A 332 Km/h tra gli alberi e le case

Bruce Anstein Snaefell

6 giugno 2014: il sole sorge come tutti i giorni sopra l’isola minore del freddo Mar d’Irlanda. Ma sulle rocce di Ellan Vannin, antica dipendenza della Corona Britannica, nessuno siede ad aspettare l’alba. Le finestre sono chiuse. Le porte sbarrate. Rigidi edifici temporanei, simili ai gradoni di un anfiteatro, fiancheggiano le strette strade di campagna. Li hanno eretti in una notte, coltivando il seme della folla effervescente. Sono tutti lì, gli abitanti, pronti al via! È proprio questa, infatti, la data in cui tiene l’annuale Tourist Trophy, la gara che ricopre d’adrenalina fulgida e di fiamme l’intero percorso ripido della Mountain Road, anche detta Snaefell, comunemente nota come: pista dell’Isola di Man. Che non è una “pista”, ovviamente, bensì l’incubo degli addetti alla sicurezza provenienti da ogni angolo del mondo. Il terrore di parenti e genitori. Il sottile bracciale d’asfalto serpeggiante, lungo 60 Km e con 206 curve, ciascuna dedicata alla vicenda di un pilota, che lì avrebbe vissuto un attimo fatale. Un magico sorpasso, oppure un tragico incidente; qualche volta, purtroppo, la fine stessa della vita: le cronache parlano, tra il 1907 ed 2009, di un totale di 241 morti, fra le curve e le cunette di un simile sentiero della perdizione. E della Gloria, al tempo stesso.
Qualche giorno fa un utente di YouTube, senza autorizzazione, aveva caricato il video completo del giro record effettuato dal neozelandese Bruce “Almighty” Anstey, ripreso tramite l’impiego della telecamera di bordo (sarà stata una GoPro?) Per poi ritrovarsi (giustamente) bloccato dai legittimi detentori dei diritti, i titolari del canale ufficiale della gara – ecco, dunque, uno spezzone di presentazione lungo due minuti, propedeutico all’acquisto dell’intera sequenza, per l’irrisorio costo di due dollari e 99. Diciamo la verità: per noi neofiti, pure questo assaggio può bastare. Nei due minuti di sequenza possiamo osservare il 44enne, a bordo della sua Honda CBR1000RR, mentre demolisce il precedente primato di velocità assoluta presso il rettilineo di Sulby, con un picco di 332 Km/h, per poi procedere in quello che sarebbe stato il giro con velocità media più lungo nella storia del Gran Premio: 212.913km/h. Un successivo errore su una curva, tuttavia, gli avrebbe precluso la vittoria nella gara, che si è aggiudicato invece l’irlandese 25enne Michael Dunlop, già detentore di altre 10 precedenti, nonché nipote del più celebrato pilota del TT: Joey Dunlop (1952-2000, 26 vittorie in totale).
La sensazione di velocità che restituisce questo video è qualcosa di assolutamente…Inimmaginabile. Piccoli dettagli all’orizzonte, nel giro di due secondi, spariscono ai margini dell’inquadratura, già gettati oltre, superati come ostacoli di poco conto. Ci si immedesima, alla fine. L’eroe corre verso l’orizzonte, liberandoci, per qualche attimo, dalla percezione della nostra stessa vulnerabilità.

Isle of Man TT
Ci sono molti montaggi e tributi online sulla gara dell’Isola di Man. Questo di DAVID WONG si sofferma molto sui momenti in cui qualcosa è andato storto. È inutile, in fondo, negare l’evidenza: ci vuole sprezzo del pericolo…

Il circuito dell’Isola di Man è stato, tra il 1949 e 1976, un’importante parte del MotoGP della FIM, finché l’associazione, preoccupata per la sua natura eccessivamente rischiosa, non decise di spostare l’evento britannico a Silverstone, dove rimase fino al 1986, che da allora se lo contende annualmente con la pista di Donington Park.
L’aspetto unico di una tale ambientazione, così persa fra i recessi di un ambiente agricolo e rurale, a quei tempi aveva reso questa gara lo spettacolo più atteso dagli appassionati. Snaefell risuonava dello stesso prestigio internazionale del Grand Prix di Monaco, suo equivalente concettuale per le quattro ruote, nel campo iper-tecnologico dell Formula 1. Dall’altra parte della manica, culturalmente, questi erano gli anni di Ayrton Senna, colui che raccontava del suo modo quasi mistico di percepire il senso della gara. È particolarmente pregno, e rilevante, ai margini di un simile confronto, citare la sua frase: “Proprio quando penso di essere andato il più lontano possibile, scopro che posso spingermi ancora oltre.” Pura verità. Ciò costituisce, senza ombra di dubbio, il vero senso della guida sportiva. La singola ragione per cui talvolta, da ciascuna disciplina, emergono figure tanto superiori agli avversari da trionfare ancora e ancora, fino ad assurgere nell’Olimpo della storia di uno sport. Essi non temono la morte, almeno in quei momenti fatidici, l’attimo ricorrente dell’ingresso in curva; Bruce Anstey, nel suo dirompente giro record, si era praticamente trasformato nella moto stessa e al contempo nella strada, negli alberi e nel sole. Essere in the zone, come dicono gli anglosassoni, significa trascendere il bisogno stesso di pensare, fluendo assieme al movimento fisico dell’universo intero.

Guy Martin

Tuttavia, come dicevamo, non è stato lui ad aggiudicarsi la vittoria, che nel formato odierno, per atto del parlamento indipendente dell’Isola di Man, si tiene nel formato di un time-trial sui 6 giri complessivi. Ci riuscirà di certo, entro la fine della sua carriera. Ma tralasciando l’esperienza del già citato vincitore, che anche lui meriterebbe, indubbiamente, un articolo completo, vorrei parlare brevemente del secondo classificato: Guy Martin, inglese e poco più che trentenne. Questo carismatico pilota, dotato della spontaneità che tanto spesso ci colpisce nel modo di porsi dei campioni, aspira almeno dal 2011, fra le sue molte partecipazioni e successi, alla vittoria su questa tremenda pista. Ci ha fatto anche un film largamente acclamato dalla critica, TT3D: Closer To The Edge, di cui consiglio almeno il trailer, per farvene un’idea. Si tratta del documentario britannico dai maggiori incassi nell’intera storia del cinema. Non è difficile comprendere il motivo: le sequenze registrate in prima persona, in simili contesti straordinari, catturano gli sguardi e colpiscono la mente. Simili prove di coraggio, dal punto di vista materiale, sono largamente oltre la portata delle moltitudini. Eppure la tecnologia informatica, il regno della digitalizzazione, ci permettono di immaginarci lì a far le pieghe, anche in tre dimensioni, inchiostrando a tratti di pneumatico la ragione ultima dell’esistenza. Non è magnifico, tutto ciò? Autostrade virtuali verso l’espansione della misera coscienza… Fare l’esperienza della mente, se non quella del corpo, è già qualcosa. Altrimenti, a cosa servirebbero i romanzi!

Snaefell Map
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