Uno giallo, l’altro color del cioccolato: la coppia di Labrador retriever, i cani perfettamente impermeabili proveniente dall’omonima penisola del Canada settentrionale. Dire che questa razza ami l’acqua, è praticamente come dire che ai topi piacerebbe un po’ il formaggio. Corrisponde ad affermare che la Luna sorge ogni sera, oppure il mare si ritira, dopo ciascuna alta marea, per l’effetto della sua gravitazione. È ovvio e risaputo, da una parte, ma pure limitato nella sua dialettica ulteriore. Essere un buon Labrador vuol dire conformarsi entro determinati limiti, per semplice necessità, ai pratici dettami della civiltà: niente trasgressioni, non sporcare casa, mangiare nei luoghi e nei momenti deputati. Ma soprattutto immergersi nell’umido immanente, l’elemento fluido e trasparente, solamente se il padrone umano è lì a concederti il permesso, dall’alto di quella saggezza e senso pratico della misura. Il cane domestico, qualunque sia la sua genìa, ha un forte bisogno di essere guidato; altrimenti, la belva ferale che si annida oltre il suo muso morbido e grazioso tenderebbe a scatenarsi, con tutto l’entusiasmo di dozzine di rivoluzioni mai sedate, ma piuttosto re-indirizzate. Attentamente, verso cose utili, come portare un bastoncino, rotolarsi a terra, dar la zampa se lo chiami e così via. Ma adesso ascolta, addestratore di creature da riporto: quei tuoi cani ben disciplinati, fondamentalmente, non approvano quel che devono fare, giorno dopo giorno, per campare. Se pure lo capissero, probabilmente, tenderebbero a considerarlo un passatempo privo di significato, soltanto utile a fare contenti voi e ricevere il prezioso biscottino. Chi ha quattro zampe non ha tempo da perdere, ma piuttosto quel tempo lo crea, applicandosi con foga all’ambito dell’avventura. Dall’A alla F di fanghiglia, un folle parapiglia, la mattina interminabile nel vasto Sutton Park.
È comparso l’altro giorno, tra le schiere di video caricati dagli utenti sul portale di LiveLeak (l’alternativa meno regolarizzata al regno imperituro di YouTube) questa lunga e spettacolare sequenza realizzata dall’utente Docmatt, durante una passeggiata coi suoi cani Max e Gilbert, presso Birmingham, nella brughiera inglese. Si tratta di una scena trascinante nella sua semplicità. Ecco qui qualcuno, finalmente, che non vuole preoccuparsi del momento successivo, ovvero lo sporco trascinato fino a casa dai suoi beniamini… Dev’essere stato glorioso. Liberatorio, aprire lo sportello posteriore del veicolo e lasciar scappare fuori i fulmini pelosi e bicolori, per una volta, senza stare a controllare le pericolose traiettorie. Lì, un albero caduto. Dall’altra parte, una vecchia roccia semi-sepolta nel terriccio smosso. E loro zigzaganti, eppure ben sicuri come l’ago di una bussola, che puntano veloci verso l’acquitrino di Longmoor. Sono questi, luoghi con una lunga storia. Qui correva anche una strada romana, tanto che da secoli, il grande parco è stato soprannominato il meadow by the paved street, ovvero pascolo vicino al viale lastricato. Sotto questa stessa umida torba, presso il pozzo di Rowton, gli estrattori di quel materiale ricco di CO2 (un ottimo concime o carburante) vi ritrovarono ben mescolate alcune punte di freccia in selce, antiche monete e molti altri tesori, all’interno di tombe e tumuli preistorici mai visti prima. Dal XIX secolo almeno, a fronte di tanti ritrovamenti, si ritiene che presso questa foresta millenaria avessero stabilito la loro loggia di caccia i re dei Merci e dei Normanni, popoli trascorsi della terra d’oltremanica. Eppure, mai dimenticati. Come avremmo potuto permetterlo? I cani sono sempre uguali, corrono e saltano, si lanciano nell’acqua. Cos’è poi qualche dozzina di generazioni, per chi ama i millenni di evoluzione che ci hanno regalato questi ansimanti animali con la lingua penzoloni…
E di amore, ce ne vuole. Guarda che disastro! Grufolando come folli maialini, così ben spronati dal contesto sregolato, Max e Gilbert si perdono nel regno della temporanea libertà. È difficile dimenticare, per chi ha mai provato tali sensazioni, il gusto e il senso di portare il cane a passeggiare. Quella maniera in cui una semplice distesa di erba, per il tramite della ragione, si trasforma in una galassia di fiori e misteriosi odori, l’opportunità di ritornare verso il regno dell’istinto puro, non soltanto per il tuo camminatore a quattro zampe. Anche per te, padrone. Se soltanto, per un’ora o due, si potesse dimenticare quel bisogno di essere conformi. L’ansia di far cose con criterio! (Il che richiede, chiaramente, un sacrificio) ecco allora, andate. Sporcatevi, se necessario, in quanto io, vi offro il sedile posteriore. Per farne scempio Eterno, a seguito dell’esperienza, breve. Cosa importa…
Di video come questi, Docmatt ne ha diversi, ben custoditi presso il suo canale di YouTube. L’altro sito già citato nonché ospite originario, del resto, serve normalmente per mostrare un lato particolarmente cupo dei fatti di cronaca, oppure scene inappropriate per il grande pubblico generalista; mentre non c’è nulla di più naturale, e splendido, che i cani che giocano nella palude! Ben venga quindi, una maggiore diffusione. Di certo, se quel primo exploit, nella mattina successiva a capodanno, si è manifestato sulla prima pagina del sito, sarà stato in parte per l’effetto dello spirito festivo. Forse per offrirci un buon augurio, e d’altra parte anche perché è fantastico, perfettamente realizzato e musicato. Siamo chiaramente di fronte all’opera di cinofilo che è anche cinefilo, amante-di-cani-e-di-pellicole, con telecamera e le doti per usarla con chiara perizia degli intenti. E che inoltre, per sua e nostra fortuna, vive addirittura in prossimità settimo parco urbano più grande d’Europa e il secondo fuori da una capitale.
La denominazione di ancient woodland, in Inghilterra, ha un significato ben preciso. Si riferisce dal punto di vista amministrativo a tutte quelle macchie di vegetazione, con alberi ad alto fusto, che esistono almeno dal 1600 d.C. Per la Scozia, guarda caso, viene ammesso anche il secolo e mezzo successivo. Si tratta di luoghi ameni attentamente preservati dalla legge, un po’ come le grandi riserve americane ma su scala molto più ridotta. E con meno orsi che rubano i cestini da pic-nic (per quello, meno male) sostituiti dai padroni di questi graziosi cagnoloni, lasciati a scatenarsi tra tanti tesori di biologica importanza. È significativo notare come in simili oasi verdeggianti, sebbene siano talvolta collocate a pochi chilometri dai centri urbani, o come nel caso di Sutton Park, addirittura all’interno di essi, possono sopravvivere particolari specie vegetali, attestate solamente di tali luoghi. Dipendenti da uno specifico contesto ecologico, delicato e raro quanto quello della foresta pluviale. E se pure non stiamo parlando di uccelli del paradiso, bradipi e/o altre bizzarre meraviglie tropicali, chi può dire quale sia il valore futuro di una pianta senza nome, di un piccolo bocciolo dal profumo misterioso, eppur già largamente noto ai nostri illustri predecessori. Sui fiori di Sutton Park, ci sarebbe molto da dire. Come sui Labrador retriever, tra i cani maggiormente servizievoli, graziosi e facili all’addestramento. Che aiutano i non vedenti e salvano i quasi affogati. Che riportavano anche le reti ai pescatori del remoto settentrione, senza temere il gelo delle acque artiche di Terranova, prima di scatenarsi, all’occorrenza, in una mattina gelida d’inverno. Tra le acque più stagnanti d’Inghilterra….
A chi il Bardo, per narrare di quei doni naturali, simbolo eccellente dell’amore:
Here’s flowers for you; Hot lavender, mints, savoury, marjoram;
The marigold, that goes to bed wi’ the sun And with him rises weeping:
these are flowers Of middle summer. (W.Shakespeare).
E a chi invece, il bird-o. L’uccellino di quel bosco pregno di opportunità. Cantore di una rara melodia. Mentre il can che ascolta, in tutta risposta, si lancia dentro la maestosa pozza puzzolente. E chi siamo noi, per dire no?