Un abbraccio dal tuo amico, il polipo gigante

Enteroctopus

Le cose diventano grandi, se mangiano bene nell’ambiente naturale della loro provenienza. Quanto grandi? Beh dipende, il mare è vasto e pieno di segreti. Vecchi marinai giuravano, in fumose taverne presso il molo, che i tentacoli potessero ghermire facilmente la tua nave; non chiaro il modo e neanche la ragione. Kraken, Lusca, Cthulhu, Akkorokamui, Cetus. Scilla che tentò di ostacolare l’Odissea: Dodici ha piedi, anteriori tutti, / Sei lunghissimi colli e su ciascuno / Spaventosa una testa, e nelle bocche / Di spessi denti un triplicato giro. Una visione piuttosto preoccupante, mentre sopra l’onda si profila la tua fine in carne, zero ossa e plurime propaggini soggette a moto ondulatorio. Va considerato, tuttavia, anche il fatto d’efficienza in proporzione alla biomassa. Non siamo nell’epoca di dei ed eroi, quando le creature si giovavano delle quasi onnipotenti volontà. I tesori nascosti, ormai li abbiam trovati tutti, come ogni possibile via d’uscita dal mistero e l’entusiasmo per il viaggio. Per lo meno, in quanto tale. Perché mai dovrebbe, dunque, il polipo restare nell’idea di far la guardia, e poi comunque a cosa…Come l’erosione abbatte le montagne, l’evoluzione crepa facilmente una leggenda: la trasforma, attraverso i secoli, in qualcosa di più ragionevole, a misura, guarda caso, d’uomo. Il ceppo cambia ma i princìpi sono sempre quelli. Ma se dai del mollusco al tuo vicino, con intento piratesco di recargli offesa, faresti comunque meglio a fare un’ulteriore specificazione. Visto che il più grande e saggio di quegli animali, ancora adesso, è tra i signori indisturbati dei pacati flutti pelagici e sommersi.
Si alzi dunque quel sipario: “Enters the octopus”. Anzi, addirittura: Enteroctopus dofleini, per tornare a quel grecismo delle espressioni che così efficientemente può riassumere la bestia; octo pedes, otto piedi (ne vedessi uno!) Stiamo parlando, in effetti, del polipo gigante del Pacifico, un animale alquanto significativo, il cui peso massimo si aggira quanto meno e supera spesso abbondantemente il mezzo quintale. 70-80 Kg: Grossomodo, quanto una persona ben piazzata? Più di Aaronatevergreen, forse, che qui tanto è ben riuscito a catturarne le movenze placide ed eleganti, la curiosa interazione tra i diversi mondi del sensibile, lucido e sommerso. Giacché il secondo ambiente mai nessuno l’ha meglio personificato, che il polipo stesso vagamente simile a noi, così grande e bello, rosso e appassionato. Una visione d’altri mondi, persino per un naturalista consumato come questo, che da anni pubblica sul suo canale ogni sorta d’incontro con le ambascerie abissali del profondo. Siamo a largo dello stato di Washington, nel nord-est degli Stati Uniti, dove le acque fredde prossime all’Alaska attirano ogni sorta di presenza affascinante. L’esemplare di polipo era assai probabilmente intento nel cercare una compagna, presso il complesso sistema d’estuari e vie fluviali dello stretto di Puget. Si tratta di un momento particolarmente delicato, nella vita di un mollusco, quando lo spingersi verso la superficie e molto al di fuori dai pertugi della sua tranquilla sicurezza può esporlo, assai scomodamente, alla vista famelica dei predatori. Oppure, come in questo caso, a quella entusiasta di un umano di passaggio, solamente un poco meno fastidioso. Ciò nonostante…Non parrebbe arrabbiato, il silenzioso nuotatore articolato, ma piuttosto appena un poco incuriosito, dalla venuta imprevista di questo suo lontano cugino con due occhi, stranamente rivestito da una muta, maschera e con bombole a seguire.
Perché il polipo comprende, grazie alla sua notevole intelligenza, soprattutto fra la media dei suoi coabitanti del piano mesolitorale (circa 2000 metri di profondità) tutti semplici pulsioni e voglie basiche di divertirsi e prosperare, senza mai comprendere le semplici ragioni della fisica e del mondo. Mentre, lui. Gli attendenti degli acquari spesso raccontano del modo in cui questa particolare specie di polipi, piuttosto comuni nelle acque naturali o meno degli Stati Uniti, siano portati per l’arte nobile dell’evasione: smontano valvole, aprono portelli, rompono sigilli. C’è ben poco che quegli otto arti, ricoperti di una doppia fila di ventose, non possano manomettere o disintegrare. Inclusi pesci, orecchie di mare, granchi, vongole, ostriche e aragoste, ciascuna trascinata con fermezza e convinzione fino al duro becco di chitina, che frantuma tutto e ingurgita, con lieta sussistenza. Non si arriva a certe dimensioni ragguardevoli, senza pestare qualche pinna o chela…

Ritrovarsi così, sospesi tra il buio e la luce, in mezzo al nulla quasi assoluto, assieme alla presenza di un qualcosa o di un qualcuno. È curioso notare come il punto d’incontro, tra il polipo e il suo testimone umano, non fosse l’abitazione quotidiana dell’uno, né dell’altro. Ci sono molti dati rilevanti, del resto, che noi tendiamo a trascurare, oltre a quel netto confine della superficie, dove finisce il mare e inizia tutto il resto. Qual’è il Ph, quanto bassa la temperatura? Che componente salina impreziosiva queste acque? Probabilmente per il polipo, trovarsi in questo luogo, non era meno surreale o strano che per noi, lontani osservatori. Mentre sognava la sua casa assai remota e una speranza del futuro.
Il polipo gigante del Pacifico non vive molto a lungo: circa 4-5 anni. Passati tutti a vagheggiare, spostandosi di frequente da una zona all’altra. La sua ansia fondamentale, forse l’unica che lo attanaglia, è riuscire a trasferire il proprio materiale genetico, letteralmente e grazie all’uso dell’ottavo tentacolo specializzato, l’Hectocotylus, il portatore della sacca spermatofora. Che in altre specie simili, come l’Haliphron dell’Oceano Atlantico, viene ritratto nel corpo quando non utilizzato, dando luogo all’evidenza apparentemente impossibile di un polipo con sette braccia. E buona parte della sua massa ben raccolta nel mantello, ovvero la parte sferoidale che a noi parrebbe un po’ una testa ma in realtà raccoglie tutti gli organi, incluso quel cervello tanto fino. E fluido come l’acqua del pensiero…

Octopus escape
Chi può fermare il nulla che sguiscia? Di sicuro non te, ingenuo timoniere.

La vita senza parti solide non è davvero facile da immaginare. Disporre di una forma che è soltanto un semplice suggerimento? Potersi stringere, fino a pochi centimetri se necessario, oppure estendersi a parecchi metri di portata? Sono questi, chiari vantaggi evolutivi, che permettono agli Enteroctopus dofleini di avvantaggiarsi di spazi e nicchie naturali molto valide a proteggersi e prosperare. A cui va aggiunta la capacità di cambiare colore, come i camaleonti e non solo: anche la ruvidità della pelle, per una migliore mimetizzazione. Niente di strano. Sono molti i predatori naturali del polipo gigante, inclusi gli squali lemargo del Pacifico, i capodogli, le foche e anche le lontre, in prossimità delle propaggini di terra del gelido, nonché frastagliato Northwest. Un intero continente che si protende verso il vuoto, i cui abitanti non disdegnano la carne proveniente da lontano, come del resto all’altro capo dello stesso Oceano, niente affatto fanno i giapponesi, con bacchette, con coltelli e piatti ricchi di sapori. Che questi grandi navigatori ad otto braccia degli abissi li conoscono assai bene, pure crudi, all’occorrenza.
La femmina di questi polipi, una volta che riesce nell’ardua impresa di essere trovata dal compagno (non dev’esser facile, senza richiami né feromoni da diffondersi nell’aere) depone fino a 400.000 uova, che si schiudono nel giro di sei mesi. Dal momento della deposizione, lei smetterà quasi completamente di cacciare, accudendo il nido con estrema operatività, soffiandoci sopra acqua calda di continuo, e nascondendolo fra le alghe ed altri piccoli regali. I neonati che ne fuoriescono al momento lungamente atteso, dapprima, hanno la misura approssimativa di un grano di riso. Come risulta estremamente facile da immaginare, non molti di loro sopravviveranno fino allo stadio di giovani adulti, del peso già notevole di 20-30 Kg. A quel punto, il ciclo ricomincerà. Una volta portato a compimento il processo di riproduzione, entrambi i genitori-polipo entrano in uno stato che viene definito senescenza. La femmina, stremata per il tempo trascorso ad accudire i piccoli, sarà già prossima a morire di fame. Mentre il maschio, sempre più affetto dal bisogno di esplorare, una sorta di autodistruttiva wanderlust, tende ad estendere i suoi viaggi verso la pericolosa superficie. Assai presto, un predatore se lo mangerà. Se soltanto potessimo portarlo in salvo….
La letteratura fantascientifica è piena di alternative interessanti alla nostra fin troppo nota e umana civiltà: esseri rettiliani, pelosi, giganteschi, piccoli e vecchissimi, dotati di ogni tipo di sapienza. Occhi bulbosi e corna ritorte. Braccia lunghe o gambe come tronchi! Specie senzienti dotate di telepatia o usanze d’ogni tipo, dall’imperialismo intergalattico alle ambascerie illuminate di telepati con sesto senso. Ma per sugli animali dei mondi extra-terrestri, guarda caso, la maggior parte degli autori soprassiede. Forse perché ogni possibile creatura, dopo tutto, già l’abbiamo su questo pianeta. Che vuoi descrivere di maggiormente sorprendente, più di un polipo gigante, che plana silenziosamente nell’oscurità? Al massimo, tanto vale dargli la parola…

Lascia un commento