Uno degli aspetti più affascinanti in merito al palcoscenico della storia cinese è l’alto numero dei suoi attori e partecipanti. In ogni frangente, dalle stupefacenti opere pubbliche e monumentali della dinastia Qing alle grandi vie commerciali dell’epoca Tang, non è raro trovare nel passato di questa antica civiltà eventi e situazioni tanto uniche quanto irrealizzabili senza la partecipazione di intere popolazioni, organizzate con incredibile e talvolta brutale efficenza. Moti e ribellioni sanguinarie, battaglie tra sterminati eserciti e drammatiche marce forzate…attraverso simili eventi la Cina come nazione è stata governata con ineluttabile alternanza da una burocrazia capillare e meritocratica, piuttosto che dal pugno di ferro dei terribili dittatori e signori della guerra.
L’incredibile massificazione degli eventi storici cinesi è stata rappresentata, forse meglio che in qualunque altra opera di ingegno, nel grandioso romanzo dei Tre Regni. Scritto nel 18° secolo da Luo Guan Zhong, ma ambientato nell’epoca turbolenta successiva alla caduta della dinastia Han (terzo secolo) il romanzo narra le tribolazioni e battaglie combattute per più di sei decadi dagli eserciti del giusto e confuciano governante Liu Bei, dello spietato primo ministro Cao Cao e di Sun Quan, il signore delle ricche terre fluviali a sud del paese. Nel romanzo viene ad esempio narrato come per l’epocale battaglia di Chi-Bi l’esercito del nord avesse schierato oltre 800.000 effettivi, benchè funestati dalle malattie e stanchi per le lunghe campagne – gli appassionati di cinematografia orientale dovrebbero, a tale proposito, aspettare con ansia l’uscita occidentale dello spettacolare ed omonimo colossal di John Woo.
Influenzato dai concetti Taoisti dell’Arte della Guerra, ricco di incredibili battaglie e colpi di scena nonchè popolato da alcuni dei personaggi più memorabili della letteratura classica orientale, il romanzo dei Tre Regni ha generato innumerevoli film, telefilm, manga e serie animate. E’ anche alla base, tra gli altri, della più popolare serie di videogames prodotti dal colosso giapponese Koei: l’intramontabile saga di Dynasty Warriors. Qui, in un trionfo di estetica nippo-kitsch ed al suono di roccheggianti assoli di chitarra tanto orecchiabili quanto fuori luogo, i più grandi guerrieri di quest’epoca lontana combattono instancabili seguendo i crismi dei giochi slash’em’up della metà degli anni ’90, in una moderna metafora di Golden Axe o Knights of the Round trasformata nel massacro di centinaia e centinaia di soldati nemici al minuto. Questi giochi, spesso bistrattati dalla critica occidentale come banali o ripetitivi, possono rappresentare un’ottimo spunto per approfondire uno dei più significativi ed ancora attuali classici della letteratura orientale, oltre a fornire uno sfoggio forse senza precedenti dell’incredibile abilità dei giapponesi nell’arte moderna del character design creativo.
Ma dopo decine e decine di giochi oggettivamente alquanto simili tra loro, il team Omega Force della Koei ha deciso recentemente di rivolgersi per questo stile di gameplay ad un epos di provenienza radicalmente differente: lo sterminato meta-verso di Gundam, il colossale franchise mecha-robotico dei Sunrise Studios. Quest’opera decennale si compone di dozzine di serie animate per forse qualche migliaio di episodi, ed è varia al punto da aver narrato di volta in volta il dramma e le implicazioni della guerra (le tre serie UC, Seed e Seed Destiny) la difficile vita dei civili in un paese occupato da forze straniere (War in the Pocket) i dubbi di un soldato che riceve ordini ingiusti (08th MS team) o persino l’improbabile torneo di arti marziali robotiche tra bizzarri personaggi basati sugli stereotipi nazionali dei vari paesi della terra (G Gundam). La serie di Gundam Musou – l’insostituibile, o definitivo Gundam – dopo un primo episodio al lancio della PS3 e successivamente convertito su Xbox 360, ha recentemente ricevuto la sua seconda iterazione, largamente superiore per portata, numero di robot rappresentati ed utilizzabili e con un nuovo meccanismo di potenziamento in stile gotta catch’em’all.
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Al termine dell’usuale fantastica presentazione in CG, il giocatore può selezionare la modalità ufficiale o la nuova campagna ad ampio spettro con trama originale. Nel primo caso, analogamente al primo episodio, ci si trova a rivivere le battaglie principali delle tre serie originarie di Gundam, interpretando Amuro Rei, Camille Bidan o Judau Ashta. Una novità significativa è l’aggiunta di una serie di missioni dedicate a nientemeno che Char Aznable, l’eroe oscuro del racconto, a partire dalle sue imprese come Cometa Rossa di Zeon fino all’attentato alla Terra narrato in Char’s Counterattack. Nelle missioni più avanzate si avranno quindi a disposizione alcuni dei mezzi più interessanti e caratteristici di tutto il meta-verso gundamiano, tra cui il magnifico Sazabi con le sue armi autonome Jedi.. ehm, pardon, New-Type. Molto diverso risulta invece essere l’original mode, benchè ancora basato su un mash-up colossale a libera selezione di robot gigante tra circa due dozzine di serie animate indipendenti, per un totale di oltre 50 guerrieri meccanizzati – la maggior parte dei quali, ovviamente, inizialmente non selezionabili. Qui abbiamo Athrun Zala e Kira Yamato con i loro mobile suit Justice e Freedom, un paio di personaggi da Wing e G Gundam, piloti e mezzi provenienti da After Colony, Victory, il Gundam F-91, ogni versione possibile immaginabile del Qubeley di Haman… la varietà è veramente sorprendente. Il front-end della modalità è basato su una sorta di terminale da cui è possibile selezionare diverse missioni ripartite per obiettivo: è possibile combattere per far progredire la storia, per migliorare le relazioni con un altro pilota o ancora per raccogliere parti di un robot. Lo scopo in quest’ultimo caso non risulta essere unicamente il potenziamento della propria unità, ma anche lo sblocco di un nuovo mobile suit una volta ottenuti tutti i suoi componenti. E’ inoltre disponibile una sezione di “ricerca e sviluppo” dove investire sull’avanzamento o la creazione di questi potenziamenti. Una volta scesi in campo per la battaglia, il gioco è veloce, frenetico, coloratissimo. L’energia per il boost, utilizzata nei movimenti rapidi e nelle trasformazioni, è stata aumentata sia per capienza che nella rapidità di recupero. Le combo possono essere prolungate più che mai prima d’ora, grazie alla possibilità di linkare gli attacchi in corsa, e ciascun mobile suit dispone di due supermosse differenti, a seconda che si trovi in aria o al suolo.
Gundam Dynasty Warriors 2 utilizza lo stesso sistema di battaglie a territori del primo episodio, ripreso anche dalla serie Dynasty Warriors nella sua ultima versione con l’introduzione delle basi (qui navi madri): l’andamento della battaglia è influenzato dalla zona in cui si trova il giocatore, mentre sconfiggere un certo numero di nemici per ciascun territorio ne richiama il boss, spesso il pilota di un mobile suit molto potente o persino un colosso, la nuova classe di nemici-boss che annovera principalmente il pericoloso Psycho Gundam o il Dark Gundam. Il combattimento con questi epici avversari è però leggermente deludente, limitandosi a richiedere l’utilizzo secondo uno schema definito di una certa serie di attacchi fino alla sconfitta del nemico. Questi combattimenti sono anche un pò troppo lunghi e condizionati in parte eccessiva dalla fortuna, benchè servano in modo efficente allo scopo di aumentare la varietà del gioco e spezzarne un pò il ritmo. Altro lato negativo, specie rispetto al primo gioco, è la quasi totale assenza di una trama per l’original mode: i personaggi si limitano a scambiare qualche battuta tra una battaglia e l’altra, con pochissima attinenza agli eventi di gioco; alcuni personaggi poi sembrano avere ben poco in comune con le loro controparti animate. Conclude l’offerta la presenza di un comparto multi-player estremamente completo, con una vasta gamma di opzioni per lo split-screen o l’online, inclusa la possibilità di giocare ogni singola missione in co-op ed una sorta di modalità competitiva in stile Battlefield, basata sulla conquista dei territori. Purtroppo, su PS3 non mi è riuscito di trovare un solo giocatore disponibile o in cerca di avversari in oltre una settimana di tentativi. Un’altra vittima illustre dei critici?
Nonostante qualche difetto, e pur con l’inerente ripetitività di gameplay della serie Dynasty Warriors, Gundam Musou 2 è a mio parere un gioco divertente ed interessante, che gli appassionati dell’una o dell’altra serie troveranno meritevole di essere giocato per qualità e quantità dei contenuti. A chi poi saprà apprezzare il particolare stile ed il tenore ossessivo del gameplay (uccidi-uccidi-uccidi), offrirà una longevità assolutamente di tutto rispetto.
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Consigliato: a chi ricorda ancora il fascino dei giochi old-school