse. Soltanto per scoprire che nessuno, mai e poi mai, avrebbe creduto a simili racconti, senza neanche uno straccio di dagherrotipo, pure sbiadito…