Il giovane protagonista di questo video giapponese aveva un’aspirazione assai condivisibile: faticare poco per l’igiene orale. Ci sono in effetti delle volte in cui quel movimento ripetuto, del far muovere lo spazzolino avanti e indietro, su e giù, destra e… mette alla prova le già stanche membra di chi ha poco tempo libero a disposizione. Cos’è, in fondo, il divertimento? Qualcosa di superfluo, che le persone impiegano per far passare le ore prive di significato? O piuttosto il nettare che ci colora la giornata, irrinunciabile all’incirca quanto l’ora di merenda? Ecco che, per l’appunto tokioFN [sic] questo il suo nome di battaglia, aveva uno di quegli hobby che ti offrono una sorta di glass ceiling, ovvero il “soffitto di vetro” della teoria professionale anglofona e statunitense. Sarebbe a dire che, per quanto ci dai dentro e ti applichi nel campo specifico della questione, inevitabilmente scorgerai la condizione più totalizzante, maggiormente impegnativa. Così è la vita, per chi è dedito allo scopo. Così è pur,e per chi la propria realizzazione sa trovarla insieme alle pistole ad aria compressa, nelle carabine e in tutto il resto.
Spari due colpi tanto per provare, presto ti ritrovi appassionato, quanto lui. Naturalmente, stiamo ipotizzando. Però come spiegare, altrimenti, una tale scena! Quest’uomo, un eroe della serendipità digitale, non si limita a riempirsi casa con i modellini delle armi più diffuse nei comuni videogames. Superata l’ora di cena, se le porta in bagno e le usa finalmente in modo utile, facendone un tutt’uno con lo spazzolino e il caro scotch. C’è un certo senso di giustizia universale, in una tale surreale attività. Pensate alla costante guerra combattuta dagli umani contro l’entropia. Qualunque essere biologico, alla sua nascita, dispone di una certa quantità di anni, per lasciare ai posteri la traccia della sua trascorsa materializzazione (molto spesso basta riprodursi, dando adito a una sorta di metempsicosi). Tale tempo limite, a quanto ne sappiamo, non può essere quantificato, tranne a posteriori. Perché ci sono guerre, incidenti, malattie. Sappiamo questo, solamente: i denti sono 32, non contando quelli destinati alla maliarda del cuscino. E non avremo altri, se non tramite l’apposizione di posticce installazioni mascellari, quasi mai paragonabili agli originali. Questi bianchi pezzettini, dallo smalto destinato a consumarsi, sono il timer del giudizio, la sostanza della vulnerabile sopravvivenza. Occorre dunque preservarli ad ogni costo, con la forza massima della tecnologia.
SCAR non è soltanto il fratello di Mufasa, l’antagonista dell’iconico lungometraggio Il Re Leone (Dysney, 1994) ma anche l’acronimo alla base di un fucile, lo Special Operations Forces Combat Assault Rifle, prodotto dall’esercito statunitense per i suoi soldati d’avanguardia. Si riconosce dalle caratteristiche guide di aggancio lungo il corpo centrale, pensate per semplificare l’utilizzo di accessori. Quest’arma ha da sempre presentato, rispetto alle sue rivali di appalto, un’ottima resistenza agli elementi ed alle infiltrazioni della sabbia, sostanza pericolosa che praticamente tutto inceppa, soprattutto nel bel mezzo degli scontri a fuoco. Con conseguenze pure troppo chiare. L’incipienza della carie. L’approccio militare ad una vasta gamma di situazioni è generalmente rettilineo. Posti di fronte ad un problema, i migliori ufficiali lo risolvono con l’efficienza che proviene dall’economia dei gesti e dei ragionamenti, coadiuvata da una buona dose di pensiero parallelo. Dove possibile, si applica il multitasking: fare più cose in una volta. Ciò è osservabile anche in tokioFN, il nostro inventore ad aria compressa. Rispetto al video di apertura, punteggiato da un fondamentale senso di disagio, in questo secondo exploit lo vediamo tanto concentrato, ed a suo agio, che potrebbe facilmente ingaggiare battaglia da lontano, prendendo la mira fuori e al tempo stesso dentro la sua bocca. Una guerra su due fronti.
Ci sono otaku dei fumetti, degli anime o dei videogiochi. Tale termine, che in Occidente viene da sempre associato a tali campi, nel Giappone patrio è riferito sopratutto a quel particolare stile di vita, solitario e casalingo, che caratterizza una certa percentuale dei giovani dei nostri giorni, sia in quel paese che sulla scena internazionale. In tale ottica, qualsiasi appassionato di un particolare campo culturale o tecnologico può essere un otaku. La genesi del termine, nonché le tacite implicazioni dello stesso, non sono sempre state positive. Secondo lo stereotipo, per rientrare nella categoria occorrerebbe essere dediti al collezionismo di una qualche tipologia di modellino, oggetto veramente poco utile per definizione. Però ecco, ci sono le eccezioni. Basta avere il giusto grado di inventiva. O poca fiducia nei tradizionali spazzolini a batteria.