“Quando giungerà l’autunno nel nono giorno del nono mese, il mio fiore sboccerà e tutti gli altri moriranno. Quando la fragranza del crisantemo saturerà Chang’an, l’intera città verrà ricoperta di un’armatura d’oro.” Il celebre componimento di Huang Chao, capo ribelle contro la dinastia cinese dei Tang, era stato impiegato dal regista Zhang Yimou nel film La Città Proibita (2006) per introdurre un’epica battaglia. Il manto splendido dei fiori di crisantemi era lì trasfigurato, infatti, nell’armatura gialla e luminosa di altrettanti soldati, gli strenui difensori del Mandato Celeste e dell’Imperatore. Il ciclo delle stagioni è una realtà che caratterizza ogni regione, civiltà e cultura del mondo. Le sue immagini floride ci conturbano, mentre i gesti che ne conseguono, le ribellioni ad opera degli esseri naturali con queste folli e pericolose migrazioni, ci ricordano le alterne peripezie dell’umanità. A Sud-Est del grande continente africano, presso l’isola del Madagascar, si sta ora verificando la più antica e terribile delle confluenze, mentre una città di un milione e mezzo di abitanti, Antananarivo sul finire dell’estate, si ricopre di un impenetrabile velo nero. È rumoroso e multiforme, mentre fluttua nell’aere, questo feroce sciame di cavallette giganti. Si potrebbe quasi definire: biblico. Tutto è iniziato, per inciso, lo scorso giovedì 28 agosto. E finirà…
Le cavallette appartenenti alla famiglia delle Acrididae, estremamente vasta e variegata, sono generalmente caratterizzate da antenne corte e dalla collocazione dei timpani auditivi sul lato del primo segmento addominale. Ma sono note, soprattutto, per la loro predisposizione a migrare diverse volte nel corso della propria vita, causando enormi problematiche per l’industria agricola e l’economia dei paesi in via di sviluppo, così sfortunati da trovarsi sulla loro strada. La causa scatenante di un tale disastro, secondo l’evidenza logica nonché alcuni studi effettuati dall’Università di Oxford (evviva la scienza!) Sarebbe primariamente la sovrappopolazione. Questi insetti, che come tutti gli altri appartenenti a tale classe sono davvero molto prolifici, si sviluppano attraverso fasi precise, che causano variazioni anche significative nella loro pigmentazione e grandezza. In modo particolare, risulta rilevante il ciclo della Locusta migratoria, la specie più diffusa in Africa nonché la probabile colpevole della situazione di Antananarivo: questa vive una gioventù solitaria. Pacifica mangia erba e foglie di piante a basso fusto, che sminuzza e incamera nell’organo definito mesenteron, all’interno del quale la materia viene dissociata e digerita da specifici enzimi. In tale fase l’insetto è prevalentemente grigio-marrone, con un tocco di giallo che aumenta in proporzione all’età. Mano a mano che un’habitat si rivela propedeutico alla crescita e al prosperare delle cavallette, tuttavia, restare soli diventa progressivamente più difficile. Aumentano gli incontri battaglieri e con essi lo stress. Gli animali in questione, riattivando un meccanismo evolutivo insito nella loro fisicità, iniziano a secernere un particolare feromone, che richiama i consimili a raccolta; da un estremo all’altro, dunque, si forma l’assembramento. È davvero mirabile a vedersi. La loro colorazione assume il caratteristico colore verde brillante, mentre ciascun esemplare aumenta notevolmente di dimensioni. Superato il punto di non ritorno, la locusta diventa estremamente vorace, riuscendo a fagocitare il suo equivalente di peso (alcuni grammi) per ciascuna giornata. Potrebbe sembrare poco, ma moltiplicatelo per mille, diecimila, milioni di volte…Ben presto, del bosco primordiale delle tranquille origini artropodi, non resta pressoché nulla. Giunge, dunque, l’ora di spostarsi verso lidi migliori.
I quattro movimenti della vita animale sono: nomadismo, stanzialità, selezione R (alta crescita) selezione K (alta percentuale di sopravvivenza). Una specie che punta alla sopravvivenza di ciascun membro della sua prole, come siamo noi esseri umani, punta generalmente al predominio di una specifica nicchia evolutiva. Prima che la preponderante massa del nostro cervello, con l’intelligenza che ne deriva, rovesciasse del tutto i rapporti di potenza, le civiltà protostoriche oscillavano tra le soluzioni contrapposte della caccia e dell’agricoltura. La prima, conducente al nomadismo, tra bestie feroci e rischi ambientali. Mentre la seconda, costituiva il fondamento stesso della costituzione di vere città, impervie ai pericoli naturali. Tranne uno. Per una specie come le locuste, che mirano alla riproduzione in grandissimo numero, indipendentemente dalla realizzazione dei singoli individui, il viaggio è tutto. E guai a chi dovesse frapporsi fra loro e la meta…
Antananarivo, la capitale un tempo nota come Tananarive e oggi spesso chiamata semplicemente Tana, si è presentata all’Occidente con una caratteristica assai particolare. Era infatti già sulle soglie del diciassettesimo secolo, l’epoca del colonialismo, un centro abitato vasto e popoloso, sotto l’egida di un forte re: Andrianjaka, che gli aveva dato quel nome, con il significato di “La città dei mille [soldati]”. Era stata fondata su tre alte colline disposte ad Y, sulla cui convergenza ancora sorge il palazzo reale di Manjakamiadana, costruito con mura di pietra e visibile da ogni parte del suo territorio. Mentre la restante parte degli edifici, secondo l’architettura tradizionale, furono costruiti dapprima in legno e giunchi, con torri rastremate fino all’altezza notevole di 37 metri. La successiva venuta dell’esercito francese con la conseguente costituzione di un quartiere europeo, nel 1894, portò una spinta notevole per la modernizzazione. Nell’anno successivo il paese diventò un protettorato della Francia, situazione in cui rimase fino al 1960. Dopo la seconda guerra mondiale, la città ricevette il suo aeroporto internazionale, sito presso la località di Arivonimamo, a soli 45 chilometri di distanza, e la sua popolazione aumentò vertiginosamente, fino alla notevole cifra attuale (stimata nel 2005) di 1.613.375.
Il Madagascar è un’isola sita nell’Oceano Indiano, la quarta più grande al mondo. Ospita una ricca varietà di flora e fauna, principalmente endemica, senza pari tra tutte le nazioni del mondo. Purtroppo, ad intervalli regolari, sciami di locuste la raggiungono dalla costa sud-orientale, distruggendo l’intero insieme dei raccolti agricoli del paese nel giro di poche ore. L’anno scorso, per intercessione delle Nazioni Unite, l’organizzazione della FAO ha stanziato 44 milioni di dollari per un programma mirato al contenimento di questa grave situazione, inclusivo di supporto aereo e diffusione di un alto numero di pesticidi. A quanto pare, per il momento la campagna non ha conseguito l’effetto sperato, mentre i terribili insetti continuano a imperversare per la regione.
Uno sciame di locuste può muoversi ad oltre 20 Km/h, con un’estensione che varia da 1 a 100 Km quadri. La densità degli insetti si assesta sugli 80 milioni di individui per ciascun chilometro; vi lascio immaginare, dunque, i danni che possono causare. Secondo gli ultimi studi, la situazione in Madagascar è abbastanza grave da poter minacciare la qualità della vita di 13 milioni di persone, fra le quali 9 milioni traggono sostentamento solamente dall’agricoltura. Inoltre, benché le cavallette siano normalmente commestibili (ed apprezzate da molti dei popoli africani) durante la fase di sciamatura perdono questa loro utile caratteristica, in funzione delle sostanze chimiche che si liberano nel loro organismo. La loro venuta non è che un’altra piaga antica ed estremamente grave, così specifica e regionale da essere spesso trascurata nelle campagne internazionali di raccolta dei fondi a scopo umanitario.
Chi non ha vissuto l’esperienza di essere messo sotto assedio dalla brulicante moltitudine, non può neanche immaginarsi il terrore. Quel senso di essere circondato da milioni di quintali di bestioline, ciascuna dotata di volontà propria e una fervida bocca masticatrice. Nel nostro mondo post-industrializzato, presso cui l’alimentazione eccessiva è un problema più significativo che il suo opposto, al massimo può capitarci un alveare in giardino o la scomoda migrazione di un formicaio, che magari spalanca le molte ali proprio verso l’interno della nostra casa. A quel punto, ciò che resta è soltanto lottare fino allo stremo. Così come i predoni nomadi delle orde mongole devastarono intere culture, non può esserci convivenza tra le specie biologiche a selezione K, fondate sull’individualismo, e i loro lontani cugini senza ritegno né senso della misura.
Si osservi, per comparazione, la situazione che si verifica occasionalmente nel Midwest degli Stati Uniti, durante la schiusa degli Ephemeroptera, insetti comunemente detti Mayflies. Questa specie di creature vive per un tempo di fino a due anni come larva acquatica, semi-sommersa tra i piccoli laghi dalle acque stagnanti. Finché un giorno, improvvisamente, raggiungono lo stato adulto. Nella forma di piccole libellule, dall’apertura alare di circa 12 mm, iniziano un corto ed esaltante viaggio, che le condurrà a riprodursi e subito dopo, inevitabilmente, morire. Il giorno della loro riemersione è una festa per gli uccelli, i mammiferi e i rettili che accorrono a catturarle. Mentre i centri urbani delle zone coinvolte si ricoprono, fino all’ultimo centimetro quadro, delle loro iridate carcasse, rimasugli di un tempo lontano. Non c’è un vero pericolo, in tale situazione, se non quello di farsi commuovere dall’emozionante vicenda…