Sorgente e Motore

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Nell’industria dei videogames è fortemente diffusa la tendenza a ricercare standard produttivi che possano raggiungere il successo commerciale senza passare necessariamente per la creatività. Lavorando con un mezzo espressivo derivante dalle applicazioni non convenzionali di un mezzo da lavoro, il computer,  non è raro che i game designer giungano all’opera compiuta basandosi più sulla tecnologia innovativa che su di una visione di artista o un reale desiderio di far conoscere le loro idee.

Oggi siamo arrivati ad avere una divisione in generi generalmente ben delineata, non più tanto condizionata dal ruolo del giocatore o delle caratteristiche delle situazioni rappresentate nel gioco, quanto basata sulla primaria risorsa software del motore grafico. Negli action game ad esempio, tradizionalmente ripartiti tra le due sotto-classi di platform game e sparatutto, abbiamo oggi FPS, 3rd person action adventures o free-roamers-GTA like. Siamo così passati da una nomenclatura con classificazione descrittiva del processo di gioco (salta e corri, spara ed abbatti i nemici) ad una tecnocentrica: abbiamo un motore grafico orientato, nell’ordine alla gestione dell’intelligenza artificiale ed ai dettagli degli ambienti ; oppure alla varietà di situazioni ed all’adattabilità del protagonista ; o ancora agli elementi di contorno e ad alla libertà di movimento. Ci sono così compagnie di sviluppatori, come la Epic con l’Unreal Engine o i Criterion con il Renderware, che hanno conseguito la loro fortuna creando e vendendo licenze del codice sorgente di un solo engine grafico. O altre ancora, come la Valve con il Source, che ne hanno identificato la natura con la loro intera produzione, piattaforma di distribuzione ed originale concezione dei videogames.

Il vantaggio di un engine potente è significativo per il giocatore: molti dei giochi più divertenti e vari sono incentrati sulla resa di un mondo complesso e credibile, definito da particolari leggi fisiche e logiche. Il giocatore ha quindi modo di trovare da solo il suo ruolo o mezzo di fruizione dell’esperienza. Giochi come Crysis Warhead, che pure vantano uno scripting che nulla avrebbe da invidiare ai più acclamati “movie-games” alla Call of Duty, sono così importanti per l’industria proprio per l’approccio all’interattività degli ambienti. Un conto è programmare la grafica ed il sonoro di decine di armi, ma ben altro e renderne perfettamente l’effetto su ciascun albero, muro, animale ed oggetto di un’intera isola tropicale. Sarebbe facile considerare un simile processo come mera interpretazione simulativa, o dimostrazione di competenza tecnica, ma più appropriato sarebbe equipararlo alla complessa rete di interazioni tra power up, contatti direzionali e fisica inerziale alla base del genio di Super Mario.

L’importanza della tecnologia è ormai fortemente percepita dal pubblico dei videogiocatori, al punto che le compagnie ne fanno oggetto di marketing o argomento delle loro campagne pubblicitarie. Il fortemente atteso e relativamente deludente Star Wars: Force Unleashed, degli ormai stanchi Lucas Arts (..how the mighty have fallen!) è stato messo in vendita lo scorso settembre in una scatola che vantava in modo altisonante la presenza contemporanea dell’Havok per la fisica, dell’Euphoria Engine per l’I.A. dei nemici e dell’Infinty Molecular Matter – l’ingrediente segreto, per così dire. La nuova generazione di giochi dei Rockstar Games utilizza invece un software di nome R.A.G.E. per la gestione di grafica e fisica, dimostrando una ricercatezza di acronimi forse pari o superiore a quella dei geni della Monolith (ehm..) Anche il Twilight Engine del complessivamente sottovalutato Alone in the Dark (2009, Eden Games, Atari) con la sua interessante gestione del fuoco e degli oggetti zombie-contundenti avrebbe potuto costituire un elemento di notevole interesse all’interno di un gioco altrimenti trascurabile e banale. Abbiamo poi prodotti come Assassin’s Creed o Crackdown, che pur essendo praticamente privi di varietà, fantasia o sforzo registico riescono a colpire per la capacità di sviluppare ambienti credibili, affascinanti ed interattivi. Ancora, in creazioni orientate principalmente al multiplayer come la serie di Battlefield o l’ottimo Quake Wars la gestione competente e razionale di armi, veicoli e logica è in assoluto l’elemento più importante del gioco. 

Pur volendo considerare i videogames come forma artistica che trascenda il tecnologico, non se ne possono a mio parere trascurare le qualità della grafica, della fisica e dell’intelligenza artificiale. Basarsi unicamente sulla forza dell’idea, o sull’innovazione del concept e la creatività è quanto ci ha portato ad alcune delle implicazioni più sinistre dell’industria, oggi dominata da una compagnia che potrebbe presto ritornare alla sua antica posizione di egemonia monopolistica e quasi dittatoriale,  un tempo meritata in funzione dell’incredibile competenza dei suoi team di sviluppo. E’ del resto comunque più auspicabile la ricercatezza della tecnica in quanto tale, piuttosto che quella di nuovi metodi per guadagnare il più possibile da un singolo prodotto a spese del consumatore:

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… ma forse questi sono estremi a cui si arriva quando il principale competitors di giochi tanto sofisticati da avere il costo di una grande produzione cinematografica vende miliardi di copie di Brain Training, e centinaia di milioni di Wii Fit.

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