Street Fighters delle australi circostanze

Kangaroo Fight

Talvolta prendo i miei canguri, tutti quanti i miei canguri e li dispongo attentamente su due file di otto quadratini l’una. Poi li scelgo col cursore, finché non si ode quella voce, FIGHT! C’è un ordine preciso nell’armata dei macropodidi, potenti marsupiali; schiere di studenti dediti all’apprendimento della boxe, come altrettanti monaci di Shaolin, la piovigginosa; poi giovani virgulti, quadri destinati a realizzare grandi cose; e soprattutto, sopra a tutti, gli spietati e intrepidi Dominatori. Sono pochi, tra gli sballonzolanti sgherri coi piedoni, a poter vantare la corona di conquistatore del torneo. Che ricade solamente sulla testa di chi si è saputo imporre sopra il ring caduceo della sua esistenza.
Due ragioni, soprattutto: l’amore di una don-gura. O l’impiego esclusivo di una pozza d’acqua, se ci si trova ben lontani dall’umidità del mare. È l’usanza, lo stilema. Non è chiara la ragione per cui certe volte, il combattimento tra i canguri si trasformi in un complesso rituale, fatto di pose calibrate, gomiti raccolti e veri e propri haymakers, pugni degni del possente Cassius, detto qualche volta Alì. Piuttosto che cercar di sottomettere il nemico, come usano fare i felini o i nostri amici cani, costoro inscenano l’epica storia degna di uno show televisivo. Inizia così: con un colpetto, dato con la zampa anteriore destra, sul collo del prescelto. A quel punto, possono succedere due cose. 1: la sfida viene rifiutata, perché il ricevente si considera incapace di raccoglierla, o in alternativa, è di gran lunga più imponente di quel presuntuoso. Ebbene si, i canguri hanno una certa considerazione per il prossimo troppo sicuro di se, e se possibile, evitano d’infierire. O per meglio dire, riconoscono i meriti sportivi del fair play, e come pugili ante-litteram, si attengono ai principi di categoria. Ma se il guanto artigliato della sfida viene, metaforicamente, distanziato dal terreno, allora 2…
Non c’è wrestling, lotta greco-romana o taekwondo che tenga. Non c’è neanche l’arbitro, tenetemi. Quello che invece salta facilmente all’occhio della mente, è l’invisibile presenza di sei tasti, due manopole in totale: come negli antichi cabinati, del 2000 d.C, in cui Tekken si faceva grande, oltre i limiti di un singolo paese. C’era il karateka giapponese, ovviamente, come pure il thailandese esperto nel muay thai, vedi copione collaudato. In un trionfo di sterotipi, validi fin dall’epoca immediatamente precedente, il russo era massiccio. L’americano, carismatico. E l’australiano, che ve lo dico a fare. Era Roger, dal manto marroncino chiaro! L’esperimento perfettamente riuscito del Dr. Bosconovitch, con coda lunga, orecchie dritte e un ottimo marsupio. Dentro al quale, qualche volta, figurava il suo secondo (per un gran totale di quattro temibili guantoni, due grandi, due più  piccolini). E un tripudio di complementari combo, da studiare.

Moose Fight

E poi come correva, quell’aeroplanino! Nel frattempo, agli antipodi per così dire, si consuma un altro tipo di battaglia. Scorriamo il planisfero pixelloso. La nel profondo nord, dove già sarebbe inverno, contro l’australe primavera, senza contare che è sempre e comunque (almeno) autunno, per i nostri canoni mediterranei. Oh, Kananaskis, Alberta, Oh, Canada. Terra di grandi nevicate, grandi venti e molto chiaramente, nonché giustamente, quadrupedi proporzionati a tali cose. I maggiori fra tutti gli ungulati, nonché contendenti per il record assoluto di un intero continente: rinoceronti, grosso modo. Solo un po’ più alti, con un fisico snellito, con un muso tondeggiante, la coda dal bel ciuffo di coronamento. E due corna invece che una, paraboliche, praticamente. Ottime decorazioni, dalle notevoli diramazioni. Ciò che alcuni chiamano, a ragione, il grande orgoglio delle ALCI, bestioni nazionali. Giunti, nel presente caso, a dimostrarci come tutto il mondo sia un solo paese. Non importa quanto rade o resistenti, queste strade fatte con l’asfalto, per le bestie sono…Il nulla concetutale, senza erba da mangiare? Oppure il campo di battaglia per imporsi tra la massa ed emergere, grazie ai propri muscoli villosi, di campioni in fieri e potenziale possibilità!
È quel termine di nuovo, in lingua inglese: street, la strada. Non è un vicolo, ma neanche road, il vasto sentiero urbano, veramente trafficato. Parola che richiama in mente immagini di piccoli sentieri sdrucciolevoli, nel pieno mezzo dei fioriti prati naturali. Oppure il videogioco tipo di quel mondo, dello scontro a base di testosterone. C’è il peso di una singola moneta a far da base del problema. Quello stesso, piccolo oggetto, che il canguro vede rotolare via, alla fine di un gravoso pomeriggio. E che il maschio dell’alce raccoglie, all’altro capo del Pacifico, altrettanto desideroso di giungere a meta. Cercando, faticosamente, l’ultima apertura in cui depositarla. Una sola, per due pretendenti (o anche quattro, sei). Per questo devono stare su quella doppia fila. Quattro+4, nell’apposita schermata suddivisa in quadratini battagliei. Quante sono le cose che faresti, per amore!

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