Lo speed flying è quello sport estremo, nato in Francia sull’inizio del 2000, che combina il base jumping, lo swooping col parapendio e gli sci, da praticarsi rigorosamente, pericolosamente fuori pista. Scegliendo un picco sufficientemente dirupato, l’aspirante pilota, un comprovato esperto di ciascuna delle tre discipline costituenti, delinea la sua strada personale verso il predominio di natura e forza gravitazionale, sull’onda in piena dell’adrenalina e dello spirito sperimentale. Come il falco e come il vento, a 140/150 Km/h. A seconda dei casi, questo temerario, inseguendo l’obiettivo dello sguardo, percorre candide distese, vuoti d’aria tra rocce spigolose oppure boschi, sempre, comunque, verso il fondo della valle, sia questo sito a centinaia, oppure migliaia di metri di distanza. Tale pratica potrebbe dirsi, fondamentalmente, la versione più accessibile del folle balzo con la tuta alare. Oppure, a seconda dei punti di vista, del più fantastico, e avventuroso, sistema per saltare con gli sci. Per toccare terra, mirabilmente, un paio di chilometri più giù. Il punto di fuga, dopotutto, è sempre quello – cambia solo il modo di arrivarci.
Non c’era un trampolino, quel giorno sul tracciato alpino scelto da Vincent Descols, detto Le Blond, colui che ha scelto il nome dell’evento: Denivelator. Neanche un precedente, visto che si trattava di “aprire” nuove strade; c’erano soltanto quattro vele, otto sci, molta voglia di provarci. Partecipavano, per l’appunto, anche Julien Fassino, Marine Galves e Anaël Vaquette. Qui compaiono soltanto sul finale, già giunti sull’invisibile linea del traguardo, in attesa del protagonista della scena. Il video dell’impresa, registrato con la sua telecamera da casco, è presente su YouTube da qualche anno, nonostante il medio-basso (in proporzione) numero di visualizzazioni – risale, nello specifico, al 2012. Il nome della montagna, purtroppo, resta misterioso.
Ci sono almeno un paio di punti d’interesse. Prima di tutto, la durata, visto che, come riportato nella descrizione: “Si tratta di uno dei percorsi più lunghi e belli al mondo” Duemilatrecentocinquanta metri di discesa… Molti dei quali, eccezionalmente, passano fra erti passaggi rocciosi, larghi circa quanto il piccolo parapendio. Lui cita a buon merito, nel titolo, il canalone finale di Star Wars. E poi, da profano, trovo sorprendente una cosa, su tutte: il paio di avvitamenti effettuati, o per usare un termine di memoria starfoxiana, i rischiosi barrell roll. Fatti, a quanto sembrerebbe, ad appena un paio di metri d’altitudine dal suolo. Con un paracadute che ti sporge sulla testa!
Fare speed flying è uno dei modi più veloci, spettacolari per discendere da un monte. La principale differenza tecnica, con il parapendio convenzionale, è la grandezza della vela. Quest’ultima, invenzione super-maneggevole di tempi più recenti, misura circa 6-18 metri quadri, contro i 20-35 della sua tradizionale controparte. Pesa pochi chilogrammi. È stata inoltre concepita, in ogni sua parte, per favorire una tendenza discendente più marcata, senza distaccarsi eccessivamente dal terreno. Risente quindi molto meno dell’effetto di pericolosi venti trasversali. La disciplina ha infatti questo punto forte, di non dipendere eccessivamente dalle condizioni meteo. Chi sceglie di sciare/volando, quasi mai, dovrà ridursi ad aspettare (parawaiting). Per sua invidiabile prerogativa, trovato il coraggio, andrà.
Di sicuro ce ne vuole molto: si calcola che dal 2006, praticando questo sport, siano morte almeno 26 persone. Il problema è che sciare, teoricamente, sembra facile, persino in tali condizioni. Ma qui ci vogliono ben altre competenze. A titolo di esempio cautelativo, ecco un altro video di Descols, considerato parimenti estremo:
Non serve dire altro – siamo di fronte a un veterano della tuta alare. Anche quando vola con la neve sotto i piedi. Tutto è facile, a vedersi. Ma sopravvalutarsi può essere fatale.
Lo sport dello speed flying, pur essendo popolare su scala globale, è poco praticato negli Stati Uniti, soprattutto per la mancanza di condizioni adatte, con l’eccezione di alcune località californiane e di discese nascoste tra i monti dello Utah. Negli anni della sua nascita formale, in particolare, non era insolito che gruppi di base jumpers d’Oltreoceano viaggiassero fino in Svizzera, Francia oppure sulle Ande sudamericane, per essere tra i primi pionieri praticanti dell’idea. Simili spostamenti, comunque, andavano in entrambi i sensi e verso tutte le destinazioni immaginabili. Storica fu la discesa del monte Aconcagua, risalente al 2009, effettuata da Francois Bon, atleta francese. Ci mise, a quanto pare, 11 giorni per raggiungere la vetta. E cinquanta secondi per tornare a valle. Un’altra mecca sciistica di volo si trova in Himalaya, tra le alti nubi dell’antico Nepal, sito elettivo delle imprese del neozelandese Mal Haskins.
L’eterno corollario di Icaro di Creta, dalle ali come neve al sole, dimostra che volare ci riesce affascinante, nonché stranamente naturale. Però più ci allontaniamo dal terreno, sfruttando l’efficienza dei velivoli a motore, meno risulta memorabile il momento. Occorre, talvolta, conservare il giusto senso di velocità. Assieme al gusto della sfida.