Un fosso nel mare, profondo ed oscuro. Dimensioni incommensurabili, distanze fuori dalla comune concezione dell’asfalto bituminoso, fluido caldo e corposo. Il profondo Nord è il regno delle inaccessibili possibilità: raggiungere la propria meta, attraverso le asperità del clima e del suolo, lassù diventa una vera missione, che trova la sua giustificazione ed origine dalle molte risorse dell’ingegneria. Poggiando le sue fondamenta, sia metaforiche che letterali, sulle rocce sommerse dal tempo. Ma ci sono casi. Per case fantastiche d’Aesir, mai viste prima, persino da loro, i percorritori del mitico ponte cangiante/multicolore, l’arco del sommo baleno (giacché il Valhalla, secondo chi l’ha visitato, sarebbe accessibile solo per la via di Bifrost). Perché carri o cavalli, automobili e treni, una cosa ce l’hanno, in comune: non poggiano i piedi sull’aere dei vaghi corpuscoli riflettenti, né possono galleggiare, salvo imprevisti relazionabili ai pregni giubbotti di salvataggio. Non oltre qualche dozzina di metri, con un apporto notevole d’ottimismo, e di sicuro molto al di sotto dei 3700 metri, la misura del Sognefjorden al nocciolo della questione. Che va, pressapoco, così: nella vasta e variegata Norvegia, popolata in totale da circa 5 milioni di persone, ovvero circa la metà della sola città di Londra, esistono numerose comunità separate, ciascuna importante per un suo ruolo industriale, artigianale o turistico differente. È difficile per noi, abitanti mediterranei, immaginare una simile situazione: il fatto che il popolo all’estremità superiore d’Europa, così sparpagliato, sia da secoli abituato ai metodi dell’autosufficienza regionalizzata che rasenta il federalismo, non cancella la valida pulsione umana verso la costituzione di un’identità nazionale, il più possibile vasta ed inclusiva, in cui tutti coloro che si trovano vicini, capiscono e condividono le stesse esigenze. Con noi e vicendevolmente, con altri ancora, per l’istituzione di una metropoli virtuale, in cui la natura stessa, splendida e incontaminata faccia le veci dei semplici parchi della città. Il che richiede, incidentalmente, una notevole riduzione delle distanze. Inutile dirlo: lo fanno davvero bene.
La strada costiera E39 è un percorso scenico di 1330 Km, che partendo idealmente dalla città di Aalborg, la quarta per popolazione della Danimarca, invita gli automobilisti ad attraversare in traghetto un bel tratto di mare, fino alla municipalità costiera di Kristiansand. E da lì prosegue, fra gli alti e bassi del suolo indurito dal gelo e numerosi altri caselli d’imbarco, per numerosi paesi di 5.000, 10.000 abitanti, fino alla considerevole comunità urbana (oltre 200.000 abitanti) di Trondheim, nella contea estrema di Sør-Trøndelag, ove lo sguardo si perde verso l’artico mare di Greenland e da lì ancora, oltre le propaggini del mondo e del mare. Chi mai vorrebbe raggiungerla, potreste chiedervi…Ecco, parecchie persone: trattasi, in effetti, di un polo tecnologico di spicco, con numerose istituzioni industriali ed alcune prestigiose università. Eppure, ahimé, remoto. Quanto remoto! Considerate: l’entroterra norvegese, montagnoso e perennemente innevato, è il regno dei tunnel e duri tornanti, su strade provinciali con pochi metri di carreggiata. Basta puntare Google Maps sulla regione, per rendersi conto di un’immediata realtà: più che una ragnatela di strade, siamo di fronte alle poche arterie di sistema che ancora pompa, ma ben poco sangue. E l’alternativa effettivamente impiegata, ecco, non è molto migliore dal punto di vista della praticità.
Basta girare un vecchio mappamondo in plastica vinilica (non serve scomodare il PC di casa) per rendersi conto di quanto sia frastagliata la costa della Norvegia: sembra la schiena di uno stegosauro. Ciascuna insenatura, inoltre, non è certo un semplice golfo, ma la specifica realtà paesaggistica, di estrema ampiezza e profondità, che comunemente chiamiamo fiordo. Roba da far girare la testa a qualunque impavido costruttore. Quello mostrato come esempio nel video di apertura, nello specifico, vanta 1300 metri di profondità e un’estensione, nel punto presso cui andrebbe costruito l’ipotetico ponte, di poco superiore a quella del nostro stretto di Messina. Per questo, da tempo immemore, i viaggiatori di tali luoghi si sono giovati di un sistema d’imbarcazioni d’estrema efficienza, ormai un prestigioso simbolo nazionale. Ma la costruzione di uno o più ponti, per facilitare il passaggio, ridurrebbe di molto le loro attese. Del resto un’ingegnere può sempre far calcoli sul guanciale, per svegliarsi e dar forma al domani…
Questo video in computer graphic, realizzato nel 2012 dalla Statens vegvesen, l’istituzione governativa norvegese che si occupa della gestione dei trasporti stradali, proponeva alcune valide applicazioni tecnologiche per il potenziamento della vitale strada costiera E35, prendendo spunto dalla specifica località citata. Il Sognefjorden infatti, lungi dall’essere l’unico ostacolo acquatico su questo sentiero, è d’altra parte massimamente rappresentativo degli altri numerosi fiordi costieri limitrofi, ciascuno comparabile per estensione e profondità. Il progetto resta ancora teorico e l’investimento, d’altra parte, sarebbe davvero ingente. Il punto di partenza della disquisizione è molto significativo: nelle prime battute del video, la voce narrante in perfetta lingua inglese, con giusto un leggero accento, riassume i molti successi ottenuti negli ultimi anni dalla Statoil, la compagnia pubblica di estrazione del petrolio. A partire dal 1972, infatti il governo norvegese, riconoscendo immediatamente l’importanza delle nuove tecnologie di trivellazione d’alto mare, iniziò una rapida ed efficace nazionalizzazione della risorsa, con a corredo un generoso programma d’investimenti tecnologici, ricerca e sviluppo. Piattaforme come quelle mostrate dai furbi autori della sequenza animata, la Troll e la Heidrun, costituiscono ad oggi un vero e proprio non plus ultra del settore, oltre a fornire un fruttuoso ritorno d’investimento, nei rispettivi campi applicati dell’appoggio al fondale oceanico e dei sistemi di galleggiamento strutturale. Come spendere, sembrano quasi dire costoro, tali e tanti magnifici introiti… Se non esplorando le nuove frontiere di ciò che può essere edificato da mano umana.
La prima ipotesi mostrata è anche la più semplice e diretta: il ponte sospeso. Vista la profondità del fiordo, naturalmente sarebbe impossibile far poggiare dei piloni direttamente sul fondale dello stesso, e si dovrebbe dunque adottare un sistema paragonabile a quello del celebre Golden Gate Bridge newyorkese, ma lungo il doppio del ponte di Akashi-Kaikyō in Giappone, attuale detentore del record mondiale (1990 metri). Le due torri di sostegno, usate per sorreggere l’estensione notevolmente superiore dell’interminabile striscia d’asfalto, dovrebbero essere alti ben 450 metri, ovvero 150 più della torre Eiffel. Per comparazione, l’ipotetico ponte tra la Calabria e la Sicilia avrebbero misurato, stando al piano resuscitato nel 2009 dal governo italiano, esattamente 382 metri.
In alternativa, il video esplora approcci tecnologici ancora più avveniristici: innanzi tutto, si parla di un ponte galleggiante con numerosi piloni, ciascuno poggiante su di una versione migliorata della piattaforma petrolifera Heidrun. Nulla di simile esiste a questo mondo. Il sistema prevederebbe uno spazio vuoto al centro, alto 70 metri e largo 400, utile a garantire il passaggio del traffico marittimo pre-esistente, ivi inclusa un’ipotetica ed enorme nave da crociera, così ottimamente rappresentata dal grafico di supporto (sono persino aggiunti, come riferimento di scala, ciclisti e minuscoli omini, che passeggiano in modo improbabile sopra quel vasto tragitto). La terza alternativa, invece, altra prima volta dell’architettura civile, mostra un tunnel sommerso sospeso nel mare, quindi non scavato sotto il fondale, come quello della Manica, ma piuttosto “sostenuto” da quegli stessi galleggianti, posto a profondità sufficiente (20 metri) da poter permettere il passaggio di qualsiasi nave, imprevisti permettendo. Le prime analisi suggeriscono che la naturale flessibilità del cemento, unita ad approcci tecnici particolari, dovrebbe garantire la resistenza del tubo risultante a qualsiasi sollecitazione marittima o terremoto. Mentre gli automobilisti, guidando al suo interno, non noterebbero neanche la differenza da un tunnel normale. Viene quindi il momento di presentare gli approcci combinati: un viadotto in massima parte emerso, fino ad una colossale struttura galleggiante, con una discesa sotto i flutti stessi del fiordo. Oppure un viadotto sospeso con torri, a loro volta, galleggianti ed ancorate al fondale. Ciascuna di questi straordinari mega-progetti, strano a dirsi, sarebbe del tutto realizzabili e replicabili per ciascun fiordo sul tragitto con le attuali risorse monetarie, industriali e tecnologiche della Norvegia, nonché probabilmente validi ed addirittura conduttivi ad un ritorno d’investimento. Una E35 disseminata di simili ponti, idealmente, diventerebbe un’arteria primaria del paese, con un guadagno derivante dai caselli del pedaggio (inevitabili) di molto superiore a quelli degli attuali e numerosi traghetti. Inoltre si risparmierebbe sul sovvenzionamento degli stessi benché, ciò è inevitabile, andrebbero persi molti posti di lavoro. In parziale contrapposizione a tale problematica, fiorirebbe il turismo, con tutta la sua ricca industria di corredo.
Questo fantastico video del progetto, che parla di un futuro prossimo d’infinite possibilità, giacerà assai attualmente in qualche archivio nazionale, assieme ai molti schedari pieni di calcoli e schemi necessari per iniziare un giorno, chissà quando, a rivoluzionare i trasporti di un intero paese. L’ago della bilancia decisionale, come quasi sempre succede, resta in mano ai politici in parlamento. E dunque, chissà quanta acqua dovrà infrangersi sugli scogli, Onde decidersi a Fare!