È una vera giungla, là nella Kamchatka. Che assomiglia un pò alla tundra, poiché riecheggia dell’antico motto dei latini: “Canis canem edit”. Avevano ragione i fabbri, che crearono quei termini di paragone: CLANG! Ogni bestia, da quando esiste la catena alimentare, non si è persa mai un anello ribattuto in ferro e bronzo e rame. CLANG, fa la volpe che divora il rubicondo topo. Clang, per il falco che si tuffa sulla macchia candida del sottobosco, pelo bianco della lepre artica, lo spuntino di quel becco appassionato. E sopra tutti, a fare da lucchetto, c’è il plantigrado zannuto. Yogi, l’animale opportunista. Non c’è niente di più eccezionale, nell’intero mondo naturale, del modo in cui una tale bestia, tanto grande e forte, irresistibile e pesante, possa scegliere di accontentarsi, alla bisogna. La voracità ursina è cosa nota, così come quel profondo amore per la carne, il pesce, il calorico panino degli avveniristici fast-food. Ma un tale quadrupede per eccellenza non vivere di quello, poiché troppo raro è da trovare. Orsù divora tutto, fin da Mosca e oltre Corfù. Tra le conifere sporadiche dei vasti territori pianeggianti, nella Russia orientale, verso i venti gelidi della Siberia, non ci sono foche, né pinguini, da potersi accaparrare, ahimé. Orso eurasiatico! Tu non hai piacevole dispensa gelida dei tuoi cognati candidi e polari, con tante merendeda sbranare. Per mangiare, devi lavorare. Per lavorare, devi camminare. E così facendo, qualche volta incontri…Me!
“Chi sono, questi simpatici signori? Addetti alla sicurezza di una qualche stazione petrolifera, oppure personale di manutenzione per oleodotti, escursionisti fuori dalle rotte maggiormente perlustrate…” Questo è chiaramente, più che certamente, quello che l’orso vagabando NON stava pensando, lì per lì. La sua mente veramente fina, quasi contadina, era concentrata nettamente sul nucleo centrale del problema. Il nocciolo, per così dire: “Quelli sono BISCOTTI, DAYUM!” Con la lingua penzoloni, gli occhi strabuzzati, le orecchie già buttate in senso longitudinale, come fosse spaventato, il gran camminatore stava per avvicinarsi alle alte (relativamente) mura artificiali. Con sembianze di profonda mansuetudine, senza fronde di accompagnamento. È forse un senso di rispetto, questo, che proviene dal bisogno… Con quel grande muso nero sopra il davanzale, i morbidi zamponi, l’orso è diventato un cane. Che chiede il pane, col salame, col salame ed altro pane e poi salame. Possiamo soltanto sperare che ritrovi, presto o tardi, un senso benefico di sazietà!
Che ci ricorda? Cookie Monster! Quel mostriciattolo bluastro, notevolmente irsuto, parte imprescindibile dello show per l’infazia statunitense “Sesame Street”. Fra tutti i variopinti colleghi televisivi, il maggiormente trasferibile in senso internazionale, anche senza l’assistenza di una traduzione. Per tali mattatori, niente doppiatori. Perché on c’è niente di più comprensibile, gradevole ed umano, che nutrire gli animali. “Giiime, da COOKIES!” Faceva lui, con voce cavernosa. Ed ogni volta, sghignazzando, compariva un bambino vero, guarda caso lì vicino, già pronto a dargli gran soddisfazione. L’empatia verso tutto quello che è diverso, interessante, misterioso: un sentimento che funge da porta principale, verso una crescita di consapevolezza e comprensione.
Vedi questo caso della grande razza (come cosa, di che razza?) Qui incontrata da una comitiva di turisti nelle splendide Maldive. Che se l’orso ricordava un barboncino, questa pare più che altro l’anatra dell’ultimo dei giorni da venire. Un animale che non abita nel nostro ambiente, né lo capisce. Solamente di passaggio, fra una scorribanda e l’altra, presso il molo transitorio di un diverso mondo del sensssibile, pieno di sssstrani individui bipedi, elargitori di bocconi prelibati. Pezzi di pesce, forse, oppure tranci di maiale!? Chi può dirlo e poi comunque, cosa importa? Tutto fa brodo, nella grande zuppa dell’Oceano senza fine; lei/lui (id) si avvicina, accetta il dono a nome di Nettuno. E poi tenta di saltare su, si, su, proprio così.
Chi l’avrebbe mai detto, che il suono emesso da una razza sopra le assi sghembe a lieve affioramento, faceva un po’ così: BRRRBBRBRBRBRU B-GLUB, SBRRRBLUB GLGUGLUB-SBRUF. Una conseguenza, forse automatica, di quella membrana muscolosa che usa per nuotare, così costrata a sbattere più volte sulla superficie dura di consunto legno. Ma complici quegli occhi scuri e attenti, sembrava quasi un tentativo di comunicare. Inutile. Anodino. Tempo sprecato.
Una creatura tanto incomprensibile non può diventare “cane”. Per ciascuna oncia di affetto e di premura che riceve, lei ne restituisce due milionesimi di grammo, qualche impercettibile unità radioattiva, la dose equivalente della banana. Ciò non vuol dire non sia il caso distendergli davanti la generosa mano. Soltanto che talvolta, in qualche raro caso, può nascerne un fraintendimento cthulhuiano…