Avete mai assaggiato il gusto asprigno del rhabarberkuchen? Quando mangi un piatto di paesi stranieri non è sempre facile capire gli ingredienti. Città in cui vai, sapori che trovi. Il cherpumple ad esempio, follia culinaria tipica dei ristoranti della Costa Ovest degli Stati Uniti, è un dessert natalizio multistrato che ricorda, per certi versi, il gioco delle scatole cinesi. Al suo interno, come tributo al maestoso tacchino-cum-anatra/pollo del Ringraziamento (l’altrettanto celebre turducken) il cuoco non mette un sola cosa, nossignore, ma ben tre: dolce di ciliege, torta alla zucca e l’immancabile apple pie. Quale fantastica dimostrazione d’efficienza! Piuttosto che farti mangiare un pasto diviso in serie di portate, perdendoci le ore, hanno trovato il modo di ridurre al minimo il rapporto fra tempo e calorie. Il processo della nutrizione, in fin dei conti, non è altro che un preciso meccanismo. Seduti a certi tavoli, sospinti dai limiti temporali della pausa pranzo, diventiamo spesso come metaforici orologi, degli androidi in sosta presso appetitose pompe di benzina. Ed è infatti la prima regola non scritta dell’ingegneria, questa qui, che i risultati siano perseguibili in due modi: per esteso, ovvero separando in serie le difficoltà (primo, secondo, dolce…). Oppure fagocitandosi un cherpumple, fino ad intercorsa sazietà. Ti vorrei vedere, a chiedere la pizza, dopo una cosa come quella!
La stessa situazione, tanto per non allontanarci dalle regioni della bocca, si ritrova nell’umano idioma della comunicazione. Ci sono parole che ne contengono dozzine. Tutti conoscono, del resto, il mito dell’ingegneria tedesca.
Ci sono lingue musicali ed isolanti, che veicolano i concetti per il tramite di simboli splendenti. Il cinese, ad esempio, con la sua inarrivabile corrispondenza fra suono, segno grafico e fonema. C’è qualche via di mezzo, della tipologia glottologica flessiva, con apposizione circostanziale di pratici prefissi e desinenze (vedi, tanto per dire, l’italiano). E poi c’è il vortice dell’agglutinazione. In quel regno, non importa quanto sia difficile descrivere un oggetto, puoi farlo in una singola parola. Chi usa il tasto dello spazio, intendiamoci, è perduto.
Questo nostro modo in cui parliamo, lo hanno dimostrato ricchi studi sociologici, influenza in qualche misura misteriosa i relativi processi della mente. Lingua regolare, mente razionale, dunque? C’era una volta, per l’appunto, questa ragazza di nome Barbara, che sapeva preparare una deliziosa torta di rabarbaro. Per questo tutti la chiamavano “Barbara del Rabarbaro”. Ebbene, siccome aveva uno spiccato senso degli affari, un giorno lei decise di aprire un bar, che subito venne chiamato: il bar di Barbara del…baro In questo luogo, tra i clienti abituali, c’erano tre barbari (con tanto di cappello con le corna). Con il tempo, costoro divennero noti come i tre barbari del bar di…bar…baro! Avevano una lunga barba, con un relativo barbiere al seguito, anche lui faccia nota di quel luogo di ristoro. Non devo neanche dire il soprannome di quest’ultimo (era il barbiere della barba dei bar…bar…baro!) Dunque nel bar, un bel giorno, venne assunta una graziosa cameriera. Va da se che il suo nome fosse Bärbel! Lei, con grazia sopraffina, serviva spesso della birra a quel barbiere. Devo dirvi il risultato? Prendo fiato. L’ultima strofa (parola) della filastrocca, preparatevi, fa così:
Rhabarberbarbarabarbarbarenbartbarbierbier! Ghiacciata, per favore.
Immagino che la torta di rabarbaro stia bene con la birra. Di sicuro, ecco, non sarà dolcissima, però vista l’inclusione di un simile verdura, neanche digestivamente impegnativa. Un coronamento piacevole, gustoso, per un pasto sano quanto propedeutico al rimettersi a lavoro. E del resto chissà che avrebbero detto i trentatré trentini, che andavano i fila fino a Trento, tutti e trentatré trottellarando, trovandosi di fronte alla:
Donaudampfschiffahrtselektrizitätenhauptbetriebswerkbauunterbeamtengesellschaft (l’associazione degli ufficiali subalterni della direzione dei servizi elettrici della compagnia a vapore del Danubio). Meno male che con loro c’era l’arcivescovo di Costantinopoli…