Carburanti fossili che avvampano senza un attimo di posa, trasformando i liquidi in vapore. Ecco il fuoco, strumento di creazione (o distruzione). Dal suo calore, l’energia meccanica, spinta con forza dentro alle dinamo di una mastodontica centrale. Tutto questo per produrre suoni musicali, ripescati dal passato! L’uragano delle scienze tecnologiche, al servizio di una o molte melodie. E giù miglia, miglia di cavi dal diametro importante, con l’anima in leghe innaturali, o minerali scavati dal profondo della Terra, direttamente collegati con la comune presa elettrica in un angolo della tua stanza. Accanto a quella, una quantità variabile di altoparlanti. 2, 2+1, 5+1… Mossi dal carbone, dal petrolio, dall’uranio, che lì diventano, a distanza, strumenti d’intrattenimento. Favorendo soavemente l’ondeggiare di una minuscola bobina, piazzata sotto ad un piccolo magnete, dentro al cono affusolato intrappolato in ogni cassa dello stereo. Tutto, perché tu possa udire questo suono: TU-TUNZ-TU-TU-TUNZ-TUNZ-TUNZ […] Se ti riesce, in mezzo a tante distrazioni; perché in effetti, persona incline all’astrazione, cosa stai sentendo? Le macchine di scavo dei cantieri minerari, lo scroscio del bacino idroelettrico in funzione, la ventola del computer che, sfacchinando, decodifica l’MP3? C’è un suono nel silenzio. Il rumore di fondo, sia astratto che effettivo. L’udito è un senso difficile a isolarsi, che segue con arguzia il tuo pensiero, l’immaginazione. Il contesto insostanziale di quella dimensione, per sua natura, non è soltanto frutto d’allucinazioni Si ritrova, ad esempio, nel battere ritmico della pioggia sopra i vetri, che tanto spesso diventa l’epicentro dell’introspezione. O nel respiro cittadino, fatto d’automobili o vociare in lontananza, diverso sulla base dei luoghi e dei momenti: l’ausilio all’operosità, per imprescindibile eccellenza. Secondo l’artista svizzero Zimoun, almeno a giudicare dalle sue molteplici creazioni, la natura del rumore artificiale cambia, si muove, in funzione dell’impianto usato per l’ascolto. Specie se si tratta di una cuffia, da poggiare sopra il cranio, che batte ricordando l’insistenza della TAC.
Nella sua ultima proposta, dimostrata su Vimeo e risegnalata sul blog artistico del portale FastCompany, due scatolette di cartone diventano la cassa armonica di una singolare attrezzatura, formata da batuffoli motorizzati su di un filo semi-rigido di ferro. I quali, colpendo la superficie senza alcuna regolarità, producono un’arcana sinfonia. Nessuno, prima d’ora, l’aveva mai sentita, né la sentirà di nuovo. Almeno, senza l’uso di un registratore.
Zimoun, artista autodidatta della città di Berna, nato nel 1977, non lavora sempre in solitario. Affiancato dal suo omonimo collettivo di assistenti, assembla in prestigiose mostre d’arte le sue vaste installazioni, fondate sui valori del minimalismo funzionale. Tali creazioni, operative nei campi sia visuale che sonoro, prendono forme originali. Serbatoi di liquido ad uso medico sgocciolano dal soffitto di una stanza, sopra stolide lastre di metallo. Vermi amplificati con microfono, che rumorosamente mangiano del prelibato legno posto sopra un tavolo. Un’alta cassettiera, tutta da scoprire, svetta con dentro i suoni della strada, registrati nelle grandi metropoli del mondo. E poi, c’è il cartone.
Sua piattaforma creativa d’elezione, usata per cinguettanti pavimenti, ruggenti soffitti o labirinti delle percussioni… Tutti con un tema ricorrente: la nostra percezione del mondo uditivo, caratterizzato dalle macchine, viene falsata dall’abitudine. Il modo in cui filtriamo, per necessità, i molti rumori meccanici di ciò che ci circonda è una costante della vita contemporanea. Che può essere superata, per lo meno in simili contesti, grazie alla curiosità. Operazione che riesce, molto spesso, grazie all’evidenza del movimento cinetico pensato dall’autore. Tutto è visibile, in questi macchinari, gradevolmente organico nella sua estetica immediata. Così ritorna finalmente in primo piano, con forza trascinante, la corrispondenza tra il gesto e il suono, quotidianamente cancellata grazie all’elettronica. E pensare che le occasioni non mancherebbero.
Disapproviamo certi rumori, come quelli dell’autobus, del treno e dell’areo, perché sono disarmonici. Un motore, creato per assolvere ad un compito preciso, non si cura della metrica e del ritmo. Suona gli strumenti di una diversa musica, ben più avversa all’interpretazione umana. Anche togliendosi delle comuni cuffie, smettendo di parlare con i compagni di viaggio per un tempo lungo, lo schema è difficile da interpretare. Resta un senso di fondamentale incompletezza, che inutilmente tende ad un significato recondito e ulteriore. Troppo forte è l’abitudine! Ascoltando strumenti come questi, quel disordine cognitivo trova un suo senso volatile, però ricco di pesanti sottintesi.
Le cuffie di Zimoun non riproducono, né amplificano alcunché. Tranne l’umana voglia di distrarsi, pensando.