Sussurra nel mio orecchio, o musa ispiratrice, le parole per descrivere una tale scena. Di una mano giapponese intenta a disegnare con l’uccello della notte sopra, a guisa d’ornamento per-testa-di-matita. Avete presente quegli oggettini gommosi ad incastro, che coprivano perfettamente l'(in)utile gommino? Basta tartarughe ninja! Niente più mini ponies variopinti! Né modellini finemente dettagliati del castello di Osaka all’epoca di Hideyoshi, con 22 feritoie dotate di cannoni funzionanti e minuscole tegole a forma di drago. Sarà meglio metterci, da quest’oggi, trenta centimetri di “gufetto trasformabile” o giù di lì, tanto per usare il termine riconoscibile. Decorazione vivida, quindi capace di spostarsi se sbagliamo, per lasciarci cancellare…Mentre ci osserva coi suoi tondi occhi d’accusa. Una precisazione: le sue ridotte dimensioni, del tutto comparabili a quelle del merlo, basterebbero a classificarlo come assiolo (o assiuolo – otus scops). Assi-ccuro! Non è un pulcino dall’aspetto accidentalmente adulto, questo qui. Resterà così tutta la vita. Con la faccia bianca ed un potere straordinario. Però arriviamoci per gradi, non vorrei diffondere il segreto. Un simile animale, nel bel mestiere di chi produce l’arte digitale, può fornire un servizio di primaria priorità. Per ogni pixel comandato, a seguito di ciascun tratto triangolato, guardandolo per un secondo si può trarre il senso d’armonia della foresta. Quando lo stuzzichi, poi…
Non per niente Harry Potter, oltre alla bacchetta, metteva nella borsa da studente una civetta delle nevi. Dovremmo farlo tutti quanti; ciascuno, sulla base delle sua facoltà di studi. Gli architetti porterebbero un philetairus socius, il passero africano costruttore di svettanti condomini, alti edifici posti sopra i pali della luce. Agli aspiranti filosofi, io consiglierei un sapiente merlo indiano, capace di ripetere il soave verbo degli antichi; per scienze della comunicazione, non saprei. La chiassosa upupa, giornalista delle tiepide mattine in primavera? E a tutti gli artisti…Mah! Direi che dipende, caso per caso. Chi disegna deve scegliere il soggetto, questo è chiaro. La realtà è che questa situazione rassomiglia vagamente a quella tipica del gatto in pieno inverno, che si mette sul PC portatile, al fine di trarne un po’ di amabile tepore. Ma i gatti variano nei casi e nelle case. Ce ne sono di pelosi ed ingrugnati, sottili, rossicci o maculati. Di amichevoli o forastici: i diabolici lesionatori del divano e delle tapparelle. Chi mai ce lo vorrebbe, un animale come quello, a far da contrappeso e filo conduttore! Occorre stabilire un buon rapporto con il proprio sopra-penna, pardon, totem-pennuto. Bisogna sceglierlo con cura.
L’assiolo con la faccia bianca, ptilopsis leucotis, è una creatura degna di essere studiata attentamente. Proviene dall’Africa immediatamente sopra-sahariana, originariamente, ma potremmo ormai chiamarlo un degno cittadino della comunità internazionale. Soprattutto grazie all’ambasciatrice Popo-chan ed alla sua celebre ospitata durante uno show di varietà nipponico, nel corso di uno spezzone che viene ormai considerato leggendario. L’avevo anche già commentato, poco più di un anno scorso.
Si tratta di una scena veramente memorabile, che dimostra una particolare capacità difensiva di questa specie. I piccoli uccelli notturni di questa tipologia infatti, a differenza delle loro controparti americane ed europee, non occupano l’invidiabile posizione del super-predatore; sarebbe a dire quella dei particolari animali che mangiano ciò che vogliono, senza mai essere mangiati a loro volta. Come il leone nella savana, o lo squalo bianco nel Pacifico (ecco…Salvo imprevisti allucinanti). Sarebbero piuttosto prede potenziali, di strigidi più grandi o altri rapaci, che magari si attardano affamati verso il volgere del vespro equatoriale. Sarebbero! Perché giunti nel momento fatidico di quel confronto con la morte, piuttosto che scappare, l’affrontano a viso scoperto, mediante l’utilizzo della tecnica del tarnstellung: gratuito germanismo che significa “la posizione occulta”. Un’improvvisa visione di terrore per i loro nemici, che si manifesta in due modalità.
- Intensità moderata: l’assiolo gonfia le penne, apre le ali, inarca il dorso e dondola con fare minaccioso. Sarebbe questa la classica via del dissimulare la propria debolezza, aumentando nelle dimensioni d’apparenza. Non sempre funziona, però poco importa. Esiste il modo di aumentare il dosaggio.
- Intensità massima: oh my, non voglio descriverlo, è troppo orribile. Ma ebbene, lo farò lo stesso. L’uccello si mette di sguincio, con gli occhi semi-chiusi ed inclinati verso il basso, sulla linea di un ostile becco, carico di sottintesi. Le sue sopracciglia, improvvise corna demoniache, si ergono rigide sopra una testa che diventa stranamente triangolare. L’ala destra (o magari la sinistra) viene riorientata come fosse un superbo mantello, degno di Zorro, Batman o il temuto Conte Dracula. I sentimenti che può suggerire una tale scena, agli occhi di noi uomini, sono: odio, disprezzo, senso di superiorità, rabbia senza fine. E un grammo imprescindibile di simpatia.
Perché alla fine, questo qui è soltanto un gufo. Superate le problematiche superstizioni, cancellato il senso d’istintiva diffidenza e la pareidolia, resta il naturale apprezzamento verso chi ce la mette tutta, nonostante le ridotte dimensioni. Ganbare! Direbbe il suo padrone giapponese. “Adesso fammi la faccia brutta, che devo illustrare in tre dimensioni la Divina Commedia…”