Giacche blu e ribelli confederati, finanziati dal cotone, che si affrontarono sui cambi di battaglia della guerra civile americana. Avevano, costoro, una fondamentale divergenza d’opinione: che gli uomini potessero venire usati come semplici strumenti, oppure no. Lo disse il presidente Abramo Lincoln, causa scatenante, suo malgrado, di tanti micidiali scambi di pareri: “La miglior cosa del futuro è che arriva un giorno alla volta” Tranne quando guardi dalla parte fiammeggiante di un cannone come questo, la ricostruzione giocattolo della prima ammazzasette della storia. Che di canne non ne aveva una, né due, ma fino a dieci, sempre pronte per sparare tutte assieme, o in rapida sequenza. Lo strumento più efficace dell’Unione. Ecco, come cadono quei piccoli legnetti, gettati a terra dalla forza degli elastici, così morivano i soldati, sacrificabili sudisti. Anno domini: 1861. Immaginatevi dunque l’improvvisa comprensione, da parte di qualcuno, della grave verità, eternamente (troppo) poco chiara: che se ti rechi col fucile, con la baionetta innanzi al tuo nemico personale, o a quello del tuo presidente, alla fine non sei più “tu” la cosa più importante, ma l’arma. I gladii che conquistarono la Gallia, gli archi lunghi presso Hastings… I trabucchi di Costantinopoli e le molte dozzine di altre cose, avevano sempre parecchia paia di piedi e di stivali, ma pochissimo cervello. C’era un surplus percepito di preziose vite umane, si scialacquava senza metodo. Questo, pressappoco, stava pensando Richard Gatling, accarezzandosi la folta barba bianca, nella sua officina personale, quando finì di costruire il suo prototipo più rinomato. Soltanto lui poteva dimostrare: “L’inutilità dei grandi eserciti”. Come? Beh, in pratica, con dieci fucili legati tutti assieme. La temibile mitragliatrice a manovella, dall’elevato rateo di proiettili, esplosi in rapida sequenza e in grande quantità, soprattutto rispetto alle persone che dovessero spararli. Solo due o tre individui, per portarla in posizione, e fino a 400-500 colpi per minuto, che scaturivano dalle sue bocche.
La battaglia perfetta non è quella in cui si spara per uccidere, ma per inibire gli obiettivi. Questo era, e tale resta, lo scopo della mitragliatrice: il cosiddetto fuoco di soppressione, ovvero lo strumento della somma dissuasione. Un abile comandante, schierate le sue Gatling, come avvenne a Petersburg, le avrebbe usate per bloccare l’avanzata del nemico. Tenendolo occupato, sarebbe quindi giunto alle sue spalle, per coglierlo di sorpresa e costringerlo ad arrendersi. Facendo molti meno morti… Probabilmente. Più o meno. Funzionava benissimo, questa Gatling, contro chi la conosceva. Guadagnò una fosca fama. Vinse la guerra civile, liberò gli schiavi, venne portata in giro per il mondo, insieme alle più varie ambizioni imperialiste. Il problema, semmai, era di chi ancora non la conosceva. E ci andava incontro con la sciabola. O il cavallo.
Il caratteristico aspetto della mitragliatrice Gatling, con il suo array di elementi tubolari rotanti, è un’assoluta icona popolare, paragonabile alle sagome di Topolino o Superman. Gli adulti la temono, i bambini la collezionano. Non c’è quindi da meravigliarsi, nel vederla riprodotta di continuo nei giocattoli o nei videogiochi, come modellino e, a dire il vero, pure sui moderni campi di battaglia. Lo stesso Dr. Gatling, soltanto due anni dopo che ebbe la sua idea, pensò di aggiungervi un praticissimo motore elettrico, strumento allora molto innovativo. Ciò innalzò vertiginosamente il numero dei colpi per minuto, arrivando fino a mille. Fu, quella M1893, la prima arma veramente automatica della storia. Albione d’oltreoceano, la sconfitta ma inarrestabile Inghilterra, quella mitragliatrice rapidissima la ricopiò immediatamente, per trasportarla fino in Africa, in India, in Cina e nel Pacifico. Valeva sempre la pena di imbarcarla, insieme agli attrezzi dei pionieri. Oggi, invece, la mettiamo sugli aerei. Tale concept rivive, inoltre, nelle innumerevoli invenzioni di Oggcraft, il genio giapponese degli elastici e del compensato. Le sue armi spara-schicchere, fatte per giocare, risuonano dell’ingegno mortifero di veri attrezzi distruttivi. Divertono, per loro stessa natura e si prestano a inscenare piccole battaglie dello svago, non senza ricordarci, nel frattempo, quella stessa verità, che guidò la mente fervida di Gatling.
E non è tutto perché, proprio in questi giorni, il cerchio si sta chiudendo. La corsa agli armamenti degli elastici, a quanto pare, è tornata al punto di partenza, ovvero verso la commercializzazione negli Stati Uniti:
Questo è Alex Shpetniy, ucraino, che un tale tipo di modellini, lui per primo, ha ben pensato di metterli in vetrina. Per farlo ha scelto la piattaforma web statunitense Kickstarter, luogo di nascita del concetto stesso di crowd funding. La sua Rubber Band Machine Gun with unique Fast Charger, o RBMG, è una versione fatta in serie del progetto di Oggcraft, tagliata con strumenti di falegnameria a controllo numerico. Frutto dell’industria, piuttosto che dell’artigianato, dimostra pure prestazioni leggermente superiori: 672 elastici pronti di capienza, contro i 504 della versione giapponese. E quasi un po’ dispiace, a vedere tutti quei floppy disks, oggetti ormai piuttosto rari, spietatamente gettati in terra dagli anellini in gomma colorata. Chissà quanti eroi, soldati e mostri alieni, potevano contenere nella forma di desueti videogame.
Il suo giocattolo gli è già valso 137.000 dollari, ancora prima di averlo messo in produzione. Costa circa 100 dollari, in scatola di montaggio, oppure assai di più, per averlo già assemblato o nelle varie special edition.
Uno degli impieghi più famosi della Gatling americana, anche grazie alla cinematografia moderna, resta quello della guerra Boshin (1868-1869) ampiamente narrata nel film con Tom Cruise – L’ultimo samurai.
I mercanti europei, storici alleati dei feudi di Satsuma e di Chōshū, li avevano riforniti di armi terribili e moderne, oltre che di mercenari provenienti da Occidente. Costoro, in qualità di stimati consiglieri militari, guidarono la rapida evoluzione delle truppe rilevanti da guerrieri medievali in veri soldati dell’epoca coéva, senza nessun tipo di risparmio. Tanto meno quello delle munizioni. C’era in gioco il fato dell’Imperatore, e pure del commercio! Nessuno, su quell’arcipelago del Sol Levante, aveva mai visto nulla di paragonabile a quell’arma. Di cariche suicide contro le mitragliatrici, simili a quella mostrata nel finale del film, ovvero la triste fine del guerriero Katsumoto (liberamente ispirato alla figura storica di Saigō Takamori) ce ne furono diverse. Molto sangue nobile, di esperti spadaccini, tiratori d’arco e variopinti condottieri, fu versato su quei campi di battaglia, per la Restaurazione e verso i valori di un pericoloso pragmatismo…Il futuro arriverà pure un giorno alla volta, ma non si ferma affatto facilmente.