Qualcuno certamente si ricorderà di quella strana pubblicità tedesca, risalente al Febbraio scorso, in cui un distinto signore con la barba, vagamente simile a Babbo Natale, danzava in giro per le strade e cantava con vocione suadente le sue lodi smodate per i meriti del cibo in scatola e di tutto il resto della spesa, fino ad immergersi orribilmente, nel finale imprevedibile, dentro a una vasca da bagno piena di latte e di corn flakes. Tale video può vantare, a quasi un anno di distanza, oltre 12 milioni di visualizzazioni. Per la catena di supermercati EDEKA, dopo una trovata tanto eccellente, era decisamente difficile superarsi. Non a caso, i loro creativi deputati al ramo dell’advertising qui hanno scelto una via diversa, che punta sull’incontro tra la tradizione musicale delle feste e la moda contemporanea, ormai inflazionata, del cosiddetto prank marketing, ovvero il mettere la gente (teoricamente) scelta a caso in situazioni strane, almeno in parte conduttive dello spot pubblicitario rilevante. Così ecco Jingle Bells, suonato sui registratori di cassa. Chi l’avrebbe mai detto?
C’è un equilibrio di fattori non facile da calibrare, in tali scenette, tra il credibile e l’incredibile, ciò che possa convincere, secondo il patto finzionale, gli astanti accidentali e conseguentemente permettere a noi, tramite un adeguato slancio di suspension of disbelief, che Si! Stiamo osservando gente comune, trascinata dagli eventi all’improvviso e che reagisce con totale ed ASSOLUTA spontaneità caratteriale. Il quale trucco, in questo particolare caso, non riesce appieno. E poco importa. Si tratta, in fondo, di una situazione buffa e bonaria, tutt’altra storia rispetto agli scherzi terrificanti e i giochi a premi che normalmente veicolano un tale tipo di campagna. E poi c’è il fattore tecno-elettronico, a fare da demiurgo, l’entità incorporea che può dare origine a qualunque tipo di miracolo, natalizio o d’altro tipo, attraverso misteriosi e minuscoli corpuscoli, co-processori e fil di rame. Dunque, davvero, oltre il cinismo, resta la musica del mondo, tutto in tondo.
E quale deliziosa sinfonia! La scena: la parte anteriore di un affollato centro commerciale, decorato da cascate di lucine bianche ed oro, immerso nell’oscurità dell’incipiente sera. Eppure comunque affollato, da persone di ogni età e provenienza. Lì c’è un impiegato stanco, di ritorno a casa dal lavoro, fermatosi soltanto per comprare poche cose per la cena solitaria. Dall’altra parte, una famigliola con bambino, momentaneamente staccatosi dalla Playstation, tanto per venire ad annoiarsi assieme ai genitori. La signora benestante con gli occhiali firmati e la pelliccia assieme al giovane di probabile etnia indiana (perché si sa che secondo precise statistiche, su 100 persone almeno una è ricca, l’altra amabilmente inter-culturale). Oh, quale stupenda selezione di variopinta umanità! Finché accidentalmente, per puro “caso” qualcuno non giunge fino alla cassiera con un pacco di…Biscotti! Che fa TUTU. E subito segue, all’altra postazione, una bottiglia di spumante, TUU-TUU & so on & so on…crakerscaffépanettonesuccodifruttainsalatanoccioline-THROUGH THE SNOW…
Siamo tutti parte di una macchina il cui nome è società del consumismo. E ciò non è mai maggiormente apparente, che nel periodo che conduce all’antica festa del Sol Invictus, il solstizio d’inverno, sapientemente scelta per nascere anche dal Cristo salvatore e da tutti gli orsi bianchi della Coca Cola. Così è chiaro che un miracolo accidentale, seppur dovesse verificarsi, sarebbe in linea con un sentimento totalmente a tema, ovvero lo sperperamento della propria ultima parvenza di ricchezza monetaria, e sceglierebbe per manifestarsi proprio il tempio di quel gesto dell’acquisto, l’alto e vasto e cacofonico edificio. Siete per caso entrati, in questi ultimi tempi, dentro a un gran supermercato? È tutto un vociar di gente e macchinari, quelle nuove, sfolgoranti e indubbiamente utili casse automatizzate, dalla voce stranamente roboante. “Uno euro e 70!” Poi “Uno eur-due euro e 15” Finché: “Dieci-assette euro!” E sembra quasi che fra tutti quanti gli acquirenti del minuto, ci sia un accordo per far fondere le emanazioni auditive, evocare il drago portafortuna che si annida nell’impianto dell’aria condizionata. Ecco, proprio questo ha fatto EDEKA. Però usando, a scopo accattivante, solo il tono ed il richiamo del registratore.
Le peggiori pubblicità nascono dall’idea, molto diffusa tra i dirigenti e manager d’azienda, che il proprio marchio sia speciale, eternamente legato a un senso di prestigio, sacro ed inviolabile dal punto di vista dello stile. È molto triste, quando ciò succede. Perché a quel punto la comunicazione coi possibili clienti diventa stigmatizzata e monocorde, addirittura rigorosa. Si mette il prodotto al centro e solo quello, finché non svanisce, scivolando via dai lati dell’inquadratura, ogni residuo presupposto di creatività. E ciò non è nemmeno conduttivo, secondo l’evidenza, a fare buoni fatturati, vendere o sfondare verso nuove fette di mercato. La buona comunicazione, invece, nasce da un’idea: che qualcuno ha avuto, dietro un valido compenso, in qualche giornata di accanito lavorìo.
Ma la pubblicità migliore e degna di essere antologizzata, è ancor diversa. È frutto dell’incontro accidentale tra due o più persone, che in momenti diversi della propria vita, per ragioni totalmente discordi, hanno coltivato il proprio campo d’interessi. Finché un giorno favoloso, il caso, non li fa incontrare e genera nuove possenti connessioni. Così probabilmente era stato, all’inizio di quest’anno, tra i rappresentanti del management EDEKA, il musicista digitale Der Tourist e l’attore di teatro Friedrich Liechtenstein, che si trasformarono per la campagna “Supergeil” in quella sorta di spettrale presenza canterina, carica di suggestioni e conturbanti gestualità. Quando il reparto marketing sa lavorare veramente bene, non c’è alcun dubbio sulla sua importanza e a nessun livello dell’azienda si può criticare il suo lavoro. Persino i commessi che sostengono l’intero meccanismo, tra un faticoso turno e l’altro, scherzeranno sulla simpatia del proprio spot di appartenenza.
Se un simile futuro di successi e soddisfazioni aspetti anche il giovane beatboxer-cassiere, punta di diamante della nuova digitalizzazione super-polifonica di Jingle Bells, è davvero ancora presto per dirlo. Ma il video è online da ieri e già sta facendo il giro della blogo-sfera interstellare. Se non è un buon segno questo,