Sia dunque ricordato, a chi non ci pensava da parecchio tempo, del vecchio ma famoso detto internettiano: tu sei l’uomo adesso, Cane, oppure, per usare l’acronimo incisivo: YTMND (yourthemannowdog) Che nasceva da un’accorata affermazione motivazionale, fatta dal burbero Sean Connery al promettente giovane Jamal, interpretato nel 2000 da Rob Brown. Negli anni diventato un simbolo involontario, quel film pur meritorio e significativo, di una particolare giustapposizione memetica, assai diffusa, tra immagini senza senso e suoni ripetuti dall’altoparlante di un computer, messo al guinzaglio dal codice di un programmatore web con troppo tempo libero a disposizione. È stata una strana forma d’intrattenimento, oggi sempre più rara. Di YTMD (l’acronimo diventa un sostantivo) ce n’erano migliaia, fino a pochi anni fa, catalogati rigorosamente dall’omonimo portale web. Ma le mode passano e i significati migrano, dalle originarie connessioni specifiche ad altre maggiormente chiare ed intuitive. Così anche tu sei l’uomo, adesso, Cane intrappolato su una sedia, col padrone dietro, che t’imbocca per il pubblico ludibrio nella sera della nascita onorata. Un’ancor più strana, eppure MENO eclettica forma d’intrattenimento. Ed alla fine forse è proprio questo, il mistero maggiore di tutti.
Internet stessa, così determinata dalle circostanze tecnologiche, da quel remoto 2001 è diventata qualche cosa di profondamente differente. Da mondo culturale ed elitario per amanti dell’ultra-tecnologico, ricco di riferimenti astrusi e materiali prevalentemente testuali, al massimo qualche illustrazione, si è progressivamente trasformata in un vero e proprio parco dei divertimenti mediatici, con video divertenti, interazioni social tra “normali” e addirittura politici o altri uomini famosi che declamano le loro idee. Da versione digitale di una spropositata Akihabara, il quartiere di Tokyo famoso per i suoi piccoli negozi di elettronica e manga, siamo così passati alla cacofonia multicolore di una grande piazza del popolo, dove tutti vogliono partecipare, alla maniera che di più gli appare conveniente. Avete mai osservato, per un tempo lungo, i saltimbanchi o gli ambulanti (assai probabilmente abusivi) che s’industriano in centro città? Correnti immisurabili li spingono, secondo dei segnali portati dal vento, ad adattarsi l’uno all’altro, di continuo. Se un giorno appare un suonatore di fisarmonica, quello successivo, inutile dirlo che ce ne saranno tre. E quando irrompe, in quel micro-cosmo affollato, un “prodotto” di successo tra i turisti, come la bottiglietta d’acqua tirata fuori dalla busta ghiacciata, in breve tempo questa sarà replicata, nelle sporte trasparenti di quattro, cinque venditori. E così via… Perché così dettano le leggi del mercato: adeguarsi rende forti; rilevanti agli occhi della collettività.
Ed io non so, di preciso, chi abbia pensato per prima il qui presente, oggettivamente comico artificio. Ma meriterebbe, certamente, un premio. Che straordinario commento della condizione umana! Quale ricercata e pregna critica del materialismo! Tredici cani e un gatto (mai numero fu maggiormente significativo) siedono attorno al tavolo del veglione di Natale. L’ambiente scenico, colorato e caramelloso, va ben oltre la visualizzazione tipica di una casa scaldata dagli addobbi di stagione. È quasi la caricatura, di tale semplice realtà familiare: un albero di natale gigantesco infesta l’angolo estremo, semi-oscurato da una piramide di pacchetti. Aghi di abete ricadono a cascata da una mensola senza fine. Un ritratto idealizzato di famiglia alla parete mostra il micio coi suoi pargoli, piuttosto stranamente assenti nel convito. Li avrà mandati a studiare all’estero, chissà. Mentre sul tavolo, nel frattempo, c’è di tutto: il mega-volatile ben cucinato che si sa, potrebbe averne fino ad altri due dentro, per un turducken che giammai ti aspetteresti. Le salse e i pasticcini, l’insalata e i wurstel nei piattini… Ma già la saliva nella bocca degli invitati è pronta a trasbordare. Si aprano dunque, le tende di questo metamorfico caravanserraglio.
Si tratta, naturalmente, di una pubblicità dei croccantini. Serviva davvero dirlo? “I am forevel grateful for Freshpet” Perché sono naturali, gustosi, piacevoli al palato dei divoratori beneamati, i vostri pargoli pelosi; così reciterà, parafrasando, il retro della scatola di un tale cibo. Però guarda, a scanso di equivoci: anche io sarò per sempre grateful a Freshpet. Perché sono stati certamente i primi, dopo quasi una decade di tentativi, a riuscire nell’impresa d’inscenare il cane umano. Chiunque abbia avuto la fortuna di condividere la casa con una di queste splendide creature, infatti, ben conosce la loro costante fame apocalittica, questo bisogno percepito di nutrirsi, sempre e comunque, nonostante l’apparente sazietà. Un cane ben educato, grazie all’addestramento, possibilmente tedesco, potrà contenere forse in parte tale impulso. Eppure persino lui, sotto la scorza quieta, continuerà a nascondere lo stesso gran dragone pronto a scatenarsi, quando avulso agli occhi dei padroni. O anche meno: della pura e semplice abitudine. Ed è terrificante e meraviglioso, quando capita. Qualcuno ricorderà certamente, durante una formale cena presso casa di qualche nonno oppure zia, le scorribande dell’amato cagnetto iper-eccitato, che ansimando rumorosamente con gli occhi strabuzzati andava ad impattarsi sulle gambe del tavolo, e di chi lo stava usando, nella speranza di ricevere anche lui un cadeaux. Il regalo, un dono che corrompe nell’unica valuta riconosciuta dall’animale cane: mangiare, mangiare ancora fino a che…
Grazie, Freshpet. Perché dico, ve l’immaginate quanti tentivi avrà richiesto una simile pubblicità? Trovare dieci cani, così tranquilli nell’inclinazione, da poter tollerare l’imposizione della scellerata “procedura”. Vestiti e bloccati, amorevolmente, poi circondati dalle braccia che si fingono le proprie. Per essere imboccati, a una velocità di certo tutt’altro che soddisfacente, mentre la telecamera riprende tutta una serie di scenette senza senso. Cani lupo, col classico golfetto di Natale, inforchettano pacatamente un po’ di carne. Mentre il molossoide rossicio a pelo corto, coi suoi occhiali sghembi, realizza la ragionevole approssimazione dello zio d’America, ancora intontonito dal jet-lag. Una labrador nera con parruca si pavoneggia, mentre la sua vicina infiocchettata sottrae abusivamente l’argenteria. C’è un bulldog che beve liquore dalla fiaschetta, un giovane retriever che gioca con il cellulare…Ogni possibile stereotipo più meno rilevante, riprodotto all’interno del mondo a quattro zampe e così presenziato, dal rigoroso gatto, assai perplesso, posto a capotavola. Quello che davvero, più d’ogni altro personaggio, pare un mutante uscito dalle tenebre della ragione. Dev’esser colpa della spoporzione tra il suo corpo e il paio di braccia umane. Ah, la stagione!
È un mese speciale, questo. Il breve periodo in cui convergono le aspettative di un intero anno, duramente trattenute, fra doveri faticosi, impegni spiacevoli e quel senso caliginoso di percepita povertà. Quando finalmente, ricevuta l’agognata tredicesima, l’essere umano si scatena, migrando a frotte verso i luoghi d’acquisto, all’ardua ricerca di un breve attimo di felicità. Ed è questo un meccanismo perverso, per cui le moltitudini, così agitate, si ritrovano forzatamente in branco, come gli animali; sempre più accalorate, maggiormente desiderose di spendere ad ogni costo le proprie sudate, nonché limitate forze (e finanze). Finché non giunge l’attimo del munifico veglione. Durante cui tutta la famiglia, ormai all’ultimo limite di sopportazione, si siede a quel tavolo, apparentemente soddisfatta di…Qualcosa. Gioiosa addirittura, sebbene un po’ annoiata. Un piccolo popolo di quella stessa piazza virtuale, in cui tutti fingono di desiderare la stessa cosa, perché ciò ti rende rilevante, addirittura memorabile, come l’antica e nobile pratica del YTMND. Tutto è lecito, per placare quella strana fame. Beati i cani, dunque. Perché di essi è il regno dei croccantini. E lo sarà per sempre.