Solidarietà tra gechi e una zuffa di Natale

Gechi solidali

È stato recentemente portato alla mia attenzione, durante un dialogo sofistico tra salottieri, che il serpente simboleggerebbe il male. Diceva l’interlocutore di una simile occasione, addirittura, che un paio di milioni d’anni a questa parte, in una sorta di giardino di Eren, o dell’Enel non ricordo, uno di questi animali si sarebbe arrampicato sopra un albero per prendere…Una mela! Lucida e brillante, parecchio strana, perché infusa in qualche modo della conoscenza. Era tale pomo, a quanto pare, una sorta di pegno simbolico della fiducia, tra due persone e un’altra, per così dire superiore. “Beh” Ho risposto io: “Gli ofidi non mangiano la frutta. Al massimo, se fosse stato un uovo!” Così quello, stranamente innervosito ha ammesso di essersi sbagliato, usando la più strana delle strategie: “Vedi, amico…” (Ti conosco appena) “La creatura verde spiraleggiante del racconto non era proprio un ANIMALE” (Ah, no?) “Ma la manifestazione sibilante dell’Avversario, colui che sussurra sempre le più pessime insinuazioni” (Vade Retro!) Davvero, certe Storie andrebbero aggiornate col passar del tempo. Io capisco che c’è un Libro, stampato in molte copie, addirittura Rivelate, oltre al fatto che sostituirle tutte non è Facile, perché c’è un Costo da affrontare. Ma in quel contesto, sarebbe certamente stato meglio usare un geco.
In particolare l’Eublepharis macularius, lucertola crepuscolare maculata dei deserti dell’Asia e del Pakistan, è molto nota per le sue abitudini frugivore. Al risveglio dal suo letargo invernale, quando dissotterra se stessa al sopraggiungere di un clima temperato, puoi vederla che cammina sui muri delle case di mattoni con l’aria condizionata, costruite dai popoli un tempo nomadi al confine delle oasi sul sentiero della seta. Moderne alternative edificate, queste, all’epoca dell’oro di cui abbiamo tale e tanta nostalgia, noi senza il cervello rettiliano di chi ruba pegni altrui. Mentre quella discendente che non ci pensa, saettando a destra e a manca e usando polpastrelli zigrinati, qualche volta s’introduce nelle stanze con finestre aperte. E la senti, prima di vederla, mentre mastica i tuoi fichi, la papaya, mango e pesca e pure l’uva, che hai lasciato in piena vista sopra il tavolo, sbadato. Non lo sai che c’è il geco leopardo, a queste latitudini? Quindi resta lì e ti guarda. Leccandosi gli occhi senza palpebre, con fare impertinente. Difficile odiarla per quel poco che ti porta via. Mangia tutto! Viene unicamente sconsigliato a chi la prende in casa, come bestiolina da compagnia (si, può capitare) di offrirgli la banana, poiché il potassio gli è nocivo, come ai cani e gatti, la comune cioccolata. Che peccato.
Bella la vita per l’animale che vive fra le mura di un’abitazione, o così si usa pensare. Benché domestico non voglia dire familiare, né garantisca, per natura, una particolare protezione dalle regole del mondo. Soprattutto in Thailandia dove, come è noto, non è insolito trovare molte bestie, anche d’imponenza significativa, ben oltre il sacro uscio dell’abitazione. Chissà poi, perché? Convenzioni sociali differenti, forse, oppure sarà l’effetto imprescindibile di quell’ambiente, così selvatico per predisposizione, ricco d’insetti, uccelli e rettili, con zampe oppure senza, con le scaglie se gli va.
Come questo serpentello verde, che in qualche maniera si è trovato, chissà come e chissà quando, ad elevarsi dal terreno. A sufficienza, per lo meno, da poter ghermire la sua preda di giornata!

Si tratta di una scena coinvolgente, quasi sconvolgente. Avessi avuto una telecamera a portata di mano, anch’io l’avrei documentata, per edificare chi racconta storie strane sui serpenti dei Primordi. Ecco, infatti, la sua preda prediletta, mica un frutto: qualcosa che si muove, che può correre e scappare, suscitando in lui l’istinto di…Colpire, uccidere e…Ingoiare. Il serpente ha molti doti, ma ben poche normalmente utili, contro il Gekko gecko o geco del Tokay, diffuso dall’India a tutto il Sud-Est Asiatico, ivi inclusa Burma e le Filippine. È la seconda specie di lucertola arrampicatrice più grande al mondo, dopo il geco gigante della Nuova Caledonia, scoperto nel 1829 da Georges Cuvier. Che sarà stato morso, da naturalista quale era, almeno due o tre volte da uno di questi altri graziosi amici thailandesi (fino a 51 cm di lunghezza) celebri per la mascella forte che una volta serrata su di un dito, raramente si apre, senza gran difficoltà. Veloci e attenti. Aggressivi e voraci esserini, in grado di muoversi in verticale con estrema naturalezza. Ma niente affatto, a quanto pare, più del presente serpente della casa thailandese, che miracolosamente, forse lanciandosi dall’alto, oppure avvinghiandosi da terra e poi venendo trascinato, era giunto lì, sotto la luce chiara di una lampada, faticosamente intento a ingurgitare la quadrupede malcapitata. Se non che…

Tartarughe solidali
Anche le tartarughe conoscono il significato del concetto d’amicizia. Eccone una che rigira la sua compagna d’avventure, finita misteriosamente capovolta sotto l’ombra di un cespuglio ameno.

Ecco una possibile realtà: chi è simile, si aiuta. Sia costui piccolo ed oblungo, oppure grande, irsuto e con la patente per andare fino al supermarket, per comprare il panettone. Non si tratta, a conti fatti, dell’espressione manifesta proveniente dal soffio del Divino, dell’ineffabile coscienza contenuta nella cistifellea, nella milza oppur nella tiroide dei sapienti (anima sguisciante, in quanto posti ti ho cercato!) Bensì dell’ordine comune delle cose. Se un geco rischia di essere mangiato, e l’altro assiste a quella scena, e capisce cosa stia per capitare, il che non è affatto scontato, INTERVERRÀ. Guardate l’espressione di quell’animale, a bocca aperta mentre osserva il suo nakama (amico) che sta per essere aspirato come polvere nel bocchettone di un vivido soujiki (aspirapolvere scalgioso). Egli non conosce lo spirito del Natale, né quello della Pasqua benedetta, come i conigli candidi e paffuti. Sa soltanto che ogni mattina deve alzarsi e correre, avanti, indietro, sotto e sopra. Ma non è il solo, giusto?
Oppure, chi lo sa, magari aveva solo fame di serpenti, pure lui. Non ci sono mezze misure, nella vita del rettile cervello-fine: si viene divorati oppure viceversa, quando possibile, senza considerare le preziose o rare circostanze. Ecco, probabilmente, perché hanno una pessima reputazione.

Geco e serpente
Un geco da solo contro il Philothamnus semivariegatus, o serpente a macchie dei cespugli, ha ben poche speranze di sopravvivenza. Il che non significa che debba arrendersi senza opporre una fiera e significativa resistenza.

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