Le tartarughe della famiglia dei trionichidi, diffuse in Africa, America e Asia, hanno il muso lungo simile a quello di un formichiere, le zampe palmate ed un guscio morbido e vagamente carnoso, che potrebbe richiamare alla mente la fodera di un paio di stivali da equitazione. Vivono in acqua. Accarezzare quel carapace flessibile, privo di scaglie o di squame, è un’esperienza difficile da descrivere. Bisogna provarla.
In questo video registrato presso il fiume Nahal Alexander, lo youtuber jimbo Bagginsz (fan di Tokliensz?) Ben ci dimostra i meriti di simili anfibi sbalorditivi, tra i più grandi rettili d’acqua dolce di questo pianeta. Tutto comincia nella valle di Hefer, in Israele. Sotto le rovine di Hurvat Samra, antica stazione di scambio, c’è un vasto bacino idrico. Qui passavano i popoli verso la porta d’Oriente, nel mondo antico e poi ancora dopo, sfuggendo all’assillo dell’odio razziale. E un tale luogo, prossimo alle tiepide acque del Mediterraneo, piacevole e temperato, costituì da sempre, di pari passo, l’habitat ideale per molti animali: qui confluiscono i corsi del Nablus, del Te’enim, dell’ Ometz, del Bahan e dell’Avihail, fiumi popolati di nutrie, pesci gatto, tilapia, gatti di palude e numerose specie di uccelli migratori. Una vera babele di versi e di lingue biforcute. Ma chi dovesse arrivare, turista in viaggio, per nutrire le anatre, potrebbe restare sorpreso.
Così è successo in quel caso, probabilmente, al nostro protagonista: gettando le briciole in acqua, con al seguito una ghiotta zucchina, costui si è trovato il soggetto di altre attenzioni, ben più ingombranti della media – fino a 100 cm di lunghezza, tanto per dire. La verde testa maculata, le unghie tozze ed il dorso bizzarro, non c’è alcun dubbio! Sulla roccia assolata strisciavano alcune trionyx triunguis, le giganti dal guscio molle, tra le ultime rappresentanti della propria specie, un tempo diffusa dal Nilo fino in Turchia ed oggi presente soltanto in alcune regioni dell’Africa e del Medio Oriente. La loro strategia evolutiva è davvero interessante.
Si tratta di onnivori predatori, che cacciano pesci ed insetti, ma non disdegnano l’occasionale noce o dattero, né, ancor più raramente, la carne di qualche carogna. Non hanno denti, ma una sorta di placca ossea e affilata, in grado di lacerare la carne con gusto. Va inoltre considerato come, grazie alla leggerezza del guscio, una di loro potrebbe facilmente raggiungere un uomo in corsa. Se lo volesse. Cosa che non capita mai, a quanto ne so.
Sono una vista frequente, da queste parti, mentre si scaldano al sole sulle rocce, oppure affiorano con la testa per respirare semi-nascoste, mentre rimangono in attesa del pasto piovuto dal cielo. Non per niente, nella località di Nahal Alexander, c’è un ponte per i visitatori dal nome carico di significato: Turtle Bridge. Qualche tempo fa, purtroppo, un’esondazione ha portato molti esemplari a perdersi fra le acque del vicino mare. Secondo me sono ancora lì, che vagano libere tra le onde.
Benché la trionyx triunguis, o tartaruga dal guscio molle africana, sia l’unica rappresentante del suo genere, esistono diverse sue prossime parenti disperse in giro per il mondo, tra cui queste graziose apaloni spinifere, o spinose:
Possiamo qui assistere, all’avventura notturna del gruppo di video-erpetologi americani TheSnakeLibrary, mentre si approcciano a una nidiata di piccoli trionichidi maculati. Sono anche queste tartarughe dal guscio molle che però, a differenza delle parenti medio-orientali, una volta cresciute presenteranno sulla parte frontale dorso delle strutture sporgenti, simili a coni spinosi. Raggiungeranno la maturità sessuale intorno ai 9 anni.
La femmina, come per le altre specie della famiglia, ha l’abitudine di deporre le proprie uova rapidamente, su spiagge sabbiose o presso gli argini dei fiumi. Queste ultime sono in un numero variabile tra le 10 e le 30, bianche, fragili e dal guscio calcareo. Fin troppo nota è la triste storia dei cuccioli di tartaruga, che nel momento della schiusa divengono il pasto di uccelli, pesci e altri predatori; se non altro, una volta cresciuti, avranno tempo per farsi valere – questi animali raggiungono facilmente, anche allo stato selvatico, i 50-60 anni di età. Ciò fa parte di una precisa strategia ecologica: nidificando più volte durante l’anno e per molte stagioni a venire, in autunno e primavera, l’apalone spinifera riesce a garantire la sua discendenza futura. Sono molti, del resto, i trionichidi non a rischio di estinzione, abbastanza da essere talvolta scelti come animali domestici. Ciò avviene senza particolari restrizioni normative. È il caso dell’apalone ferox della Florida, una bestia dalle dimensioni niente affatto indifferenti. Basti sentire la fatica che fa questo giovane emulo di Steve “Crocodile Hunter” Irwin, sempre sia ricordato, per tenerne una sollevata da terra:
Trovo un fatto curioso che simili tartarughe, così diverse da quelle comuni, siano largamente poco note in Europa. Forse siamo troppo abituati al concetto rassicurante dell’animale lento e placido, dal guscio rigido e protettivo. O magari ci ricordiamo gli antichi romani, con la loro testuggine difensiva. Con l’avanzare dei secoli, del resto, tutto cambia e così le testudo. Il materiale di riferimento più spesso usato per il guscio dei trionichidi è la pelle trattata di bovino. Sembra che abbia una simile consistenza e porosità. In epoca medievale, come pure successivamente, le armature si fecero più specializzate: da una parte il cavaliere in piastre di metallo, col suo carapace impenetrabile, apriva la carica, mentre dal fianco dell’armata, il fante leggero, l’arciere, il balestriere, gli dava man forte. Furono simili soldati, alla fine, a mutare le regole del campo di battaglia, l’umana approssimazione concettuale della lotta per la sopravvivenza. Agilità+velocità=evoluzione. Chiamatele tartarughe ninja: non perché sono giapponesi, americane o di qualsivoglia altra provenienza. Ma morbide e molleggiate, con tozzi tubercoli preminenti.