La leggenda del cubo viaggiatore

Cubli

Naturalmente privi del vincolo della necessità, i robot sono liberi di assumere le forme più impensate. Grandi come montagne, striscianti come lombrichi, alati e con gambe di cavallo, pieni di lampadine colorate, oppure invisibili alla vista, percorrono le cronache dell’oggi e del domani. Hanno una caratteristica, su tutte: la riproduzione attraverso generazioni discordanti. Da cane nasce cane, per lo più, generalmente dello stesso tipo (razza) – ma da cosa, ebbene, può nascere ogni cosa; così arriva, rovesciandosi, questo cubo deambulante, prodotto nel politecnico federale di Zurigo. Che ha un solo padre, ma molte madri. Si fa per dire. Il principale creatore umano è Gajamohan Mohanarajah, studente in attesa di PhD, largamente consigliato e supervisionato dal suo relatore Raffaello d’Andrea, professore di Sistemi Dinamici e Controllo, nonché co-fondatore della Kiva Systems, un’azienda di cui abbiamo parlato precedentemente, proprio in questi lidi. Ma il vero genitore di un automa sarebbe l’artefice diretto, piuttosto che il predecessore concettuale, il papà-drone, la mamma-droide?  E soprattutto, chi mai potrebbe partorire un cubo? Giusto la terra stessa, con i suoi cristalli di pirite…
L’impossibile creatura del video soprastante, denominata Cubli – contrattura bi-lingue tra l’inglesismo cube e una desinenza diminutiva usata nel Cantone svizzero tedesco – costituisce una ragionevole approssimazione del secondo solido platonico, con 15 cm al vertice, di lato e in diagonale. Ad un secondo sguardo ci si accorge, tuttavia, che al suo interno c’è di tutto. Processori, batterie, motorini elettrici ed accelerometri, per fargli sapere sempre in che posizione è stato messo. E soprattutto, come gran finale, un coreografico trio di volani, della tipologia specifica chiamata reaction wheelQuesti ultimi, roteando vorticosamente, accumulano l’energia cinetica di un moto potenziale, poi si bloccano d’un tratto. Ed è allora, che il cubo si alza in piedi.

L’analogia più classica, per un caso sorprendente come questo, è quella della monetina che ricade giù di taglio. Per chi dovesse veramente fare testa o croce, ecco, è un’ipotesi remota. Eppure avviene spesso, nella fantasia del cinema e della letteratura. Rappresenta, qualche volta, il superamento della determinazione casuale, il sovvertimento della logica e del fato. Molte altre, tale scena presagisce ad una gag, per scherzare su di un esito imprevisto. Però neanche i Monthy Python, con il loro celebrato piglio surrealista, avrebbero pensato a questa immagine: di un dado che ricade sopra un vertice, restando miracolosamente immobile. Non c’era ancora, semplicemente, la tecnologia per farlo.
Le reaction wheel, in campo aerospaziale, trovano collocazione nello scafo dei satelliti geo-stazionari o delle sonde esplorative. Per un oggetto lanciato a gran velocità, che deve mantenersi stabile senza ricadere verso l’atmosfera di un pianeta, qualunque manovra può costituire un rischio. Così è stato pensato d’impiegare sistemi senza margini d’errore. Il volano è un meccanismo semplice, che però funziona senza intoppi (il più delle volte). C’è stato il caso tristemente noto, della navicella sonda giapponese Hayabusa, lanciata nel 2005, che soltanto a malapena riuscì a raccogliere un campione dell’asteroide siderale Itokawa. Fra le varie difficoltà incontrate, si annovera il guasto del sistema da impiegare per le rotazioni a quattro assi, con il blocco di ben due volani. Fortunatamente, si riuscì a compensare con l’impiego dei relativi razzi. Il robot Cubli, rispetto a simili invenzioni, ha una portata decisamente differente. Diciamolo: nessuno può conoscerne l’utilità.
Ricorda, comunque, una creatura del gioco di ruolo D&D, il mostro cubico di gelatina. Tanto poco probabile nel mondo materiale, quanto perfettamente adatto per il suo ambiente fantasioso. Era infatti un essere, di tre metri per tre metri, che infestava dei pericolosi corridoi cartacei di quell’esatta altezza ed ampiezza, ricolmi di tesori. C’era molto da perdere, in incontri come questi. E molto da guadagnare (in punti d’esperienza).
Gli esseri viventi raramente producono dei cubi. Tranne il vombato australiano, i cui escrementi, dalla magnifica pianta quadrata, vengono impiegati per marcare il territorio. Noi umani, costruttori di creature artificiali, non potevamo essere da meno.

Via: Robohub

Cubli 4
Il mondo dei videogiochi ci offre un valido spunto d’approfondimento. In EDGE, l’action-puzzler di Mobigames, viene dimostrata la difficile esistenza di un cubo perso dentro a un labirinto..
Cubli 2
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