Vieni più vicino. Ho un regalo per te: la miglior primizia di stagione. Un frutto giallo e nero, tondo eppure bitorzoluto, estremamente pregevole, maneggevole. Gustoso, persino, almeno credo. Piuttosto rumoroso e pieno d’ali. Come l’ananas, non è la risultanza di una sola cosa, ma di molte parti, ciascuna dedita a contribuire al tutto. Sono insetti laboriosi, questi. Api la tua mano!
Sulla paura moderna e contemporanea dell’ape mellifera, diffusa in modo particolare tra le giovani generazioni d’oggi, ho una teoria. Questo concetto di un minuscolo animale, potenziale fonte di dolore e sofferenza, che percorre tragitti erratici per il giardino e dentro casa, ricorda troppo da vicino il tipico nemico dei videogame. L’astronavina aliena, il fungo-teschio, il fantasmino. Tutte creature, queste, che feriscono al contatto. La loro semplice vicinanza, nello spazio bidimensionale dello schermo di gioco, presagisce alla perdita istantanea di un prezioso punto d’energia. E benché l’ape, singolarmente, non costituisca un vero rischio, essa è pur sempre in grado di difendersi; o per meglio dire, difendere la propria casa. Soprattutto visto quello che succede dopo la sfortunata congiuntura. Morte, disgregamento (per lei) un dolore intenso benché passeggero, per la “vittima” designata. Nessuno vorrebbe farsi pungere da un’ape. Tranne Fred Boucher, almeno a quanto sembra di capire dal presente video.
In fondo avremmo fatto tutti come lui (giusto?) Che trovando un bizzarro agglomerato di piccole ronzanti creature l’ha raccolto. Ha chiamato la moglie, per farglielo vedere. E mentre lei riprendeva, con mano ferma e un cellulare, l’interezza della scena, ha preso a stuzzicarlo con insistenza. Perché naturalmente niente succede senza una ragione. E se 30, 40 artropodi sociali si assembrano in un singolo ammasso, la curiosità è lecita. La sperimentazione, ardìta. Soprattutto per le dita, che devono esplorare, scavare, mettere da parte e sgominare tante potenziali spadaccine perforanti, pronte ad iniettare la spiacevole tossina. Non che tale cosa avvenga, nel presente caso. Le api in questione, piuttosto indispettite, ritornano una, due volte. Poi finiscono per aggirarsi tutto intorno, ronzando senza presupposti ostili. Sarà forse merito della sicurezza, di lui che senza un grammo di paura, o fastidio, impone la sua forte volontà d’umano. Gli insetti fiutano la paura? Assai probabilmente, quest’uomo non si dedica a parecchi videogiochi. Ma a cacce al tesoro naturalistiche, capaci di condurre verso inaspettate verità. Finché…Eureka! Ci siamo: al centro della palla, alquanto stordita, c’era lei. Una grossa regina del loro stesso alveare, così quasi soffocata, surriscaldata, stritolata dalle sue crudeli operaie rivoluzionarie. La ragione è presto detta: la […] è morta, lunga vita alla […] Come nei regni delle epoche trascorse, in una comunità d’insetti può esserci soltanto il giusto numero di monarchi. Tutti gli altri sono deleteri e soprattutto non desiderabili. Pericolosi, addirittura, per il mantenimento dello status quo biologico. Devono morire, così.
In questo secondo video un alveare di api asiatiche, tendenzialmente anche meno aggressive delle nostre esponenti europee, viene invaso dalla gigantesca vespa mandarinia, un signore della guerra e della distruzione. Simili creature, riunite in gruppo, possono facilmente rovinare l’intero patrimonio di un apiculture: una di esse, mandata in avanscoperta, trova l’alveare da aggredire. Quindi, liberando nell’aria un particolare fluido feromonico, richiama le sue compagne, che assieme fanno sfacelo delle api. Queste, assai più piccole, sarebbero del tutto incapaci di difendersi se non in un particolare modo. Attirando la singola visitatrice dentro casa per sopraffarla con il numero, ricoprendola del tutto, come si usa con la povera regina in eccesso. Niente calabrone, niente feromone.
Il problema termico è una costante che da il passo al mondo delle api da miele. Queste, per volare, hanno bisogno di una temperatura interna di 30-35 gradi, che mantengono attraverso speciali soluzioni. Attraverso il movimento delle ali e delle zampe, spesso fatte flettere più volte prima del decollo, riescono a scaldarsi. Rigurgitando il polline accumulato nelle sacche dell’addome, dissipano il calore in eccesso. Durante l’inverno, le api si assembrano nei cosiddetti cluster, cumuli di singoli individui, con l’ovvia finalità di conservarsi al di sopra di un minimo di 20-22 gradi. Sotto i 10 gradi, le api muoiono. Sopra i 38, diventano letargiche. D’estate i fuchi, o pecchioni, normalmente dediti al solo accoppiamento, vengono messi al lavoro sulla superficie dell’alveare. Battendo le proprie ali all’unisono, generano un flusso d’aria che contribuisce al raffreddamento dell’intera comunità. Questi gesti sono noti e largamente praticati anche dalle operaie. Non c’è quindi da sorprendersi per il modo in cui, nel momento dell’invasione distruttiva o del triste regicidio, vi ricorrano con tale prontezza e spietata efficienza.
Il comportamento delle api è largamente studiato da secoli e la situazione osservata da Fred Boucher, ormai, non ci sorprende in modo particolare. Una regina dell’alveare, in condizioni ideali, può vivere fino a 5 anni; un tempo certamente troppo lungo perché non si generi, ad un certo punto, una pericolosa stagnazione di DNA. Talvolta c’è bisogno di cambiare. È infatti assai probabile che l’interferenza operata dall’uomo, in questo particolare frangente, benché benevola nelle intenzioni, abbia portato a significative problematiche a lungo termine, come geni recessivi o l’aumento dei difetti genetici di queste future figlie del polline e dei fiori. Quanti errori si fanno nel nome dell’amore! Verso i nostri simili, come per la natura. Sarebbe meglio, certe volte, limitarsi a guardare. E pensare ad altre palle, maggiormente adatte all’intrattenimento.