Snoopy, Australia 2014: per sempre in fuga dal branco ululante, l’automobile 1:16 continua la sua corsa. Sarà sufficiente la durata della batteria? Riusciranno le svelte dita del padrone a comandarla verso la salvezza? Cosa sono, in fondo, qualche centinaio di dollari, rispetto alla soddisfazione di svagare quasi dieci cani tutti assieme… È una scena spettacolare, un po’ ridicola e altrettanto memorabile, quella gentilmente pubblicata da red crawler, che si autodefinisce come “Appassionato di Beagles, Dashcams & random other things” [un po’ di tutto, insomma]. Delle quali cose, qui ne vediamo almeno due: la razza, per massima eccellenza, dei cani da caccia di taglia media e la telecamerina usata per riprendere la scena, assai probabilmente una GoPro, dalla frequenza di aggiornamento e risoluzione veramente eccelse. Per fortuna, direi! Vista la rapidità dei molti protagonisti, così piccoli rispetto al campo largo dell’inquadratura, tanto svicolanti, zigzaganti, svelti grazie all’ìmpeto supremo dell’inseguimento. La regina Elisabetta I Tudor era non a caso nota, fin dalla sua salita sul trono d’Inghilterra (1558) per la sua predilezione verso questi cani alti all’incirca 30 cm, ben presto introdotti, per osmosi, verso le altre principali corti dell’Europa Rinascimentale; dove si guadagnarono la propria fama d’eccellenza, proprio in virtù dell’abilità dimostrata nell’inseguire e catturare lepri, volpi, fagiani sfortunati. Destinati ad essere la preda di quei piccoli e vivaci denti, prima di finire in pentola o alla brace. Un epilogo, questo, particolarmente improprio nel presente caso, di una tale bestia artificiale, fatta in plastica, metallo e altre sostanze niente affatto salutari. Anche troppo prevedibile sarebbe il caso sfortunato di un cappottamento, l’urto di un ostacolo imprevisto, preambolo dell’arrembaggio ringhiante e scriteriato. Forse, constatata l’assenza di piume o di un odore oltre a quello del padrone, i saggi bracchetti lascerebbero fuggire via la vittima designata. I cani sono noti per la loro ragionevolezza, giusto?
Poco importa, dinnanzi ad un simile divertimento in cooperativa, tra l’uomo e i suoi compagni a quattro zampe. Perché si tratta, per usare un termine ludico moderno, della perfetta interazione asimmetrica, Sacro Graal del media digitale. Il pilota, usando la sveltezza di mano ed il cervello, che si applica con le sue dita sul telecomando, l’approssimazione dei pedali col volante. Il suo strumento principale è l’empatia: risulta fin troppo facile, nonché appassionante, immaginarsi al posto di guida dell’oggetto usato per segnare il ritmo della danza, quella costosa quanto desiderabile automobilina. Nel frattempo, i cani fanno quello che gli riesce meglio. L’obiettivo diventa… Dare seguito agli istinti atavici, oltre i confini del parco e del momento. C’è un senso del dovere in tale operatività canina. Che da un senso pregno alla battaglia del presente!
Qualcosa di simile l’avevamo già visto su YouTube, per l’esattezza un anno fa. Benché il video sia stato ormai rimosso, ne abbondano le copie presso altri canali e publisher, con varie selezioni di colonne sonore, dal country marcatamente grunge all’immancabile Yakety Sax (la cosiddetta musichetta di Benny Hill). Forse la migliore versione attualmente disponibile resta proprio questa, che trova ulteriore connotazione in un silenzio strano e vagamente reverenziale. Grazie, PatriciaMNorris3.
La scena, nel caso specifico, si svolge tra le colline verdi di un ambiente spiccatamente pastorale, assai probabilmente americano. Un’automobilina ancor più grossa e potente, al 100% rossa questa volta, cattura magneticamente l’attenzione di un intero branco di mucche, alternativamente curiose e spaventate dalle sue selvagge piroette. La sequenza risulta essere davvero illuminante: innanzitutto perché dimostra la sveltezza e l’agilità dei placidi bovini, almeno quando sufficientemente motivati. Una loro dote, oltre che poco nota, niente affatto celebrata, tranne che nella vecchia pubblicità dello yogurt. E poi, perché riesce a renderli accattivanti nel comportamento. Che bisogno avrebbe mai avuto, dopo tutto, un animale erbivoro di inseguire qualcosa di svelto e piccolo, in natura? Nello schema generale delle cose cornute in relazione con le schegge semoventi, avrebbe avuto maggiormente senso la totale indifferenza. Una momentanea palpitazione di zoccoli o di code impensierite. Le mucche non catturano lepri, volpi, o fagiani, come i Beagle. Né sono mai state portate nelle corti rinascimentali, se non dopo appropriato confezionamento culinario e guarnizione.
È strano e significativo il modo in cui, mentre nel primo video ci si affezionava al veicolo radiocomandato, potenziale preda del famelico branco, qui ci si senta piuttosto affini alle estasiate mucche. Giacché il modo in cui loro apprezzano il gioco dell’inseguimento non è interessato, né finalizzato alla conquista del successo. Ma nasce dalla pura voglia di spezzare la giornata. Un divertimento questo, fine a se stesso, addirittura deleterio; perché alla fine, forse, saranno un po’ più stanche, meno nutrite ed avranno meno latte del normale. Eppure, chi potrebbe mai dire che questo sia un male? Il gioco nobilita i ricordi, anche per chi è in grado di conservarli meno a lungo, perché sopraggiunge la spensieratezza della ruminanza. O la splendida mannaia del padrone.