L’equipaggio russo di un’imbarcazione sta per fare un’orrida scoperta, anzi due. Che ogni pesce scheletrato ha le sue spine. E che i pinnipedi con la criniera non dormono quando hanno fame. Come diceva Esopo, l’antico narratore. La zuppa di mare è quel piatto tipico della tradizione povera, che traeva la genesi, originariamente, delle indesiderate rimanenze di giornata. Il rude navigante, tolto il cappello e l’impermeabile, dopo una mattina fra le onde e un pomeriggio tra la gente, qualche volta ritornava a casa, stanco, dalla sua famiglia. Con vongole, seppie, gallinelle nella sacca intelata. Con rombi e scampi e qualche coda di rospo nel taschino, tanto per far da truce ciliegina. Cosa fare, dunque, se non mettere tutto in padella, assieme all’olio e al condimento vegetale… Per un’altra serata semplice, soddisfacente, nutritiva (sebbene alquanto ripetitiva, nei periodi sfortunati!) E c’era un po’ di tutto: il buono, col cattivo, separato solamente all’occorrenza, dalla moglie o dai figlioli sempre attenti, con forchette, con bacchette, con le mani. Un “fare” universale. Oggi, tale tradizione è stata trasformata, come molte altre, nella precisa scelta di chi va al supermercato, compra bestie surgelate, già domate, provenienti, addirittura, da ordinati allevamenti posti sulle coste del Mediterraneo. È ormai difficile trovare, dentro a un piatto di una tale zuppa, occhi galleggianti, pezzi di mandibola o tenere interiora incommestibili, pezzi di coriacee pinne e aculei velenosi. Se capita, sarà un errore. La tragedia che rovina l’occasione. Eppure il mare resta, come sempre lo era stato, imprevedibile. E nel primo contatto, inconoscibile!
Dove si svolga esattamente questa scena, non è chiaro. Il video si è materializzato su YouTube, verso la metà di ieri, in quindici copie parallele, titolate in russo, inglese ed altre lingue. Una cosa è certa: siamo tra le genti di quel paese, il più vasto della Terra, che si estende dall’Europa Orientale fino alle propaggini costiere di Nippon, terra di kanji e samurai. Quelli che dal canto loro le balene, vittime innocenti, le arpionavano da una distanza di sicurezza. Ma la Russia è differente: sul ponte del natante tanto incauto, si ode un grido all’improvviso: “Allarme!” Nella rete a strascico, faticosamente riportata a bordo, non c’è un tonno, né un cetaceo. Non c’è neanche, meno male, un povero delfino sfortunato. Ma…Qualcosa di..Selvaggio. Come se i pesci, stanchi di soffrire, si fossero riuniti sotto il segno del destino. Per evocare, sotto il segno della fine, una creatura che li possa vendicare, liberare dall’occulta schiavitù: “Troll di mare a bordo, salvatevi se potete!”
È una visione dantesca, per non dire tolkeniana. La bestia nera senza collo (oppure tutta-collo, come un cobra) riemerge dalla rete in un baleno. Ghermisce con il muso un uomo adulto, scaraventandolo lontano, fra il sartiame. Quindi, se la prende con il cane.
Il problema dei leoni marini è che, a differenza di quelli che vivono nella savana, hanno un’aria placida e bonaria. Con gli occhi grandi e tondi, i baffi simili a vibrisse, il muso morbido e umidiccio, come un labrador ciccione. Se dovessi incontrare uno di questi esseri per strada, in una notte senza stelle, ammettilo uomo moderno, andresti ad accarezzarlo?! Davvero? Un mostro di tre quintali, lungo due metri e mezzo, che mangia l’8% del suo peso corporeo per ogni pasto di giornata? Nelle isole sperdute tra l’Oceano del Pacifico settentrionale, presso il mare di Okhotsk, vive una particolare specie di otaride, l’Eumetopias jubatus o leone marino di Steller, i cui esemplari maschi raggiungono abbondantemente l’intera tonnellata di peso. come un toro bello grosso, a dire poco. Immaginatevi pescar per sbaglio, un simile titano degli abissi…
Ma non tutto il male vien per nuocere. Questi incontri accidentali, tra bipedi terricoli e creature simili alle foche, possono fornire, all’occorrenza, nuovi spunti di reciproca e profonda comprensione.
Questo qui era il video, piuttosto famoso, girato l’anno scorso da Rick Coleman presso le coste della California meridionale, sul suo kayak. Ha un che di mistico, davvero. Nel buio e nel silenzio della notte, illuminato solamente dalla luce della torcia, sulla prua della minuta imbarcazione appare un clandestino: il cucciolo di quei Terrori “le cose peggiori da trovare tra il pescato”. Ed è carino, infreddolito e sembrerebbe quasi spaventato. Quello si, faresti bene a coccolarlo. Un attimino, accarezzarlo. Altrimenti, quando ti ricapita? L’autore teorizza, nel commento al video, che il piccolo animale si fosse rifugiata sulla canoa per sfuggire ai denti degli squali. Ah, fantastico. Quale miglior posto, per un’escursione notturna tra le acque, completamente soli, sopra una barca di due metri. Senza neanche il fievole bagliore della Luna…