Felini riportati al loro posto, finalmente. Non cala mai la nebbia sul confine tra la Tanzania e il Kenya, nella pianeggiante regione del Serengeti. E i predatori, per cacciare, sono sempre sotto gli occhi e i nasi delle prede; che possa esistere un carnivoro così scaltro da potersi procurare il cibo in tali avverse condizioni, non è cosa facile da trascurare. Non per niente, lo chiamano il re della foresta. Benché questa incoronazione sottintenda una fondamentale dimenticanza, la tipica trascuratezza di chi guarda solo quello che vuol vedere. Non è chiaro? Tale zannuto dominio viene continuamente contrastato, giorno dopo giorno, dalla venuta di visitatori assai ingombranti. Impossibili da divorare o mandar via. Come noi, oppure questa giraffa con il cucciolo, ripresa nella riserva del Masai Mara, presso il Kicheche Bush Camp, resort turistico pensato per gli amanti avventurosi della natura. Il secondo animale di terra più grande al mondo, nonché quello più alto, sarebbe questo dinosauro dei nostri tempi, che spaventa addirittura lui, loro e tutti gli altri; alto e forte, fiero masticatore delle foglie irraggiungibili dai suoi compatrioti naturali. Soprattutto, protettivo della sua preziosa discendenza.
Il cucciolo della giraffa nasce dopo 400-460 giorni di gestazione, cadendo da un’altezza di due metri o giù di lì, con le zampe in avanti, ancora senza corna ma già alto quasi due metri, già pronto a correre e scappare via. Nel giro di poche ore, sarà virtualmente indistinguibile da un esemplare di 1, 2 settimane. Questa è la natura degli erbivori, per quanto imponenti siano nelle proporzioni: dover sempre dipendere dalla velocità, per la sopravvivenza. Anche se, alla fine, avete mai visto soccombere una bestia di tali enormi dimensioni? Il calcio di un cavallo, se colpisce il suo bersaglio, è già sufficiente a scoraggiare un lupo solitario. Figuriamoci quello dato da questa gigantessa! Nel comportamento sociale delle giraffe madri, esiste un meccanismo definito con il termine francese di crèche. Tale approccio procedurale, ampiamente documentato anche tra gli elefanti ed i leoni, consiste nel prendersi cura non soltanto dei propri cuccioli, ma anche di quelli degli altri suoi simili. È uno strumento evolutivo di sopravvivenza. Per simili appartenenti alla classe biologica della macrofauna, la riproduzione è un momento delicato, che corona mesi di pericoli e fatica. È dunque fondamentale, per la continuativa sopravvivenza della specie, che ogni singolo erede prosperi e raggiunga l’età riproduttiva.
Le giraffe non hanno un ruolo primario nell’educazione dei propri piccoli. Benché interagiscano con loro amichevolmente, soprattutto nei primi mesi, quando ancora il cucciolo è vulnerabile. E tende soprattutto a nascondersi, usando il suo manto maculato. Che funziona, però fino a un certo punto. Perché comunque nel pericolo, quando per l’appunto: hic sunt leones, c’è sempre qualcuna/o pronta/o a intervenire. Che sia la propria madre o quella d’altri, non importa. La giraffa non è predisposta alle formalità. E neanche…
…L’elefante! Cambio radicale di ambientazione. Quando si tratta di amore materno tutto il mondo è paese. Qui siamo nell’Elephant Nature Park, nella Thailandia settentrionale. Dove appare veramente chiaro, nel frangente odierno, come “pesce fuor d’acqua” sia un termine che si applica altrettanto bene all’incontrario. Avevate mai visto un cucciolo di pachiderma dentro un fiume troppo alto e rapido per lui? Gli occhi sgranati, le orecchie che si agitano, la proboscide protesa verso l’alto! Viene da chiedersi chi gliel’abbia fatto fare. Perché di tigri, o dragoni, o altri presunti predatori di foreste estremo orientali, non c’è traccia. Eppure costui sembra, ad un secondo sguardo, tanto a rischio quanto la giraffina d’apertura.
Se non che la sua famiglia, questa volta tutta assieme, era lì pronta ad aiutarlo. Si assiste qui alla formazione istantanea di una crèche, il gruppo fluido che difende la generazione successiva. Nel momento del bisogno, quando l’acqua stava per condurre il giovane quadrupede ad un’improvvida e spiacevole fine, sorge tutto intorno una muraglia grigia di zamponi e pelo raso. È particolarmente interessante notare come una singola madre, per quanto amorevole, non avrebbe potuto risolvere la situazione. La corrente era troppo forte, per fermarla con un corpo solo. L’acqua troppo alta, per tirarlo fuori facilmente. E invece adesso, eccolo lì bagnato, ma felice. Difficile interpretare la sua espressione di ragazzo un po’ troppo coraggioso, però sembra quasi che si stia divertendo. I suoi barriti e il movimento della testa sottintendono liberazione: dalle ansie, dagli affanni o dalla preoccupazione della fine. Un cambiamento che ricorda da vicino quello dei primati o degli umani, addirittura, quando si affidano completamente ai propri genitori, dopo un’esperienza spiacevole e ben presto superata. È tutta una questione di saggezza, frutto dell’esperienza maturata prima. Del desiderio che ci siano i presupposti per il dopo.
Nelle oscure profondità oceaniche esiste un tipo di balena che può pesare fino a 180 tonnellate. Con oltre 33 metri di lunghezza, si tratta dell’essere più imponente di questo pianeta. Appartenendo all’ordine dei mammiferi, esattamente come noi, la giraffa e l’elefante, ella partorisce il figlio già formato e poi lo allatta per un anno (100 galloni al giorno!) Lo aiuta a procacciarsi il cibo, lascia che nuoti nella sua potente scia, gli insegna come riemergere per assorbire ossigeno. Chi può dire, al termine di quel periodo, cosa pensi lei? Finalmente. Oppure: meno male! Ma se ciò che conta sono i gesti, allora c’è un ordine naturale che ci unisce tutti quanti, come esseri viventi a sangue caldo. Son tutte belle le mamme del mondo: col collo lungo e maculato, la proboscide o le ciclopiche ed azzurre pinne.