Un miliardo di dollari, messo a rischio per fare pubblicità. Così avvenne un giorno, verso l’inizio del presente mese, che nell’eterno inseguimento tra la Boeing statunitense e l’Airbus con sede in quel di Tolosa, Francia, si fosse faticosamente giunti all’attimo di fuoriuscita dallo stallo: quella situazione complicata. Sono decadi, oramai, ma sembran secoli, che le due gigantesche multinazionali agiscono primariamente per contrastare la rivale, con ottimo guadagno di chi vola per passione o professione (non a caso la competizione del libero mercato è un fondamento degli ambienti tecnologici, dall’informatica ai motori). Davvero celebre era stata la questione da dirimere sul finire degli anni ’90, quando con l’irrompere nei cieli dell’Airbus A380 a due ponti, l’europea sembrò convinta di aver superato in portata e prestazioni l’ormai mitico B-747, gigante proveniente dal passato. Eppure non ammise mai, la fabbricante americana di quel navigato titano, che ciò fosse davvero capitato, in un susseguirsi di dichiarazioni comparative discordanti tra le compagnie. A: “Il 17% di lunghezza in meno della pista!” B: “L’11% di carburante in meno per passeggero!” A:”Il 50% meno rumoroso in fase di decollo!” B:”Riduzione dei costi per sedile del 6%” & so on & son on. Tale competizione, portata avanti non soltanto a parole ma con prove scientifiche di pregio ed assolutamente discordanti, non fece che inasprirsi nel marzo del 2008, quando il congresso degli Stati Uniti decise a favore della Boeing per un appalto da 40 milioni di dollari relativo alla progettazione di una nuova aerocisterna, lasciando a bocca asciutta le rivali Northrop Grumman ed Airbus.
Come ben capisce chi ha gestito un joystick per simulazione, nel combattimento aereo: tutto, oppure niente. È una scena spesso celebrata, che ben poche pellicole cinematografiche si son potute permettere di ricostruire con i crismi necessari; quando il pilota, generalmente d’epoche trascorse – sono preferite le due guerre – si lancia in vertiginose cabrate, punta il muso del velivolo verso il suolo, sopportando sollecitazioni ai limiti dell’organismo umano e poi…Finalmente, esulta! Perché il suo nemico è dritto innanzi a lui, tra le asticelle incrociate del suo puntatore, perfettamente in asse con le canne di un cannone, oppure quattro, oppure sei. Viviamo certamente in tempi più civili, adesso. Persino la nostra aviazione globalizzata, miracolo ingegneristico ancora largamente insuperato, si è fatta mansueta e priva di connotazioni distruttive. Eppure le battaglie si combattono ancora, tra le sale conferenze, oltre i tavoli di vetro e le fibre ottiche delle chiamate in VoIP, tramite cui si decide il fato di generazioni, il giorno dopo la presentazione di un progetto particolarmente ambìto. Ed io non so, davvero, cosa rappresenti l’ultima trovata pubblicitaria virale di un’azienda come Airbus che assai probabilmente, non rivolgendosi direttamente al pubblico coi suoi aeromobili, dovrebbe elevarsi dal bisogno di colpire grosse fasce di popolazione. Forse si tratta di una tecnica dei grandi numeri: fare qualcosa di tanto eclatante, così memorabile, da raggiungere anche la scrivania dei pochi e dei potenti, di coloro che contano e ricordano, prendono le decisioni. Oppure non si tratta d’altro che del gesto, chiaro e splendido, di una ripicca clamorosa, contro la Boeing concorrente, la dimostrazione di quel che si può fare, con il coraggio, l’intenzione e il marketing possente.
Fatto sta che mai nessuno aveva mai pensato di provarci: cinque prototipi del nuovo aeromobile passeggeri A350 XWB, dall’irrisorio costo di 260 milioni di dollari l’uno, che decollano assieme, probabilmente, dalla pista principale di Toulouse-Blagnac, per dirigersi “verso il mare”. Non è comunque chiaro quale, visto il modo in cui tale splendida città è posta perfettamente in mezzo nel braccio di terra che unisce Francia e Spagna, in bilico tra il Mediterraneo e la baia di Biscay. Ma del resto ormai poco importa, della geografia. Qui siamo nel regno della pura luce ed aria, uno spazio libero e incontaminato. In cui le maestose bestie di metallo, come fossero i leggiadri attori ad elica di un airshow, si posizionano a diamante, quindi a delta. Eseguono figure, i cui segmenti si misurano in centinaia di metri, eppure quasi sembrano toccarsi, in proporzione, un’ala contro l’altra. Oltre che freddo, il sangue dei piloti coinvolti nell’evento, probabilmente si era del tutto fermato, come il passo della storia dell’aviazione.
L’Airbus A350 XWB, tanto eccezionalmente messo in mostra, ha recentemente ricevuto le certificazioni necessarie per essere prodotto in serie. Costituirà, nel futuro panorama attuale dei voli civili, una nuova interessante alternativa per trasportare 250-300 passeggeri su distanze dai 13.900 ai 16.300 km. A definire gli obietti del progetto, ancora una volta, la messa in opera di un bimotore in grado di contrastare efficacemente la concorrenza, con una fusoliera più larga e capiente di quanto fosse stato mai concepito dalla Boeing, motorizzata da due potenti turbine realizzate ad hoc dalla Rolls-Royce. Gli analisti dichiarano che ci troviamo ad un punto di svolta, nell’antica tenzone, e che soprattutto visto l’aumento del prezzo del petrolio e del valore dell’euro rispetto al dollaro, la riuscita commerciale di questo aeromobile potrebbe determinare il controllo un buon 25% del mercato rilevante, e con esso l’intero futuro dell’azienda.
Una responsabilità non proprio indifferente, per i cinque coraggiosi piloti alla conquista del marketing spropositato, sopra i cieli di una Francia che guardava in su, sempre più in alto. Assieme a tutti gli altri, potenziali investitori.
La metafora bellica non è mai così lontana, ne inappropriata, nel commento a simili operazioni pubblicitarie. Tanto maggiormente in questo caso, così visibilmente simile ad un volo in formazione d’altri tempi, l’epoca del fuoco e della guerra, quando oltre i sottili bracci di mare d’Europa tali e tante tonnellate di metallo si affollavano, al posto degli uccelli migratori, per gettare un’ombra minacciosa sopra il suolo del nemico. Eppure niente bombe, per fortuna, ai nostri tempi, dentro a simili colossi dell’aria, bensì valige, carichi e bagagli. Possibilmente destinati a rimanere ben racchiusi tra le paratie fino al momento di atterrare, quando gli addetti alla mansione rilevante, con perizia incalcolabile, riusciranno a perderne soltanto una decina o due. Non certo a scaricarli sopra il cielo di Tolosa, alla maniera del carico di una fortezza volante B-17!
Quale sarebbe stato, in fondo, l’unica ragione logica per usare tanti grossi aerei tutti assieme? Se non quella di coprire in parallelo un vasto territorio e di colpirlo, quando necessario, con il carico dei propri passeggeri…In senso letterale, qualche volta, come fatto nel caso della recente esercitazione della USAF Weapon School, tenutasi nel deserto del Nevada pochi giorni fa. 24 trasporti Hercules C-130 della Lockheed, assieme a 20 C-17 Globemaster della Boeing, i celebri quadrimotore spesso adibiti al trasporto paracadutisti. Si è trattato, essenzialmente, della simulazione di un’invasione con forze combinate portata innanzi grazie al supporto dell’aviazione. Dapprima schiere di A-10 Thunderbolt, il celebre aereo per l’attacco a terra, hanno crivellato qualche valido bersaglio – ciò soprassedendo sul passaggio, sempre necessario, di distruggere prima le difese a terra da distanza di sicurezza con missili teleguidati a lunga gittata, per salvaguardare tali vulnerabili devastatori. Quindi, come niente fosse, 130 paracadutisti, con tutto il carico delle loro armi e bagagli, si sono lanciati di concerto, dalle loro piattaforme mobili e rombanti, per materializzarsi sopra il sabbioso campo di “battaglia”. Tali esercitazioni, tutt’altro che economiche, hanno lo scopo dichiarato di mettere in chiaro metodi e procedure. Consentono, nei fatti, di verificare le conseguenze eventuali di un errore, in circostanze meno serie di quelle offerte da una vera emergenza militare. Ma servono anche, esattamente come il volo in formazione degli Airbus, a sviluppare un’immagine coerente e ben definita, dimostrare le capacità potenti delle moltitudini ben comandate. Cosa non si farebbe, per massimizzare le proprie principali esportazioni: libertà e democrazia…