Un predicatore di strada con due cartelli al collo, uno davanti, l’altro dietro, la campanella tintinnante in una mano e la pesante bibbia dalla copertina nera, il titolo dorato, stretta saldamente sotto braccio, percorreva certamente Market Street. Era il 14 aprile 1906, quattro giorni prima del più grande terremoto mai subito dagli Stati Uniti. “Repent your sins!” Faceva lui. Incombeva, nel frattempo, l’assoluta distruzione del maggiore centro urbano sulla Costa Ovest, senza Twitter, senza Facebook e Instagram per raccontarla, come tristemente avviene adesso, sotto gli occhi della collettività. Una disgrazia persa per i posteri, purtroppo. Eppure… Difficile individuarlo tra la folla, tale uomo, l’evoluzione iettatoria degli evangelisti di frontiera, guardando fuori da un prototipo della moderna Google Car. Ma con la neve, con il sole, lui su quella strada c’era sempre. Noi, invece, possiamo percorrerla soltanto in questo modo, guardando fuori da una lente in vetro posta sopra il ferro e quattro ruote. Cos’era dunque, quest’arnese semovente, un calesse con la cinepresa? Mike Upchurch, proprietario del canale, la definisce in modo criptico “streetcar”. Un’automobile rudimentale, meravigliosamente priva di cavalli? Le diverse soluzioni veicolari, in quell’epoca, ancora si contendevano ferocemente lo stesso spazio, andando all’invidiabile rapidità di 10 miglia orarie. In tutte le direzioni possibili, allo stesso tempo, come qui si può ben osservare. Non ci è dunque immediatamente chiaro, con che stiamo percorrendo quell’arteria urbana. Finché*
Colui che ci propone questo interessante video, tra l’altro, è riuscito pure a dargli vita nuova, aggiungendovi il sonoro. Non le voci, purtroppo: “Hellfire and brimstone, to those who offend the Lord!” Avremmo sentito a un certo punto, altrimenti. “Pentitevi, abitatori dell’odierna Gerico dalle mura (troppo) fragili, finché siete in tempo!” Magari, e così via, con l’aggiunta di un realistico effetto doppler, come fatto per il resto. Nel video, aguzzando gli occhi della mente, di quel castigatore se ne percepisce vagamente la presenza. C’era sempre, pure oggi e come allora, nell’immaginario popolare americano. Nessuno avrebbe mai pensato, dopo tutto, di trovarlo tanto gravemente confermato.
*Le cable car, i caratteristici tram a cavo di San Francisco, da tempo non percorrono la vasta Market Street. Oggi c’è una pista ciclabile, ci sono i mezzi elettrici, i trolleybus, la Muni Metro e pure il BART. Loro invece, che sono tra gli elementi più riconoscibili dai turisti di ogni parte del pianeta, deviano delusi presso California e Powell Street. I cavi sotterranei, radici dimenticate, scorrono segreti sotto il duro asfalto.
Poche cose, del resto, sono rimaste invariate dopo quel terribile 18 Aprile 1906, il giorno del primo Big One, remoto preludio, secondo alcuni, ad un futuro distaccamento della California da un intero continente. Per motivi largamente imperscrutabili, avvenne allora che l’ancestrale cicatrice geologica di San Andreas, la faglia in cui s’incontrano due placche, si riaprì per un’estensione di 430 Km circa, da San Juan Baptista fino ad Eureka. Si stima che la magnitudine abbia raggiunto gli 8-9 gradi della scala Richter. E la città, ovviamente, crollò: fu un evento epocale, in cui perirono 3000 persone e che, tra l’altro, rovesciò il futuro intero della California, favorendo esponenzialmente, come contrappunto, la crescita di Los Angeles. Il destino manifesto di quei luoghi in poche ore scappò a sud, assieme a chi potesse permetterselo. Interi quartieri finirono in rovina, per l’effetto dei crolli e degli incendi, causati, questi ultimi, anche dalla mano umana. Quella di chi sperasse in un risarcimento; le compagnie assicurative dell’epoca, infatti, non coprivano i danni da terremoto bensì soltanto quelli causati dal fuoco, istigando in molti un’improvvisa inclinazione disperata alla piromania. Alla fine 300.000 persone persero la casa, su una popolazione totale di 400.000. Poi tutto fu ricostruito.
Dalla nostra scena d’epoca, registrata tramite le cineprese dei fratelli Miles (Harry, Herbert, Earle e Joe) si può intuire come fosse la vita poco prima dell’apocalisse. La pellicola, che era custodita in uno studio locale, fu data per perduta, poi ritrovata e datata in modo erroneo. Soltanto nel 2009, lo storico David Kiehn, a partire dallo stato di costruzione di certi edifici e dai registri della motorizzazione, è riuscito a piazzare la testimonianza in quella triste data.
Per il centro della città, con dozzine di pedoni sulla strada, carrozzelle, automobili e tram si muovevano liberamente, senza vigili a dirigerne il comportamento. Lo stato era meno presente, rispetto ad oggi, nella terra che era stata del Selvaggio West. La gente saltava su e giù dai mezzi, alla ricerca di un passaggio. Tutti gli uomini portavano il cappello. Le donne invece, la gonna lunga fino a terra. Nessuno teneva la destra, né la sinistra, mentre i cavallerizzi, allegramente, tagliavano la strada a tutti gli altri. Motorini dei tempi che furono, alimentati con il fieno? Le auto, dal canto loro, già c’erano. Però qualcuno, piuttosto che sedercisi, ci si metteva in piedi, a lato, rischiando di cadere. L’abile Mike Upchurch, progettando il suono a posteriori, è dovuto ricorrere alla registrazioni audio di vetture lievemente successive, ovvero le celebri Ford modello A e T.
Questa non è la San Francisco dei nostri nonni, ma di chi è venuto ancora prima. Il video ci dimostra, in una formidabile scheggia di vita vissuta, come fosse il mondo prima delle due guerre, prima della grande depressione e pure dei semafori, molto giustamente, vista la mancanza dei colori. We never did repent, in the end. Nor later. I profeti di disgrazie, rispetto ad allora, sono molto meno popolari. Oggi basta visitare un sito web.