Una sola pagina nera opaca, segmentata, alta giusto quanto la parete della stanza. Evolution è il suo nome: pare un gigantesco libro chiuso, il mistero sull’inizio della scena. Poi con un gesto ruota, fluttuando si ripiega, sparisce e dunque ricompare, uguale, soltanto a mezzo metro di distanza. Al suo posto resta un punto di passaggio, vuoto. Passi l’uomo nella porta, fra i triangoli. Quasi come un origami giapponese, l’ultima creazione del designer viennese Klemens Torggler muta forma e posizione, ripiegando la sua forma su se stessa. Divide le stanze e al tempo stesso le arricchisce, richiamando alla mente immagini di mondi futuribili e di altrettanto bizzarre visioni escheriane, oltre i confini della semplice normalità.
Creare spazi e definirli è il punto stesso dell’ergonomia. Ogni stanza, cubo potenziale, trova la sua effettiva configurazione dalle singole esigenze dei momenti: dormire negli angoli distanti, mangiare al centro del soggiorno illuminato… Ciascuna di queste attività quotidiane sottintende un mutamento, termodinamico o biologico, che necessariamente si rispecchia nelle molteplici geometrie dell’architettura, arte universale del bisogno abitativo. Per questo cambiando stanza ci si sposta, nel contempo, in un diverso mondo filosofico. In mezzo a tale valico, nell’epoca moderna e da altrettanto chiara tradizione, dovrà pur esserci un qualche tipo di interfaccia. Ideale quanto effettiva. Le pareti racchiudono, i pavimenti sostengono; ciò che serve ad uno scopo non può essere modificato. Con facilità. Per questo la porta, convenzionalmente, non divide, ma conduce a dei concetti. La presenza di una piccola finestra, ad altezza occhi, palesa il benvenuto a dei visitatori. Grosse serrature, paletti di metallo, scoraggiano gli intrusi malvoluti. Funzionalità prima che estetica, secondo il puro senso della chiarissima ovvietà. Tutto il resto è appannaggio dell’arredamento, il contenuto. Non è Forma. Si può cambiare il senso di una porta? Intellettualmente no, altrimenti diventerebbe una finestra. O altro. Però, ecco, nel suo funzionamento…
Ci hanno provato in molti, nel fluttuante mondo dell’immaginario visuale. Il tipico film di fantascienza ne contiene sempre qualche esempio: il campo di forza luminescente, la botola rotante. Difficile non ricordare i pannelli scorrevoli delle astronavi di Star Trek, dall’iconico sbuffo di apertura, piuttosto che l’iride di Stargate, apertura verso pianeti dell’empireo più remoto. La ragione, a pensarci, non è così difficile da immaginare. Il concetto di porta non varia da millenni. Rappresenta il tesoro potenziale dei designer più sfrenati, l’ultima isolata colonia priva di avanguardie, posta proprio in mezzo ad ogni casa. C’è una sottile analogia potenziale con la sedia (quante ne hanno progettate!) Con la credenza, con la stufa. Molti visionari segnano una strada, strana o inusuale, che immancabilmente si realizza prima o poi. In qualche maniera. Ben dopo la soglia del favoleggiato 2000 non abbiamo skateboard volanti, ne automi delle pulizie, ma Segway e Roomba, i loro cugini dalla forma più tangibile. Anche le porte cambieranno. E Klemens Torggler, con la sua serie di prototipi, potrebbe fare da apripista. Oltre ad Evolution con i suoi pannelli triangolari, già citata in apertura, tra le realizzazioni più importanti figurano Glassdoor, in vetro trasparente, basata su una serie di complessi bracci articolati. Anche lei, aprendosi, si divide in due settori.
Tale metodologia funzionale viene definita, dall’artista ed inventore, dryehplattentür (porta ribaltabile a pannelli). A seguire è possibile osservare la prima versione, realizzata in metallo e parte della sua collezione privata. Ha un peso di 200 chili, ma grazie al meccanismo basculante ruota con estrema facilità:
Naturalmente potrebbe venire da chiedersi che cosa potrebbe accadere, in un momento di distrazione, alle proprie sfortunate falangi manuali. Ebbene, nell’ultima versione, Torggler ha pensato pure a questo. I bordi della porta Evolution sono morbidi e cedevoli, a grande beneficio dei produttori di guanti a cinque dita.
Alcune delle sue porte sono disponibili per l’acquisto presso il sito Artelier Contemporary, ad un prezzo che viene dichiarato su richiesta. L’originalità si paga, è ovvio. Come reso evidente dal suo sito, comunque, l’artista vorrebbe un giorno produrre alcune delle sue creazioni in serie. Le applicazioni, nonostante l’apparente poca praticità, senz’altro ci sarebbero: una porta come questa non richiede i binari per scorrere, ne lo spazio per aprirsi. A qualcuno, da qualche parte, servirà effettivamente, chi lo sa? E del resto, anche l’occhio vuole la sua parte. Viene giustamente proposto per simili opere un montaggio al centro della stanza, come per un paravento, sufficiente a coronar l’ambiente. Per aprire prosaicamente la cucina, persino oggi, basterebbe una maniglia dell’Ikea.
Si tende ad identificare una chiara distinzione tra la natura dall’essenza organica, imprecisa e il mondo costruito, artificiale. Quest’ultimo sarebbe, nella sempiterna concezione, esatto, immutabile, fatto di linee rette quanto regolari. Eppure non può mai mancare, a coronamento di ciascuna stanza, almeno un tratto curvo che si getti verso l’infinito. Viene disegnato dalla porta mentre l’apri. La direzione è libera, purché si abbia l’intenzione.