Hai tenuto quella bambola come un tesoro. Le hai comprato sei dozzine di vestiti, un letto a castello, la scatola dei trucchi, tutti quei balocchi. E alla fine, pure la casa! Dotata di piscina, salone da ballo, cinema privato. E quella, come ti ha ricompensato? Ha preso l’automobile, una jeep di grossa cilindrata, e fino nello Utah, se n’è andata. Per inseguire il sogno di trionfare, finalmente, anche nel mondo delle imprese audaci. Rombo di motori, sventolano scacchi di bandiera; tempo di partire, verso il fuoco del tramonto e della plastica bruciata!
È strana la vita di una Barbie, se tale si può definire. Sottile ideale di una donna ingenua ed attraente, che pur tuttavia riesce, in qualche modo poco chiaro, a farsi strada nell’umana società. Non ci sono invero dubbi su chi sia la parte dominante, della coppia che lei forma col suo Ken, su chi abbia i soldi virtuali, le costose e numerose proprietà. Avete mai sentito parlare del motoscafo, della station wagon, dell’elicottero di lui? Come un famiglio, quello segue la signora. E s’illumina, al massimo, di rosea luce un po’ riflessa, godendo della fama di seconda mano. Il che non significa, del resto, che l’intera storia sia per forza diseducativa. C’è questo stereotipo, assai diffuso, secondo cui soltanto i giocattoli per ragazzini, tutte le astronavi e quelle spade, i carri armati ed i fucili, siano conduttivi ad un futuro di successi. Quasi che il tremendo sentimento, dell’aggressione furibonda ad ogni costo, possa trovare applicazione negli anni a venire, per facilitare gli obiettivi di carriera (il che, del resto, è in parte vero). E che invece le bambine, circondate da figure dolci e leziose, bebé che piangono, cucinine senza piatti da lavare, siano destinate, già da piccole, a una vita di glorificata servitù. La quale opinione, chiaramente, tralascia il ruolo delle Power Wheels. Ci saranno pure cose che, almeno secondo lo stereotipo, ci dividono tra maschi e femmine in età scolare. Ma una jeep fuoristrada, è sempre una jeep fuoristrada. Difficile dire di no!
Manca un termine largamente accettato nella lingua italiana, ahimé, per riferirsi a questa ingombrante eppur diffusa categoria di giocattoli, le macchinine semoventi a batteria: rosso ferrari, nero Lamborghini oppure rosa, rosa come Barbie. Mi riferisco a quelle grosse, sopra cui la bambina/il bambino può effettivamente salire, per guidare alla potenza non-considerevole di 0,1 cavallo, su e giù per il vialetto della propria casa con giardino e così via. Ma una cosa è certa: mai nome fu più conduttivo al trarre in inganno, come quello anglofono di tali cose, poiché allude a una potenza che mai c’è stata, mai dovrebbe esserci…Pena cappottamenti ed altre non-amenità. Però ecco, il mondo degli adulti che si annoiano può connotare molte cose. Contaminarle, addirittura, con la voglia di fare rumore!
Il video d’apertura, risalente al 2011, fu il prodotto memorabile di un non meglio definito gruppo di inventori statunitensi, il cui sito semi-vuoto Mechanical Planet riporta, nell’ordine: 1 – Un gigantesco camion con il nome (non puoi chiamarlo “logo”) rigorosamente fatto al computer con un software di modellazione 3D. 2 – La Mustang rossa e il fuoristrada della Cadillac, già usate per folleggiare sotto gli occhi di YouTube. 3 – Un tavolo da pic-nic (!) con quattro ruote ed un bauletto, dentro al quale, teoricamente, si nasconderebbe un piccolo motore. Difficile capire come tale arnese potesse sterzare, data l’evidente assenza di un volante.
Non è insolito trovare online video di questo tipo. Certi giocattoli, per loro imprescindibile natura, suscitano l’entusiasmo della collettività. Ma quando si è adulti, viene voglia di modificarli, renderli più funzionali al proprio essere già sazi delle occorrenze della vita. Dunque, ormai ben lo sappiamo, ci sono vari modi per incrementare la potenza di una Power Wheels. Il primo è anche il più semplice: rimuovere il bullone che blocca la posizione più avanzata dell’attuatore-leva-del-cambio, per un istantaneo guadagno del 20% di velocità di punta. Si può, inoltre, sostituire la batteria con una più prestante. Tuttavia, personalmente, non avevo mai visto impiegare questo metodo ulteriore, di mettere proprio sotto il cofano di plastica un vero e proprio motore a combustione, assai probabilmente preso da una moto, con tanto di tubo di scappamento ad alta resa spernacchiante.
Purtroppo, dopo la loro storica trovata di correre come pazzi in giro per la tundra usando queste quattro mini-car (tra cui, naturalmente, la jeep di Barbie) i Mechanical Planet sono spariti agli occhi della collettività. Ma il sogno vive ancora…
Come gli eroi motoristici che corrono, ogni anno, tra Parigi e Dakar, tra dune perigliose e ripidi fossati. Alla maniera di quei corridori, americani quanto loro, che percorrono le strade della Baja California fino al Messico, tra trappole più o meno artificiali, i partecipanti della EXTREME BARBIE JEEP RACING non devono temere l’infortunio. È infatti una gara per veri duri, questa, che non abbiano bisogno di dimostrare nulla, né problemi col colore rosa. Si tiene periodicamente da un paio di anni, con il patrocinio della compagnia mediatico-sportiva BustedKnuckle, presso un dirupo di Booneville, nell’Arkansas di Oz-iana memoria. Nel quale gli spericolati si lanciano, assistiti dalla sola gravità. Perché i mezzi usati, in questo caso, non sono delle Power Wheels, ma semplici veicoli a pedali, o forse neanche quelli, delle più diverse fogge e dimensioni. L’obiettivo, che ben pochi riescono a raggiungere, è di arrivare fino in fondo senza perdersi una ruota o due.
Il contesto, per giudicare una simile competizione, è tutto. Forse l’evento è una critica all’umana condizione di gioventù, quando il colore della propria macchinina, secondo le convenzioni vigenti, dovrebbe risultare determinante nella formazione di una sana personalità. Forse costituirebbe invece, l’irriverente annientamento di un implemento consumistico, il giocattolo che non fa quello che dovrebbe, come ciò che invece rappresenta. Oppure, ancor più probabilmente, la EXTREME BARBIE JEEP RACING nasce da entrambe queste cose, coadiuvate dalla voglia di divertirsi e far gli scemi, tanto per sfogarsi dalla settimana di lavoro.
Ora, se soltanto questi signori dell’Arkansas polveroso potessero incontrarsi coi colleghi dello Utah innevato… Potrebbe derivarne, nei prossimi anni, la realizzazione di un sogno: Mario Kart, con le persone vere? Ma fate presto. La Peach ancora attende il suo principe, in quella torre merlata sopra la fortezza delle tartarughe…