Quasi inconcepibile, che sia così difficile da fare. L’avevate mai visto in questo modo? Ecco un armiere d’aviazione, forse americano, presso un non meglio definito campo base, chissà dove & chissà quando, che dimostra l’alta dose di manualità che serve per immettere i minacciosi pallottoloni nel meccanismo del cannone a canna singola da 30 mm M230, dell’elicottero da guerra più famoso al mondo, in circostanze che parrebbero, allo sguardo, solo leggermente al di fuori della prassi quotidiana.
È una sequenza indicativa, sofferta e significativa. Che dimostra come anche un sistema d’arma pseudo-futuribile come questa mitizzata torretta sub-veicolare, in grado di colpire bersagli piccoli da una piattaforma mobile in aria, rapida e letale, ricevendo dati quali la scansione ad infrarossi notturna (FLIR) e il puntamento laser del sistema TADS […] sia fondamentalmente progettata dagli umani, ed in quanto tale, soggetta a problematiche istantaneamente riconoscibili, allo sguardo di chi vive con la tecnica applicata. Come noi tranquilli, rilassati civili (quasi sempre) finché non s’inceppa, in un dì parecchio concitato, il rullo demoniaco della stampante laser dell’ufficio. E non entrano più i fogli, sparisce quel risucchio magico e tutti s’incastrano candidi e indefessi, l’uno dopo l’altro, mentre si esaurisce il tempo limite ed aumenta il nervosismo! Ah, ve l’immaginate, la stessa situazione, in volo sopra i ripidi crepacci di un dismesso campo di battaglia? Mentre vi suona nell’orecchio il trillo dell’avionica di bordo, sonoro ed insistente, a segnalarvi che un sistema d’arma fissa vi ha puntato, e Colui non voglia, potrebbe pure funzionare? Non è che la guerra sia una gara a chi subisce meno guasti tecnici imprevisti. Ma, talvolta così pare…
Quindi tanto meglio, far le cose bene: “Chi non ha buona testa, ha buone gambe!” Ovvero se dimentica, poi torna indietro. Ma dovesse dimenticare la cosa maggiormente inappropriata, ovvero le chiavi di casa, saranno affari suoi. Quando decolli da un FOB (Forward Operating Base) in un vortice di sabbia e piccoli detriti, sotto un’elica rabbiosa e verso gli obiettivi di missione, l’M230 è il tuo fucile. La tua chiave di volta per tornare a terra tutto intero. Ce ne sono molti come lui, ma quello è il tuo. Il tuo fucile è il tuo migliore amico, la tua vita. Devi dominare il tuo fucile come domini la tua vita (etc.etc..) Eccetto che… Naturalmente, non puoi dominarlo!
Perché sei chi lo conduce con la cloche, oppure lo punta in giro dalla sua console, mica il tecnico che si occupa di caricare l’arma. Chi ci capisce di una tale roba? Nei settori della guerra di supporto, ovvero tutto quello che non è la pura e dura fanteria, c’è sempre una vasta squadra dietro ciascuna missione, della quale, soltanto una parte giunge fino al fronte. Gli altri assistono e conducono l’idea (di distruggere il bersaglio). Il che davvero appare chiaro, nell’interessante video della carica del presente cannoncino. Che comunque, secondo alcuni commenti online, qualcosa che non andava ce l’aveva eccome…
Si svolge così: l’elicottero atterra sul brecciolino grigiastro, ben guardandosi dallo spegnere il rotore. Se ti arruoli e giungi fino a un tale ruolo, caro tecnico ingegnere, dovrai lavorare nel frastuono e con la testa bassa. Altrimenti, ti pagavano di meno! Quindi tale coraggioso apre, con cautela, lo sportello metallico sul fianco dell’apparecchio e preme un tasto nero sul pannello posteriore. Probabilmente, a questo punto l’arma è in modalità manutenzione, ovvero ha la sicura. Poi si mette a terra sotto l’arma, in ginocchio, e con una chiave inglese, di buona lena, gira vorticosamente un piccolo bullone. Con lo scopo probabile di far avanzare a mano il meccanismo di carica, il che risulta… Nella fuoriuscita, oibò! Del colpo in canna, poi di quello successivo nella fila. Che cadono fuori e vengono subito inseriti in due delle tasche apposite sulla sua tuta. L’azione torna sul pannello superiore, stavolta con l’assistenza, decisamente meno che pristina, di un gentile collega, che forse stava solo passando casualmente lì da quelle parti. I due iniziano a inserire le file di proiettili, legati fra di loro da una leggera struttura in plastica, a mò di clips (che comodità). Ma il meccanismo non vuole saperne nulla e non li accetta, così loro iniziano a separare i grossi colpi da 30 mm e li inseriscono singolarmente, l’uno dopo l’altro, incluso, alla fine, quello nella tasca di destra dell’armiere. La procedura risulta, a dire poco, macchinosa. Fatto questo, quel che resta è solo da tornare sotto, mettere in canna l’altro colpo preso su da parte e dare qualche girata in senso inverso al valido bullone, per far avanzare la fila di pallottole fino al punto giusto. Poi si riattiva la modalità di fuoco e si chiude tutto l’apparecchio. Pronti, via, decollo! I nemici sono pronti per scrutare il cielo e rendergli un saluto, in cambio dell’angelica Presenza di metallo, tanto spesso, americano.
I flussi economici del mondo conducono, da almeno dieci secoli, piccoli oggetti metallici da una parte all’altra degli oceani, sotto ed oltre le montagne. Sarebbero questi, le monete, tangibili o virtuali, di una tormentata economia. Il commercio crea e distrugge le nazioni, corrobora le scelte dei polici e talvolta, neanche troppo raramente, prepara il suolo per un cambio di sovranità de facto, da cui il de jure, guarda caso, non è mai così lontano.
Ma talvolta, dove il desiderio ed il potere non è sufficiente, questi oggetti fluidi prendono diversa forma. Da tondi e piatti, come fiches di Casinò, diventano oblunghi, appuntiti e carichi di foschi sentimenti. A quel punto non son altro, dunque, che trivelle, fatte per distruggere le infrastrutture. Di ogni tipo, a seconda del bisogno: giacché si sa, un corpo trapassato da 30 mm di ferro, normalmente, non resta integro, sul finir della giornata. E tanto meno ciò succede con altri tipi di obiettivi, quali fabbriche, stabilimenti. Annienta i presupposti della moderna industrializzazione, poco resterà di una nazione, tranne fazioni ribelli, contro il mondo e contro tutti quanti, ferocemente in guerra fra di loro per quel poco che gli resta. A quel punto, il denaro investito dalle industrie straniere non sarà più l’arma di un imposto predominio, la forzosa globalizzazione. Bensì un aiuto umanitario e la panacea di tutti i mali.
Munizioni che guariscono, pallottole emolienti per gli sfoghi della fiammeggiante umanità. Non è fantastica, la moderna tecnologia del marketing? Tutto quello che serve è un grafico (il pilota) un copywriter (l’armiere) e una valida stampante tipografica. Piena di ferro e pregno toner, da sparo…