Tra le iniziative più interessanti finanziate mediante un portale di raccolta fondi online, oltre alle diavolerie tecnologiche, ai film indipendenti e ai videogiochi, spiccherà sempre questo candido pachiderma. Immobile, da qui all’eternità. Nasce in una grande sala del Centro di cultura e congressi di Lucerna (KKL) in Svizzera, dalle precise piegature di un unico foglio di carta, con 15 metri di lato. Era un semplice quadrato privo di spessore, prima di incontrare Sipho Mabona, professionista degli origami. Colui che l’ha così ricreato. Alto e splendido, stolido attrattore di sguardi: una vera opera d’arte. Niente di simile c’era mai stato, a questo mondo. E forse mai più ci sarà. Se non per il tramite della metafora pregna ed equivalente: l’elefante bianco, per l’appunto. Non una specie a parte, bensì lo stesso animale, albino e vivente. Antonomasia per eccellenza di un dono scomodo, quanto inutile, oppure di un arduo progetto. Si narra di come il re del Siam, l’antica Thailandia, usasse inviare una di queste creature ai suoi cortigiani meno graditi, causando enormi problemi. Un animale simile mangia, costa ed occupa spazio. Per non parlare di… A meno che sia di carta (e anche in quel caso!) Eppure, come rifiutarsi? In tutto il mondo, ed ancor più nei paesi di religione induista, il grande quadrupede orecchiuto rappresenta la saggezza e la potenza, qualità primarie di un governante. Indra, dio del tuono e della guerra, ne cavalcava uno in battaglia, bianco come l’osso, con quattro zanne e sette proboscidi. Evviva la ridondanza! Tale bestia poteva volare. Non c’è da sorprendersi, dunque, che la sua migliore approssimazione su questa Terra venisse considerata sacra. Guai a chi, trovandone uno, non l’avesse presentato, con tutti gli onori del caso, al suo caro monarca. Per poi riceverlo indietro, magari, come regalo. Al primo elefante, venivi considerato un magnate. Al secondo, un munifico paragone. Al terzo, un eroe del regno. Purché le finanze ti venissero dietro, come nel caso del re, ovviamente. L’attuale monarca di Thailandia, Bhumibol Adulyadej, di questi animali ne possiede dieci. Per fortuna, i tempi moderni gli permettono di tenerli tutti per se, usando contro gli indesiderati strumenti meno insidiosi di allontanamento.
L’espressione metaforica del white elephant, tanto cara ai paesi anglosassoni, ben si ritrova in molte delle moderne campagne di Kickstarter e Indiegogo. Promesse di prodotti futuribili, soluzioni a problemi che non sapevamo di avere. Non sempre realizzabili, né realizzate. Cose utilissime, oppure, come nel presente caso, semplicemente diverse. Fuori dal comune. Questa, indubbiamente, è la ragione migliore per finanziare degli esimi sconosciuti sul web: credere, piuttosto che in loro, nelle universali ragioni del bello. Sapendo che la promessa di un creativo, come questo maestro della piegatura della carta, non è fatta da lui, verso di noi. Ma riflessiva e rivolta a se stesso: “Si, posso farlo e lo farò.” Sorga dal suolo, quindi, l’ennesima meraviglia…
La serie di video realizzati a sostegno del progetto, spesso basati sulla tecnica di visione accelerata del time-lapse, dimostrano l’opera laboriosa dell’artista con i suoi assistenti. La vasta e vuota sala del centro congressi di Lucerna, alternativamente illuminata dalla luce del Sole diretta, oppure filtrata dalle nubi, diventa il teatro di una cospicua fatica. Il gigantesco foglio, fatto produrre appositamente da un’industria di zona, viene piegato volta per volta da fino a 15 persone, seguendo le linee guida di alcuni modellini in scala. Dopo diversi tentativi fallimentari, viene deciso di puntellare la scultura con dei pali e mettergli sotto una serie di bancali di legno, alti esattamente quanto il ventre dell’animale. Alla fine colle specifiche, o dell’invisibile cartapesta, ne faranno le solide veci. Il colpo d’occhio verrà preservato ad ogni costo, verso la costituzione di un insieme privo di macchie o difetti. Nel suo interno vengono piazzate, inoltre, delle stecche simili a costole, che creano un suggestivo effetto “cavallo di Troia”. Verrebbe voglia, quasi, di salire nell’elefante e chiudere il portellone, aspettando di essere portati oltre le mura nemiche. Del resto, tanta operosità, ben ricorda la battaglia degli Achei e dei seguaci di Priamo. Finché ad un certo punto, sul finire della messa in opera, resta soltanto la calma. Esso esiste, mirabilmente. Quasi barrisce. Ed ora?
Sipho Mabona è stato uno dei pochi fortunati in grado di trasformare la propria passione in un’occupazione a tempo pieno. Un vero gioco di prestigio, questo, paragonabile a quello che permette di riadattare la carta a guisa d’insetti, pesci variopinti o altri animali. Egli racconta, sul suo sito, di come fosse stato affascinato dalle piegature della cellulosa fin da bambino. E del modo in cui, avendo realizzato a soli cinque anni ogni aeroplano possibile e immaginabile, avesse infine scelto di rivolgersi al mondo degli origami giapponesi.
Cosa di cui, incidentalmente, ebbe inizio una lunga carriera, che lo portò a specializzarsi in installazioni di grandi dimensioni, esposte in molti musei d’Europa. Il giovane artista svizzero è stato inoltre insignito, nel 2008, di un’altissimo onore: la copertina della rivista ufficiale della JOAS (Japan Origami Academic Society) per di più nel numero uscito in occasione del convegno nazionale. Tale spazio, prima d’allora, era stato sempre riservato ad artisti di provenienza giapponese. Un ottimo trampolino di lancio, questo, per progetti innovativi come il suo maestoso elefante, pensato per aumentare la diffusione e la rilevanza di questa antica forma d’arte, ultimamente passata in secondo piano. La realizzazione dell’opera è costata giusto 26.000 dollari forniti dal pubblico di Internet, incluso, assai probabilmente, il noleggio dell’area di esposizione. E a margine del quale, come incentivo, ciascun contributore era stato omaggiato di stampe da piegare, video per la realizzazione di nuovi modellini o piccole opere dell’artista, già complete e presumibilmente firmate. Particolarmente interessante e degne di essere citate, tra i diversi cadeaux, erano state delle speciali piastrelle di ceramica, decorate con le linee di piegatura necessarie per la creazione di un particolare origami. Per giocare, ancora una volta, sull’ambiguità del colore bianco, che allude a numerosi diversi, e preziosi materiali. O strane creature.
Gli elefanti bianchi del Siam, per quanto ne sappiamo, non erano sempre albini. Talvolta bastava che la loro pelle avesse una leggera colorazione rosata, o marroncina, perché venissero considerati degni di essere portati al cospetto del re. Tale spazio di manovra, per analogia, potrebbe dar luogo ad una seconda iterazione di questa fantastica idea. Realizzata, stavolta, con dell’umile carta riciclata: presto, MasterCard, a me!