Nel 1967, gli astronomi Jocelyn Bell e Antony Hewish scoprirono qualcosa d’incredibile, e non solo! Ciò avvenne come al solito, per puro caso. Mentre puntavano il proprio radio-telescopio, da scienziati di già larga fama, verso il nucleo galattico di una quasar, chiaramente alla ricerca delle origini dell’universo, furono improvvisamente abbacinati da un perfetto sfolgorìo del tutto regolare, quella che sembrò a tutti, in un primo momento, la chiara dimostrazione di una civiltà galattica sperduta all’altro capo del Creato. Era infatti impossibile spiegare, altrimenti, quel fenomeno: una luce intermittente, sempre uguale a se stessa, spenta e accesa, spenta e accesa all’infinito. L’energia, per quanto ne sappiamo, non si comporta a questo modo. Una volta accesa una fornace intergalattica, con una potenza sufficiente a scalvacare i parsec millenari, questa può soltanto ardere, fino all’esaurimento. Eppure…
Si accendano i riflettori. Uno spazio cosmico infinito, punteggiato da sperduti sprazzi di materia. Globulari ammassi opachi, qualche volta riflettenti, appena. Certe altre, invece, fulgidi di splendida energia. E speranza ed opulenza! Chi ha spostato le nubi molecolari fino all’incontro degenere, portando a poderose onde d’urto iper-cariche di gravità? Chi ha messo in moto i fiumi di gas pesanti e polveri oscure, accelerati fino a celeri conglomerati rotativi? Chi ha compresso il vento di particelle cariche, finché l’idrogeno, senza più una via di fuga da quel pozzo inconoscibile, si è riscaldato fino ad ardere, di un fuoco appassionato e senza un grammo di pietà? Chi mai? Chi potrebbe? Se non Brusspup, il presunto “autore” qui già trattato ben due volte ma che stavolta finalmente dico, si è dimostrata essere un’autr-ice (lo smalto azzurro sulle unghie, guarda caso, l’ha tradita) Tanto intenta ad appendere un pezzo di metallo, all’apparenza privo di segreti, sotto l’architrave abitativo, l’attaccapanni, addirittura un lampadario chi lo sa. Ma quel maneggevole oggetto con tanto di cristallo giroscopico nel centro, per girare meglio, è stato intagliato con una particolare attenzione alla sua ricorrenza matematica, per cui la stessa forma, ricreata, esattamente identica ma in scala ridotta, ivi ricompare nei diversi gradi dell’inclinazione rotativa, sui diametri del tempo di rivoluzione. E la forma è il fondamento dell’azione, in questo caso, perché pare un asterisco del pensiero. Si tratta dello stereotipo geometrico, tanto antico quanto immotivato fisicamente, utile a rappresentare quel concetto astrale… Niente affatto astratto, per inciso. Di un corpo spropositato in grado di produrre luce, e calore, e potenza e un peso filosofico per niente indifferente. Quand’ecco, si accende un riflettore sul fondale bianco. Stars shining bright above you! Di stelle si riempiono le case, in determinate occasioni, perché si usa dire che tali figure segnino il sentiero delle aspettative. Che ponendole su un piedistallo, in qualche figurativo modo, si possa giungere a uno stato di coscienza superiore. Sia pure questa, guarda caso, frutto dell’incontro con un bambinello artificiale, il semplice simbolo di…
Ma l’occhio umano è uno strumento niente affatto incorruttibile, magicamente in grado di produrre verità. Si presta invece, per sua fondamentale predisposizione, a interpretare soggettivamente tutto e tutti, senza la capacità di riconoscere la fonte di un fenomeno. Così basta un piccolo colpetto su di un lato, per dare il principio all’illusione ottica di questo giorno fortunato: ciò che ruota, pare invece fermo. Mentre la luce che colpisce, con precisa turnazione del turnover, i diversi lati della stella di Brusspup, riesce a trasformarla nella manifestazione tecnica dell’incredibile luminescenza, in un riflesso stranamente regolare, addirittura elettrico, come una lucetta Made in China, però senza la stessa supposta predisposizione a prender fuoco. Perché brucia sempre, di apparenza e solo quella, per l’effetto della rifrazione. Ecco, allora: ci ricorda che il nostro punto di vista può esser fisso, come quello degli astronomi, che per primi scoprirono la pulsar su citata, comunemente detta stella di neutroni oppure affettuosamente LGM (Little Green Men – piccoli omini verdi).
È un fenomeno davvero affascinante. L’ammasso globulare nato da un principio uguale a tutti gli altri, che per motivi largamente ignoti, a un certo punto si consolida con una polarità pressoché nulla. Pochissimi protoni, quei fondamentali mattoncini di materia, si trovano al suo interno. Così le cariche passano in secondo piano, rispetto alla particella subatomica neutrale, formata esattamente da due quark su, due quark giù. Qualunque cosa siano di preciso (vuoi certezze dalla scienza? Non studiare fisica quantistica, né astronomia) questi elementi inducono una rotazione, che con il passaggio delle epoche, invece di cambiare, resta uguale. Tanto regolare da superare i nostri migliori orologi atomici nella sua precisione, e così veloce da formare, ai poli della stella, due emissioni di energia magnetizzata. Sempre uguale, sempre accesa (nei fatti) ma intermittente per chi guarda da lontano (noi!) Perché gira nel vuoto cosmico sperduto. Vi ricorda niente? Il piccolo riprende il grande, per natura. È da ciò che prendono forma molti esperimenti, e perché no, dimostrazioni empiriche o giocose, come quella della stella di metallo di Brusspup. Così basate sulla pura tecnica dell’analogia, che sembrano piuttosto espletazioni stregonesche, alchemici sollazzi per la mente di chi ha voglia di pensare. “Illusione ottica” in fondo, è un concetto puro ed aleatorio. Nulla può ingannarti, se con il pensiero tu raggiungi il nocciolo della questione ed anzi! Da quel presunto meccanismo per trarre in inganno, si possono eccepire valide quanto importanti conclusioni.
Io non credo che l’autrice, con le sue molteplici invenzioni e dimostrazioni a cadenza quasi settimanale, sia poi così lontana da colui che dimostra per osservare, ed osserva per capire. Con il valore aggiunto della globalizzazione tecnologica, quel flusso inarrestabile d’informazioni, che ci offre una finestra valida sulle sue petites étoiles. Tangibili o virtualizzate, letterali oppure metaforiche, ben scolpite nella pura e semplice immaginazione…